2022-01-06
Il turismo lancia l’allarme: senza ristori a rischio 200.000 posti di lavoro
(Simone Padovani/Awakening/Getty Images)
Il pass non solo non ha frenato i contagi ma ha dato la mazzata a settori già in crisi. Hotel, locali e discoteche al palo. In arrivo, su spinta della Lega, un decreto Sostegni.Più aiuti dalla manovra appena conclusa, nuovi ristori, meno controlli del green pass e quarantene più «intelligenti». Sono solo alcune delle richieste che molte associazioni di lavoratori interpellate dalla Verità vorrebbero per cercare di uscire dalla crisi della variante Omicron senza le ossa rotte. Senza parlare, poi, del green pass. In molti ci credevano, ma non si è rivelato per nulla utile ad arginare l’ondata di contagi. Del resto, i numeri non lasciano dubbi e il governo sembra aver fatto ben poco per i lavoratori. «Senza una immediata soluzione», spiega Confesercenti, «sono a rischio 200.000 posti di lavoro nel solo comparto turistico».Il turismo, in effetti, è il settore che forse più di tutti non è riuscito a rialzarsi. Il 2021, dice Confindustria Alberghi, si chiude con un tasso di occupazione camere che fa registrare il - 48,6%, con punte nelle città d’arte, che toccano - 58% a Roma e - 56,1% a Firenze e con Venezia e Napoli rispettivamente - 57% e - 43%. Solo nelle ultime tre settimane, dice la presidente di Fiavet, Ivana Jelinic, abbiamo assistito a 8 milioni di cancellazioni.«A questo punto», spiega alla Verità il presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca, «è un tema di sopravvivenza. Le imprese alberghiere che stanno lavorando al 30% della capienza hanno bisogno di sostegni importanti, non di mance. Il tema della cassa integrazione è importante e, al momento, tutto si è concluso il 31 dicembre 2021. C’è un tavolo aperto, spiega il governo, ma gli stipendi di gennaio andranno pagati e in molti non sapranno come fare. C’è poi l’obbligo di pagamento dell’Imu, una tassa che gli albergatori hanno dovuto pagare anche in questo momento e che poteva essere fermata. Così, quei pochi soldi che le aziende alberghiere hanno ricevuto nel 2021 sono serviti per pagare l’Imu. Continuiamo anche a chiedere che certi vaccini vengano riconosciuti. Diversamente, i turisti cinesi e russi da noi non possono soggiornare». Per mettere un freno a tutti questi problemi ieri la Lega ha chiesto nuovi ristori durante la cabina di regia a Palazzo Chigi presieduta dal premier Mario Draghi per fare il punto sulle misure anti-Covid da assumere. «No all’obbligo indiscriminato di vaccino ma tutela di anziani e fragili, indennizzi per i danneggiati dalle vaccinazioni, subito un decreto ristori per chi perde il lavoro», dicono dal partito guidato da Matteo Salvini. E proprio di un decreto per nuovi sostegni alle attività in crisi si è parlato ieri nelal Cabina regia. La misura dovrebbe arrivare tra una decina di giorni, attorno alla metà di gennaio. «C’è una forte preoccupazione», spiega il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, «perché la paura è che il comparto agricolo e quello della ristorazione, dopo un inizio di ripartenza, tornino a soffrire. Visti i contagiati in aumento, il rischio è che non riusciremo a raccogliere tutto ciò che abbiamo seminato. C’è tanta forza lavoro su cui potremmo fare affidamento grazie ai voucher e che ci aiuterebbe a uscire dalla crisi». Oltre al mondo del turismo, sono tanti i settori in crisi che non riescono a vedere la luce in fondo al tunnel. Le discoteche sono sul «lastrico» e per questo «urgono sostegni congrui e immediati» o si rischia «la fine di un intero comparto. Il nuovo stop imposto durante le feste ha mandato in fumo circa 200 milioni di euro e il 25% del fatturato annuo. Se andiamo avanti così i nostri locali sono destinati a fallire», dice Maurizio Pasca, presidente nazionale del Silb-Fipe, associazione italiana imprese di intrattenimento da ballo e di spettacolo aderente a Fipe-Confcommercio. Anche da Confcommercio Professioni, la parte dell’associazione che riunisce i lavoratori autonomi c’è preoccupazione. «Già durante la prima ondata era difficile capire come distribuire i ristori perché i codici Ateco non sempre corrispondevano a tutte le aziende coinvolte», spiega la presidente Anna Maria Fioroni, «oggi noi ci attendevamo qualcosa in più dalla legge di bilancio, invece poco è stato fatto. Avremmo voluto più formazione, più ammortizzatori sociali per i professionisti e una norma per l’equo compenso. Inoltre, avevamo anche riposto speranze nel green pass, il problema è che oggi il certificato verde non è bastato». «Il green pass così come è stato pensato non è servito a nulla», dice alla Verità Emanuele Ferraloro, presidente di Ance Liguria. «Il fatto che chi avesse il certificato poteva girare senza limitazioni ha permesso di diffondere maggiormente il virus nel periodo natalizio e questo è stato un danno per il mondo dei costruttori. Noi abbiamo tanto lavoro a causa del bonus facciate, ma poco personale per via dei contagi». Anche dal mondo della logistica e del trasporto la preoccupazione non manca. «Anche il nostro settore, quello dei trasporti marittimi e della logistica», spiega Stefano Messina, presidente di Assarmatori, associazione del trasporto marittimo, aderente a Conftrasporto, «ha subito e continua a subire le difficoltà generate dal Covid. Dall’inizio della pandemia abbiamo assistito a forti riduzioni di volume di affari: ciò oggi renderebbe opportuno lo sblocco di misure di ristoro, ad esempio, per strutture come le stazioni marittime o i terminal passeggeri». «Per i guidatori di veicoli industriali andrebbero evitate quarantene e controllo del green pass», spiega Maurizio Longo, segretario generale di Trasportounito. «Il 30-40% delle aziende dell’autotrasporto è fermo. Servono ristori e restrizioni più sensate». D’altronde, ricorda Alessandro Laghezza, presidente di Confetra, «stiamo parlando di lavoratori positivi, ma con sintomi in larga parte lievi. Se non corriamo ai ripari subito, non sarà la malattia a ucciderci, ma la burocrazia», conclude.
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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