2023-07-31
Con gli sbarchi senza sosta ritornano pure le tendopoli
I numeri record sugli arrivi di immigrati mettono sotto stress le strutture dell’accoglienza. Accampamenti più o meno legali, alloggi di fortuna, bidonville a cielo aperto rifanno la loro comparsa nelle nostre città. Con tutti i problemi di igiene, sicurezza, degrado che questo tipo di situazioni da sempre comportano.Dal Nord al Sud, i Comuni protestano contro un fenomeno diventato ingestibile: «Abbiamo già dato, adesso basta».Lo speciale contiene due articoli.L’accoglienza in Italia? In tenda. Qui sotto, tra funi e tiranti che le tengono in piedi, si tende e si consuma l’accoglienza italiana. Che tira da una parte, tira dall’altra, si sfibra, di dilata, si tira a tal punto che qui sotto tutti non ci stanno, non ce la fanno, e la tensione è talmente forte che la tensostruttura scoppia, creando la rivolta. È sempre stato così. Tendopoli, maxi centri, vecchie caserme. Per anni, le cooperative dalle uova d’oro ne hanno fatto la loro fonte di guadagno. E ora con l’emergenza migranti, le tende tornano sulla scena. Dati alla mano, dal 1° gennaio al 7 giugno 2023 i migranti sbarcati sulle nostre coste sono stati 52.328, più del doppio rispetto ai 21.182 nello stesso periodo dell’anno scorso e, pensate, più del triplo dei 15.065 sbarcati nello stesso periodo del 2021. Si conta che da inizio anno, dato aggiornato al 21 luglio scorso, i migranti approdati sullo stivale siano 83.439. A fronte di questi numeri, i rimpatri sono veramente pochi, fanno perfino ridere. In nove anni, tra il 2013 e il 2022, sono stati 44.000 - fonte Eurostat - fondazione Moressa - per altri 186.000 l’ordine di espulsione non è stato eseguito. Per non parlare di quelli che giungono, in una lenta e continua marcia emorragica, dalla rotta balcanica. Centinaia ogni giorno, si infilano sui sentieri impervi tra la Bosnia e la Croazia, tra la Croazia e la Slovenia, tra la Slovenia e l’Italia, attendendo la notte per travalicare le alture, e appena giungono lì sopra al castello di San Servolo, che domina dalla Slovenia la periferia di Trieste, scendono a valle e, voilà, mettono piede in Italia.Con l’aumento degli sbarchi però è necessaria una distribuzione dei migranti in tutta Italia. Ed è così che in alcune zone sono riapparse le tende, anzi, in altre non se ne sono mai andate.Partiamo dal Veneto, qui nelle prossime settimane sono attesi oltre 4.000 «profughi». A Verona, zona Torricelle, nell’ex palazzina Nato, struttura adibita a ospitare i migranti, venti giorni fa sono apparse tre tende, dove hanno dormito 18 persone. Il perché è molto semplice: i posti nella struttura sono esauriti. La situazione è precipitata quando l’11 luglio scorso, mentre il presidente del Veneto Luca Zaia presentava il nuovo protocollo regionale di «accoglienza diffusa», 20 migranti a Vicenza venivano abbandonati sulle panchine di sei comuni. Anche qui scene che rievocano drammi del passato quando nel 2017 ci fu la lunga marcia dei migranti dell’ex base militare di Conetta, nel veneziano, con i richiedenti asilo accampati davanti il comune di Piove di Sacco nel padovano. A Vicenza nella maniera più dura si voleva comunicare che il sistema è saltato. In alta Val di Susa, l’altra notte di migranti ne hanno soccorsi 180. Alcuni li hanno avvoltolati nei sacchi a pelo, altri li hanno messi dentro una mensa, altri ancora in moduli esterni. Non ci stanno più, «il sistema è al limite», dicono i volontari. «È una questione di numeri: non riusciamo a far fronte all'emergenza», dice il sindaco di Oulx, Andrea Terzolo, secondo quanto riportato due giorni fa dalla Stampa. «Serve supporto logistico. I gestori del rifugio sono in oggettiva difficoltà e non si può lasciare le associazioni in prima linea». Da inizio anno nei centri accoglienza di Torino e provincia ne sono arrivati oltre 4.000, circa 9.000 in Piemonte.Anche in Toscana le tende non si vedevano da anni, e quindici giorni fa a Pelago (Firenze), tra i vigneti e gli ulivi ne sono riapparse due del ministero dell’Interno. A Oderzo in provincia di Treviso le tensostrutture che dovevano essere smantellate nel 2018, non se ne sono mai andate. Per non parlare di quelle fai da te, degli accampamenti raffazzonati e imbastiti alla «va là che va bene», dai migranti. A Roma ad aprile scorso, passando dal parco di Centocelle fino a Tiburtina, spuntavano vari insediamenti, ora alcuni sgomberati, come quello in viale Pretoriano. Siccome i centri traboccano di ospiti, molti anziché stare in quindici in una stanza, preferiscono la strada. O come in Friuli, a novembre scorso, c’erano 50 migranti che dormivano in tenda a Gradisca. Chi non ci stava dormiva fuori. A Turi in Puglia, l’estate scorsa accanto al campo di accoglienza stracolmo, spuntarono alcune tende per i migranti, che raccoglievano le ciliegie.Ma le tendopoli, anche quelle legalizzate, disegnano scenari incivili e primitivi. File di migranti disperati in coda sotto il sole per un pasto, letti accatastati uno in cima all’altro, con tegole e tavole di compensato usate come materasso; bagni lerci, sudici, docce impraticabili.A Conetta, dal 2015 al 2018, si consumò lo scempio dell’accoglienza italiana. Le tensostrutture, che anche secondo il dizionario, dovrebbero essere temporanee, qui ci rimasero per tre lunghi anni. Con picchi di 1.600 persone. Migranti accatastati sopra i letti, gente in rivolta, tensioni, maxi risse. Perché le tendopoli sono questa roba qua. Le tendopoli sono quella roba da cui non vedi l’ora di scappare. Ci entri dentro e l’odore acre ti rimane appiccicato addosso per settimane. Ti sale lungo il naso, ti scende nell’esofago, ti trivella lo stomaco. Se ne rimane lì appiccicato addosso mentre la tua testa macina pensieri sull’etica e i diritti umani, mentre quel punto interrogativo sale nella mente e si chiede se questa sia la via giusta dell’accoglienza.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/immigrati-italia-comuni-2662645403.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="sindaci-allo-stremo-non-sappiamo-piu-dove-piazzarli" data-post-id="2662645403" data-published-at="1690807069" data-use-pagination="False"> Sindaci allo stremo «Non sappiamo più dove piazzarli» L’accoglienza diffusa comincia a scricchiolare. Quella nei centri anche. Anche perché da anni ormai in Italia va in scena l’accoglienza dalle porte girevoli. I migranti arrivano, entrano, qualcun altro nel frattempo esce, quello che è appena entrato può darsi lo rimandino indietro ma troverà il modo di rientrare lo stesso, e dopo qualche anno esce e non ci si ricorda nemmeno di quando sia entrato. A volte non si sa nemmeno chi sia. È così. Questa finta accoglienza è diventata una macchina per tritare l’acqua. Chi ottiene il permesso di soggiorno è libero di andare in giro ma non avendo uno straccio di lavoro e un tetto sopra la testa forse andrà a tessere le fila della criminalità nelle stazioni. E chi dovrebbe essere espulso rimane in Italia tanto il nostro è il Paese dove chiunque può entrare, rimanerci quanto gli pare e chiunque può uscire e rientrare di nuovo. I continui sbarchi allarmano i sindaci di tutta Italia, lasciati soli nell’emergenza. A Parma, 31 sindaci della provincia su 44 hanno scritto una lettera al prefetto per individuare una diversa modalità di gestione dei minori stranieri non accompagnati che causano problemi richiedendo l’intervento di forze dell’ordine ed educatori. E dalla Sicilia al Veneto è un grido di aiuto. «Siamo in difficoltà, rischiamo di stipare le persone come bestie». Sicilia e Calabria scontano il peso dei massimi arrivi. E il fronte dei sindaci si è animato particolarmente in Toscana. «Non ci siamo mai tirati indietro», scrivono i rappresentanti dell’Unione dei Comuni empolesi Valdelsa, «ma se il governo vuole che il nostro territorio accolga altre persone, deve stanziare le risorse per farlo in modo dignitoso, altrimenti ci ritroveremo ad avere centri sovraffollati e a stipare le persone come bestie». In Veneto nelle prossime settimane sono previsti 4.000 arrivi, questo ha provocato non pochi malumori e fatto innescare qualche cortocircuito. Il sindaco di Treviso Mario Conte ha sottoscritto, con il presidente della Regione Luca Zaia e il prefetto di Venezia Michele Di Bari un protocollo d’intesa che prevede di applicare in Veneto l’accoglienza diffusa. Alberto Stefani, però, il segretario regionale Lega, nonché sindaco di Borgoricco (Padova) ha fatto sapere che «i sindaci della Lega del Veneto non si faranno carico dell’ospitalità di nessuno», scrive riferendosi ai migranti abbandonati nel vicentino, «scaricare richiedenti asilo come pacchi postali davanti ai municipi è un atto ostile che non fa parte della leale collaborazione che si deve instaurare tra prefetture e comuni». Il sindaco di Treviso, Conte, contattato da noi al telefono dice. «Sono favorevole a politiche che mettano la parola fine a questi flussi. Non ci sta più nessuno. Noi l’accoglienza diffusa la stiamo già facendo, e Treviso ha già dato abbondantemente». In effetti, alla ex caserma Serena sono 450 e attraverso il progetto Sai sono 49. Idem Oderzo. Nella ex caserma Zanusso sono 260, ma non ci sta più nessuno. «Siamo al massimo», dice alla Verità il sindaco Maria Scardellato, «il prefetto mi ha assicurato che non saranno più di 260 lì dentro. Anche perché quella caserma non è mai stata ristrutturata». Infatti come vi raccontiamo in queste pagine, i migranti qui sono ospitati dentro tre tensostrutture. «Nel momento in cui sono lì dentro», spiega il sindaco, «non è un problema, però pareva che si dovesse andare verso la chiusura del centro e invece siamo ancora qui. Il problema, come ho sempre detto, è che quando escono da qua finiscono nelle stazioni delle grandi città, occupano case abusivamente; i privati non gliele affittano e non è razzismo, perché quando ne arrivavano pochi e avevano un lavoro, a nessuno fregava di che colore fossero. Ora c’è paura, arrivano senza documenti, non sai chi sono, come si chiamano». E per l’accoglienza diffusa? «Non se ne parla proprio. Non penso possano chiederci ancora qualcosa. Oderzo ha già dato. L’accoglienza privata invece l’hanno provata in tutte le salse ma non funziona, è difficile chiedere a uno di ospitare qualcuno se non sa chi sia. Avevano provato ma non c’è stato verso. Più si lascia libero l’ingresso più non funziona. Se il governo fosse riuscito a contenere gli sbarchi allora forse se ne poteva parlare, ma nel modo in cui arrivano oggi no. Se è vero che c’è bisogno di manodopera allora che i datori di lavoro diano loro l’alloggio». In tutto questo il Pd non perde tempo per stare zitto. E dice che se torneranno le tende sarà colpa di Lega e Fratelli d’Italia.