2018-10-17
Il taglio agli assegni d’oro cela lo stop alle rivalutazioni
Scongiurato il blitz di Tito Boeri, il Mef sta pensando di mitigare l'adeguamento Istat. Sarebbero a rischio gli importi oltre i 2.800 euro netti. La conseguenza di questo meccanismo è una penalizzazione economica anche per soggetti che hanno conseguito il proprio trattamento previdenziale all'età legale di pensione.Il blitz della coppia Di Maio-Boeri è stato stoppato lunedì sera. Il taglio delle pensioni d'oro sul modello della bozza di legge presentata alla Camera è slittato. Dopo lo stop promosso da dal numero due della Lega, Giancarlo Giorgetti, il testo non è stato inserito nel decreto fiscale, ma è stato modificato e introdotto nel documento della manovra. Il risultato è stato un compromesso sopra «i 4.500 euro mensili, in modo da rimodulare i trattamenti pensionistici più elevati e renderli più equi in considerazione dei contributi versati», ha dichiarato il premier Giuseppe Conte lunedì in tarda serata in occasione della conferenza stampa post cdm. Il nodo, hanno spiegato fonti governative della Lega, è il rischio di incostituzionalità e di ricorsi a raffica per una decurtazione che riguardasse chi ha ottenuto la pensione, oltre i 4.500 euro, con un meccanismo misto di contributivo e retributivo. L'ipotesi sul tavolo, secondo le stesse fonti, è dunque quella di limitare la misura alle pensioni d'oro percepite da lavoratori sulla base di un sistema solo retributivo. In questo caso, secondo le stime dei tecnici, la misura potrebbe riguardare poche decine di migliaia di persone. «Taglieremo le pensioni d'oro dai 4.500 euro in su. Per la prima volta utilizziamo i privilegi di pochi per pagare i diritti degli italiani, al contrario di quanto avveniva nel passato che si tagliavano i diritti per pagare i privilegi», ha ribadito ieri mattino il vice premier, Luigi Di Maio, in un'intervista a Radio Radicale. In realtà, a differenza di quanto spiegato più volte dai 5 stelle il modello Boeri non prevede il taglio lineare della parte retributiva e quindi dei contributi non versati, ma un taglio lineare in base al numero degli anni mancanti alla soglia prevista dall'ultima legge pensionistica. Senza dimenticare il profilo di problematicità costituzionale. Si tratterebbe di una penalizzazione del trattamento previdenziale, retroattivamente applicato, sulla scorta dell'anticipo dell'età di pensionamento rispetto a una età obiettivo fissata con elaborazione statistiche targate appunto Boeri. La conseguenza di questo meccanismo è una penalizzazione economica anche per soggetti che hanno conseguito il proprio trattamento previdenziale all'età legale di pensione - ovvero - al conseguimento dei requisiti per la pensione di vecchiaia che nella generalità dei casi coincideva con la conclusione o l'impossibilità oggettiva della prosecuzione dell'attività lavorativa. Tutti questi motivi hanno permesso alla Lega di vincere la battaglia. Solo che la guerra non è stata ancora vinta. Il compromesso raggiunto in sede di cdm ha comunque consentito ai 5 stelle di applicare un taglio progressivo che parte da un valore netto appena inferiore ai 3.000 euro per valori irrilevanti (circa 1 une euro al mese) fino a raggiungere penalizzazioni importanti soltanto sopra i 4.500 euro netti. Tale schema apre a un altro pericolo. Il primo gennaio 2019 scadrà il periodo di congelamento della rivalutazione degli assegni. In pratica l'anno prossimo scatteranno gli aumenti per tutti i pensionati portando alle casse dello Stato un aggravio solo per il 2019 di due miliardi di euro. Una cifra che lo Stato non ha e non ha messo in manovra. Ecco perché dietro il taglio delle pensioni d'oro si nasconderebbe un futuro blocco (anche se parziale) delle rivalutazioni. A quanto risulta alla Verità il ministero dell'Economia è al lavoro per utilizzare lo schema di taglio delle pensioni d'oro per ridurre gli aumenti. Non è dato sapere da che soglia il governo partirà a limare, se dai 4.500 euro oppure più facilmente già dai 2.800 euro. Tutto è in divenire ma se i numeri non mentono il rischio di una fregatura è già nascosto nei pacchi di Natale. D'altronde dalla sua l'esecutivo ha una recente sentenza della Corte europea dei diritti umani. Come abbiamo più volte denunciate le toghe di Strasburgo hanno bocciato il ricorso contro il bonus Poletti. Le motivazioni addotte? Le somme tagliate erano così basse da non intaccare lo stile di vita dei pensionati e non farli scendere sotto la soglia di povertà. Alla faccia dei diritti acquisiti. Per cui se il governo applicherà come criterio le motivazioni della Cedu i pensionati avranno poco a cui opporsi. Salvo incassare la sberla.
Sergio Spadaro e Fabio De Pasquale (Imagoeconomica)