2022-05-22
Il vescovo scomunica Nancy Pelosi. «È pro aborto, niente comunione»
Lo speaker della Camera non riceverà più l’eucarestia nella diocesi di San Francisco.Torna a salire la tensione tra la Chiesa cattolica e il Partito democratico americano. Venerdì, l’arcivescovo di San Francisco, Salvatore Cordileone, ha escluso la speaker della Camera, Nancy Pelosi, dalla possibilità di ricevere l’eucarestia, a causa delle sue posizioni sull’aborto. «Le ho comunicato le mie preoccupazioni tramite lettera del 7 aprile 2022 e lì l’ho informata che, qualora non avesse ripudiato pubblicamente la sua difesa dei “diritti” dell’aborto o non si fosse astenuta dal fare riferimento alla sua fede cattolica in pubblico e ricevere la Santa comunione, non avrei avuto altra scelta che dichiarare, a norma del canone 915, che lei non è ammessa alla santa comunione», ha scritto il prelato in una missiva alla speaker. Ricordiamo che la cattolica Pelosi, violando di fatto il principio di separazione dei poteri, ha di recente duramente criticato la Corte suprema americana che, secondo quanto rivelato da Politico, sta probabilmente per annullare Roe vs Wade: la sentenza che, nel 1973, rese l’interruzione di gravidanza protetta dalla Costituzione. Tuttavia, già da prima di questa rivelazione, la speaker aveva portato avanti un’agenda legislativa pro aborto, suscitando i malumori della Conferenza episcopale statunitense. Era marzo scorso quando, durante un evento pubblico, disse: «Questo argomento [l’aborto] mi fa davvero male nel caso non l’aveste notato, perché ancora una volta sono molto cattolica, devota, praticante, tutto questo. Vorrebbero buttarmi fuori. Ma non andrò, perché non voglio farli contenti». La questione ha delle implicazioni tecniche. Il canone 915 del diritto canonico, citato da Cordileone, recita: «Non siano ammessi alla sacra comunione gli scomunicati e gli interdetti, dopo l’irrogazione o la dichiarazione della pena e gli altri che ostinatamente perseverano in peccato grave manifesto». Un altro documento di riferimento è il memorandum, scritto nel 2004, dall’allora prefetto dell’ex Sant’Uffizio, Joseph Ratzinger. «Riguardo al peccato grave dell’aborto o dell’eutanasia, quando la formale cooperazione di una persona diventa manifesta (da intendersi, nel caso di un politico cattolico, il suo far sistematica campagna e il votare per leggi permissive sull’aborto e l’eutanasia), il suo pastore dovrebbe incontrarlo, istruirlo sull’insegnamento della Chiesa, informarlo che non si deve presentare per la santa comunione fino a che non avrà posto termine all’oggettiva situazione di peccato, e avvertirlo che altrimenti gli sarà negata l’eucaristia». Sia chiaro: questa non è un’invasione di campo. Un politico ha tutto il diritto di portare avanti delle posizioni pro-choice, se lo ritiene giusto. Però, se è intenzionato a farlo, eviti almeno di enfatizzare pubblicamente la propria fede cattolica. Un problema che riguarda anche il cattolico Joe Biden: la sua amministrazione è una delle più abortiste che la storia americana ricordi, eppure in campagna elettorale costui si faceva filmare con il rosario in mano. E le tensioni tra Casa Bianca e la Conferenza episcopale americana non sono mai mancate. Basterebbe forse un poco di coerenza.
Jose Mourinho (Getty Images)