2020-05-09
Il super decreto è un carrozzone. Al posto dei soldi qualche incentivo
Rooberto Gualtieri (Ansa)
Le proposte per l'ex dl aprile, ribattezzato «rilancio» visti i ritardi, contengono micro interventi senza visione La Protezione civile chiede di allungare lo stato di emergenza fino al 2021: la mossa può salvare Palazzo Chigi.Nessuna moratoria statale dei tributi locali: ogni sindaco dovrà decidere da solo E prendersi eventuali colpe. L'esecutivo promette 3,5 miliardi, ma il buco sarà di 7.Lo speciale contiene due articoliL'«anagrafe» di Palazzo Chigi ha cambiato il nome al decreto: chiamarlo «aprile», essendo oggi il 9 maggio, sarebbe stato francamente troppo. Dunque, lo chiameranno «decreto rilancio»: nome sufficientemente vago, e soprattutto buono per maggio e (non si sa mai) anche per giugno. Anche perché le voci di ieri sera erano quelle di un ulteriore slittamento: convocazione del Consiglio dei ministri per lunedì (11 maggio) con approvazione definitiva del testo mercoledì (13 maggio). Naturalmente dalle parti di Palazzo Chigi - ma la scusa non regge granché - si adduce come giustificazione il fatto che sia ancora in via di aggiornamento il Temporary framework, cioè la cornice europea a cui sta lavorando la commissaria Margrethe Vestager per gli interventi in deroga a favore delle imprese colpite dall'emergenza. Morale, cosa c'è per il momento? Una mega bozza di 766 pagine, un mattone che supera le 650 pagine di Delitto e castigo di Fedor Dostoevskij, che La Verità ha esaminato ieri. Il metodo adottato per comporre lo zibaldone è stato quello di mettere in fila le richieste di ciascun dicastero: Famiglia, Protezione civile, Sport, Salute, Difesa, Beni culturali, Lavoro, Politiche europee, e così via. Poi naturalmente si tratterà di capire cosa confluirà effettivamente nel testo che sarà portato in Cdm. E così balzano agli occhi le prime due considerazioni. Primo: un disegno generale non si vede. Manca un'idea di fondo: in qualche misura, quella che doveva essere una specie di seconda Finanziaria sembra piuttosto una sorta di Milleproroghe, un patchwork di interventi non sempre coerenti, e senza una direttrice ben distinguibile. Secondo: manca ancora la parte fiscale, sia nel senso di quali e quante scadenze saranno rinviate (tema decisivo per evitare il default di famiglie imprese giù a giugno) sia nel senso di interventi strategici per un abbassamento intelligente delle tasse, al fine di attrarre risorse e investimenti, dare respiro alle imprese, aiutare un vero rilancio. E allora ecco la pioggerellina di microinterventi: bonus vacanze (non più di 500 euro, ma sotto forma di tax credit) per famiglie con Isee fino a 35.000 euro; potenziamento di centri estivi per bimbi, bonus babysitter e smartworking per i genitori; rimborso per l'abbonamento ai mezzi pubblici; un fondo per lo sport; un fondo di emergenza per spettacolo, cinema e audiovisivo; trasformazione del Fondo per il Sud, teoricamente destinato a sviluppo e coesione, in strumento per fronteggiare la crisi post coronavirus; risorse per Comuni ed enti locali (3,5 miliardi); risorse per la scuola (il ministero chiede circa 370 milioni per preparare la riapertura); 600 milioni per ridurre il peso delle bollette; e infine 1 miliardo per le cosiddette filiere in crisi, dai 200 milioni per il settore aereo a risorse inferiori per i settori florovivaistico, lattiero caseario, vinicolo, zootecnico, più pesca e acquacoltura. Come detto, si tratterà poi di vedere come si concluderà la scrematura, anche in considerazione dei pareri spesso contrari (segnalati nella bozza) della Ragioneria. In un documento a parte, trova posto la detrazione al 110% per ecobonus e sismabonus, incentivando la messa in sicurezza antisismica degli edifici e la loro riqualificazione energetica. Si tratterebbe di un credito d'imposta del 110% per le imprese che faranno i lavori, che andranno svolti tra luglio 2020 e dicembre 2021. Dall'esame del testo, viene fuori la reale natura del provvedimento. Non si vede affatto la «potenza di fuoco», né una consistente manovra di assegnazione di risorse a fondo perduto. Sembra prevalere la logica più sparagnina dell'incentivo: spendi tu, caro cittadino, cara impresa, e poi lo Stato incoraggerà in qualche modo. E questo approccio pare confermato anche nella sezione politiche europee, quella in cui il documento si aggancia alle previsioni Ue: anche qui le agevolazioni fiscali, le garanzie, gli anticipi rimborsabili, i tassi agevolati sembrano largamente prevalenti rispetto alle sovvenzioni dirette. Altre tre osservazioni. Primo: si chiedono risorse (circa 1,2 miliardi) per prorogare la cassa integrazione per altre 12 settimane (nei giorni scorsi si era invece detto per altre 18), e si inseriscono norme per semplificarne le procedure. Chiara ammissione del fatto che la strada scelta finora dal governo non ha funzionato. Secondo: si istituisce il famigerato reddito di emergenza (da 400 a 800 euro), anche a eventuale integrazione del reddito di cittadinanza. Nella bozza si stabilisce che potrà essere erogato per tre mensilità. Terzo: si abbozza l'atteso intervento per fornire una garanzia penale in materia di misure di sostegno alla liquidità, e quindi far sì che anche i soggetti privati siano tutelati da eventuali raggiri e condotte truffaldine altrui. Da segnalare infine che la Protezione civile propone di prorogare di altri sei mesi (dopo il 31 luglio) lo stato d'emergenza. Per Giuseppe Conte e i suoi lo stato d'eccezione non finisce mai? Il governo cerca di restare attaccato all'emergenza per tenersi in vita? <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/il-super-decreto-e-un-carrozzone-al-posto-dei-soldi-qualche-incentivo-2645954288.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="i-giallorossi-abbandonano-i-comuni" data-post-id="2645954288" data-published-at="1588960818" data-use-pagination="False"> I giallorossi abbandonano i Comuni Il concetto fondante dell'autonomia all'italiana, quella che piace al governo Conte, è uno e granitico: lo scaricabarile. Quando l'affare è un vantaggio se ne occupa lo Stato, quando è un problema «sembra giusto lasciarlo» alla libertà degli enti locali. È la democrazia nell'era geologica giallorossa, what else? Così, con un gesto apparentemente liberale, il ministero delle Finanze ha deciso di non inserire nel prossimo decreto anticrisi (ribattezzato «rilancio») indicazioni sulla moratoria dei tributi locali per agevolare i Comuni travolti dallo tsunami sanitario. I sindaci si aspettavano uno slittamento generale delle imposte per far respirare cittadini, attività commerciali e imprese, e invece si ritrovano la patata bollente sulla scrivania. Come spiega la viceministra grillina Laura Castelli, concentrata sui dossier relativi alla finanza locale: «Proporremo forme di coordinamento ma è giusto che i comuni decidano nella propria autonomia, con la garanzia del fondo statale che interviene a ristorare le mancate entrate». Quindi niente sospensione unilaterale dei tributi, ma un liberi tutti che in realtà ha l'aria di uno smarcamento governativo da un mal di testa. Della serie: ciascuno faccia per sé e in caso di critiche avete sbagliato voi. La scelta ha due caratteristiche dominanti. Quella positiva (in teoria) è l'autodeterminazione comunale in base alle reali esigenze del territorio, poiché è immaginabile che i Comuni di Codogno e di Nembro abbiano sofferto l'emergenza pandemia più di un Comune omologo della Basilicata. Quella negativa (in pratica) è l'esplosione di ordinanze disomogenee con scadenze da gioco di ruolo che potrebbero aggiungere altra confusione al già ben strutturato caos organizzativo della burocrazia. L'obiettivo del Mef è chiaro e la Castelli lo lascia intendere: «In un quadro di difficoltà generale bisogna evitare di perdere per legge ulteriore gettito». Una frase che conferma come il governo, in assenza di iniezioni di denaro provenienti dall'Europa, stia facendo le nozze con i fichi secchi. Il progetto sarebbe di non dilazionarle proprio, le scadenze. In questo contesto la buona notizia è la decisione di non far pagare a ristoranti e bar la tassa sull'uso del suolo pubblico fino al 31 ottobre e che l'utilizzazione di maggiori superfici per favorire il distanziamento fra i clienti «non è subordinata al rilascio di concessione da parte dell'ente locale». La stima per il minor gettito ai Comuni è di 127,5 milioni. E la prima città ad approfittare del decreto in arrivo è Milano: ieri la giunta ha deliberato in tal senso. Siamo comunque al minimo sindacale dopo tre mesi di lockdown, con migliaia di esercizi commerciali in ginocchio. Fra ministero delle Finanze e Anci (l'associazione dei sindaci) è in atto un braccio di ferro proprio per individuare l'esatto punto di caduta degli aiuti economici per uscire dalle sabbie mobili del coronavirus. Lo Stato è pronto a mettere sul piatto 3 miliardi più 500 milioni per le province - come ha anticipato Il Sole 24 Ore - e ad aprire un tavolo per verificare la congruità della somma. Per contro i sindaci rappresentati da Antonio Decaro, primo cittadino piddino di Bari, hanno quantificato i danni con una somma che va dai 5 ai 7 miliardi. Il doppio. La trattativa è spinosa perché avviene al culmine di un'emergenza nella quale i Comuni si sono sentiti più volte abbandonati a sé stessi dal potere centrale. Mascherine mai arrivate e alla fine procurate da sforzi regionali o di privati, respiratori polmonari donati dalla generosità individuale, zone rosse non concesse, aiuti pervenuti con il contagocce e in grave ritardo. Dopo tutto ciò la proposta è: 3 miliardi e un tavolo di trattativa. Con un paragone concreto la Regione Lombardia, nel piano Marshall varato da Attilio Fontana, ha deliberato l'erogazione di 3 miliardi per investimenti in infrastrutture e per il sostegno ai cittadini solo per i suoi Comuni. Un parallelo che induce a un'azione estemporanea con il tavolo del governo: ribaltarlo come nei film western.