Il governo avvia il cantiere per la riforma del fisco con lo slogan: semplificazione e riduzione delle tasse. Eppure l'imposta sui consumi salirà, anche se l'esecutivo era nato proprio per scongiurare tale ipotesi.Domani partirà il cantiere sull'Irpef. Sarà un brainstorming, spiegano le agenzie. In pratica una tempesta di cervelli che si troveranno al Mef, assieme al titolare del dicastero, l'ex eurodeputato e candidato parlamentare del Pd Roberto Gualtieri. Le parole d'ordine sono «calo della pressione fiscale e semplificazione», fanno filtrare i dispacci. «Iniziamo a lavorare con l'obiettivo di rifare completamente Iva e Irpef nel 2021», ha esclamato Luigi Marattin, vice capogruppo di Iv alla Camera. «Abbiamo già parecchie idee», incalza, «questo però significa concentrare lì tutte le risorse reperibili nella legge di bilancio 2021, e non disperderle in tanti interventi di peso specifico basso. Il 2021 può essere l'anno di un nuovo fisco, più semplice e più leggero. Cerchiamo di avere coraggio». Bisognerà vedere la posizione dei 5 stelle, favorevoli a una semplificazione Irpef che avvantaggi il ceto medio con la riduzione da 5 a 3 delle aliquote e una revisione degli scaglioni, ma da sempre contrario a interventi sull'Iva. Nel Pd invece, tra le ipotesi circolate, quella di una riduzione delle prime due aliquote. Sul tavolo anche il cosiddetto modello tedesco per un'aliquota progressiva, che sale all'aumentare del reddito. Sul fronte Iva, i dem hanno deciso di stare coperti e allineati. Per non esporsi e far comprendere agli elettori che le parole d'ordine «calo della pressione fiscale e semplificazione» devono essere scisse. Il calo della pressione è riferito soltanto alla tassa sul reddito delle persone, mentre il concetto di semplificazione va a colpire direttamente l'Iva. L'imposta sui consumi, al contrario sarà «rimodulata» e quindi, nel suo complesso, salirà. Una strategia paradossale, per una maggioranza che è andata a Palazzo Chigi espressamente per evitare l'innalzamento dell'imposta sul valore aggiunto. E usare - a questo punto possiamo ufficializzarlo - tale scusa per evitare di andare al voto contro la Lega di Matteo Salvini. Così dietro il cantiere delle promesse si cela l'obiettivo di tagliare l'Irpef per almeno 10 miliardi di euro, portando il gettito complessivo dagli attuali 187 miliardi a 177. Al tempo stesso, il gettito dell'Iva andrà a salire come minimo di 10 miliardi, facendo salire la cifra complessiva dagli attuali 133 miliardi ad almeno 143. Il condizionale si deve a una serie di variabili, tutte correlate alle scelte che il Mef dovrà prendere da domani fino a metà aprile. La prima scelta riguarda tutte le aliquote Iva che dovranno essere rimodulate. e la seconda sarà invece legata alle 68 voci di imposta agevolata che a oggi pesano sui bilanci dello Stato per una cifra che varia tra i 35 e 40 miliardi. Il cantiere della riforma Irpef potrebbe fermarsi a un primo step che, per le casse pubbliche, varrebbe un saldo zero. Ci sono aliquote Iva al 4%, altre al 10%, e spesso alcuni prodotti merceologici molto simili tra di loro hanno prelievi Iva molto differenti. Il cantiere della riforma Irpef prevederebbe la riorganizzazione di numerose voci, regalando un rialzo complessivo del gettito pari al taglio della tassa sui redditi. A quel punto, però, nel 2021 scatterebbero i 20 miliardi di clausole di salvaguardia, che - senza un intervento fiscale da parte del governo - farebbero alzare di colpo l'aliquota massima dal 22 al 25%. Ecco perché, con la scusa di riordinare l'intero sistema, il Mef potrebbe rivedere anche il meccanismo delle agevolazioni. Tagliando il 20% delle 68 voci Iva «scontate», il governo porterebbe a casa tra i 7 e gli 8 miliardi. Insistendo più a fondo con le forbici, il gettito aumenterebbe, e con esso l'Iva. Il progetto è sostenuto da figure come Vieri Ceriani, storico consulente dei governi di sinistra e tra i più grandi esperti in Italia di tasse. Per capirci, è colui che ha inventato l'Irap. Sulla stessa direzione si muove anche Vincenzo Visco. Di per sé, spostare le tasse dalle persone alle cose non sarebbe in assoluto un errore. Il problema è che in Italia le imposte non si sostituiscono mai, ma si sommano. L'Irpef pesa circa il 10% del Pil, mentre il gettito Iva non arriva all'8%. Quest'ultimo potrebbe giungere anche al 10 o all'11, ma soltanto se le tasse sulle persone fisiche scendessero almeno al 6%. In questo modo si consentirebbe alle persone di mantenere i consumi elevati e assorbire il rincaro dell'Iva. Altrimenti è solo una doppia zavorra. Il cantiere di riforma parte domani: di conseguenza è ancora presto per anticipare i dettagli. Si sa soltanto che l'Iva aumenterà, e dal punto di vista politico il premier Giuseppe Conte si scontrerà con le sue stesse promesse. Nelle prossime settimane capiremo quali aliquote Iva verranno toccate. Se il latte o il basilico diventeranno più cari, oppure se sarà penalizzato il gasolio agricolo. Qualunque sia la scelta, per il fisco sarà facile tracciarla fino in fondo. Dal lato delle aziende con la fattura elettronica, e dal lato di esercenti e clienti con lo scontrino digitale. Con la scusa di combattere l'evasione, saranno ancora più bastonati i contribuenti onesti.
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