2019-09-20
Il testimone chiave dell’accusa a Eni viene sconfessato dal suo ex legale
Fabrizio Siggia, avvocato dell'ex manager Vincenzo Armanna fino a giugno, ha scritto una lettera finita agli atti: «Non è vero che gli ho detto di non deporre. Ho lasciato l'incarico per l'impossibilità di contattarlo».Colpo di scena al processo Opl 245, il giacimento di petrolio in Nigeria dove sarebbe transitata una maxi tangente da 1,3 miliardi di dollari, e in cui è imputato l'attuale amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi insieme con l'ex numero uno Paolo Scaroni. Lo scorso 4 settembre, appena riaperto il tribunale di Milano, l'avvocato Fabrizio Siggia ha consegnato una lettera al presidente del collegio giudicante Marco Tremolada che potrebbe mettere in discussione la testimonianza di Vincenzo Armanna, l'ex manager del Cane a sei zampe, figura chiave per l'accusa di corruzione internazionale. Siggia - che è stato legale di Armanna fino al giugno scorso - ha deciso di precisare quanto accaduto durante le udienze del 22 e 23 luglio scorso e la sua missiva è ora agli atti del processo. Prima della pausa agostana, infatti, Armanna aveva deciso di ritrattare una sua precedente ritrattazione del 2016 proprio rispetto alle accuse a Descalzi. L'udienza, come ricordano le cronache del Corriere della Sera, fu drammatica, tra urla e proteste. Perché l'ex manager Eni decise di accusare il capo del personale Claudio Granata di avergli chiesto, tramite l'avvocato Piero Amara (querelato dalla società per 30 milioni di euro), di depistare il processo. Si parlò durante quelle udienze del cosiddetto patto della Rinascente, quando Armanna avrebbe ricevuto «spunti» su quale avvocato scegliere, su consiglio proprio dei vertici del nostro colosso petrolifero. La questione è delicata, perché proprio durante quell'udienza, quando si parlò della causa di lavoro come delle cause legali, si parlò di una girandola di avvocati, dallo stesso Siggia a Paolo Sabbatucci fino a Luca Santa Maria (quest'ultimo scelto perché di chiusura totale a Eni). Sempre Armanna spiegò che modificava la sua difesa in base agli incontri con Granata. Anche per questo si è spesso parlato di fasi morbide e più dure da parte del manager che ha detto a processo di essere sempre stato vicino ai vertice dell'Aise, il nostro servizio segreto esterno. Sta di fatto che dopo quella testimonianza proprio Eni ha deciso di non effettuare il controesame. Una mossa che potrebbe essere avvalorata proprio dalla lettera di Siggia, in quanto Armanna potrebbe risultare non credibile. Del resto il Cane a sei zampe ha spesso puntato sulle sue contraddizioni, anche se nel processo abbreviato a carico dei mediatori (condannati) Obi Emeka e Gianluca Di Nardo il gup Giusy Barbara parla di credibilità di Armanna. E nelle 314 pagine il giudice spiega che i vertici di Eni sapevano delle tangenti. In ogni caso, in quelle udienze del 22 e 23 luglio, si parlò anche dell'avvocato Michele Bianco (capo staff processi di Eni) e soprattutto fu citato Siggia che gli avrebbe consigliato di non farsi interrogare. Il legale, nella lettera, risponde punto per punto. E in due pagine racconta di aver appreso che «Armanna, su domanda del pm, avrebbe dichiarato che lo avrei sollecitato a non sottoporsi all'esame e che terze persone gli avrebbero detto che tale scelta sarebbe stato un “suicidio processuale"». Nulla di più falso secondo Siggia. «Sul punto debbo precisare per dovere di verità, pur sempre nel rispetto del mio segreto professionale, che tale circostanza è del tutto destituita di fondamento, avendo io già da metà giugno scorso comunicato che il dottor Armanna, all'epoca assistito da me quale unico difensore, si sarebbe sottoposto all'esame, tanto che io stesso, mi premurai di venirla ad aggiornare di tale volontà, come ricorderà il signor presidente, durante un incontro informale a scopo organizzativo, avvenuto il giorno 11 giugno presso il suo ufficio». Secondo Siggia, quindi, quanto riferito da Armanna a processo non è vero. Perché «proprio in quell'occasione tracciammo un possibile calendario per tale adempimento, con mia preghiera, motivata dai pregressi impegni professionali, di effettuarlo dalla seconda metà di luglio in poi; di riscontro sussiste proprio la sua comunicazione al termine dell'udienza 26 giugno del 2019, con la quale dà atto che all'udienza del 17 luglio successivo avrebbe avuto inizio l'esame del dottor Armanna. Data questa pregressa al cambio della difesa». Siggia ritiene quindi che queste «mie sollecitazioni a non sottoporsi all'esame è, dunque, circostanza falsa e, come tale, diffamatoria; al contrario per i dati riportati sussiste prova contraria che conferma la mia attività difensiva al fine di organizzare ed effettuare l'esame da parte del predetto assistito». L'ex avvocato specifica anche che «sono stato io che liberamente ho rinunciato all'incarico per oggettiva impossibilità di contatto con l'assistito al fine di preparare con attenzione proprio un esame dibattimentale così articolato e complesso». E soprattutto, «di tutto quanto cito ho ovviamente traccia nello scambio di corrispondenza con il mio allora assistito». La prossima settimana è prevista una nuova udienza del processo, dove dovrebbe continuare l'ascolto dei teste di Shell, l'altra società coinvolta. Nell'ultima udienza l'ex manager Ian Craig ha detto che Descalzi fu determinante nella trattativa con il governo nigeriano aggiungendo di non sapere «dove sia finito» e «nelle mani di chi» sia il miliardo e 92 milioni di dollari pagati da Eni e dalla società olandese per ottenere la licenza di Opl 245.
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