2019-08-15
Il Riesame stronca Foti: «Il suo metodo è invasivo nella vita dei minori»
Escono le motivazioni del tribunale che ha tolto i domiciliari al terapeuta. E smontano la sua difesa: «Non è certa la sua competenza scientifica».Un mese e mezzo fa, il Tribunale del riesame di Bologna ha revocato gli arresti domiciliari a Claudio Foti, uno dei maggiori protagonisti dell'inchiesta «Angeli e demoni», dove è indagato assieme alla moglie, Nadia Bolognini, e alla collega Sarah Testa. Al fondatore del Centro Hansel e Gretel, 68 anni, rimase l'obbligo di dimora a Pinerolo e il suo avvocato difensore, Andrea Coffari, parlò di una grande vittoria. Foti aveva due capi d'accusa «uno riguardava l'aver manipolato la mente di una ragazza durante le sedute di psicoterapia; l'altro è l'abuso d'ufficio in concorso perché sarebbe stato consapevole che le psicoterapie che gli venivano pagate dovevano essere bandite con concorso e non affidate direttamente», disse Coffari. «Sul primo capo d'accusa, il più pesante che riguarda la sua professione, c'è stato l'annullamento dell'ordinanza, che è stata impugnata». Secondo la difesa, il Riesame aveva guardato ore e ore di riprese delle sedute di terapia di Foti, e aveva ritenuto che non ci fosse alcunché di sbagliato, né forzature né altro. Ora, però, il tribunale bolognese ha reso note le motivazioni della sua decisione, e sfogliando l'ordinanza ci si rende conto che le cose stanno in maniera molto diversa da come erano state presentate. In realtà, il Riesame usa parole pesantissime nei confronti del terapeuta piemontese. Il giudice spiega che Foti, Federica Anghinolfi, Nadia Bolognini e gli altri del giro bibbianese erano «fortemente ancorati a una visione ideologica del proprio ruolo che li rendeva convinti di essere in grado di assistere i minori abusati con capacità e metodo loro proprio, di cui essi erano gli interpreti; uniti nella acritica convinzione della validità scientifica della loro metodologia e del loro approccio maieutico; in grado di far emergere, con valore salvifico e terapeutico, ricordi di abusi sessuali subiti da minori con personalità fragili e in difficoltà». Esiste dunque una «scuola Foti» e il metodo che essa utilizza «appare di per sé connotato da elementi di forte pressione e forzatura, nonché ingerenza nella vita privata dei minori, in violazione della Carta di Noto». Secondo il giudice «l'opera di Foti si è inserita in una scia che portava gli indagati a credere fortemente nella sussistenza a priori di abusi sessuali nella vita dei piccoli pazienti». Insomma, a quanto pare Foti e i suoi le pressioni le facevano eccome. Non solo: il terapeuta, secondo il giudice, «prende per vero» tutto ciò che scrivono i servizi sociali, senza mai dubitare. Sembra proprio che i famosi filmati abbiano dimostrato proprio il contrario di quanto sostenuto dalla difesa. E infatti il giudice scrive: «Le osservazioni della difesa non possono essere condivise». Tra l'altro, il Riesame parla pure del «picco statistico di presunti abusi individuati sulla base di questa tecnica, non verosimile, che ha dato luogo all'indagine». Ma c'è di più. Il giudice bolognese contesta persino la professionalità del terapeuta. Parla infatti di «trattazione di questioni delicatissime su eventuali abusi sessuali e maltrattamenti subiti da parte di una persona che, tra l'altro, non risulta in modo certo dotata delle competenze professionali e scientifiche per esercitare l'attività di psicoterapeuta». Di fronte a queste frasi viene da chiedersi: come mai, allora, il tribunale ha deciso di revocare gli arresti domiciliari a Foti e di far cadere una delle accuse nei suoi confronti? Il motivo è semplice. L'accusa in questione è quella di frode in processo penale e depistaggio. Riguardava la vicenda di una ragazzina che il terapeuta ha seguito tra il 2016 e il 2017 e che sarebbe stata spinta a ricordare abusi subiti dal padre in tenera età. Ora la ragazza è diventata maggiorenne, il procedimento sugli abusi ha già fatto il suo corso e l'accusa cade soltanto per questioni tecniche legate alle tempistiche. Secondo il tribunale, tuttavia, «è pacifico che la terapia con la ragazza era per Foti un vantaggio economico, posto che per ogni seduta di un'ora il suo guadagno era di euro 135, tariffa ben al di sopra e quasi doppia rispetto alla tariffa media di uno psicoterapeuta pari a euro 70». Resta l'abuso d'ufficio. Qui il giudice ravvisa il pericolo di reiterazione del reato, ma l'obbligo di dimora a Pinerolo è sufficiente a evitarlo. «Rappresenta una misura minore», scrive il tribunale, «ma assicura tuttavia la medesima finalità, cioè l'impossibilità di svolgere psicoterapia e soprattutto mantenere e stringere contatti con personalità pubbliche, quali amministratori di enti territoriali, e altri professionisti, assistenti sociali con la cui partecipazione potrebbe realizzare reati analoghi». Questo anche perché «l'attività professionale [...] veniva svolta in Emilia e in altre città, senza che risulti lo svolgimento di attività dove abita, cioè a Pinerolo». La verità, in buona sostanza, è che la posizione di Foti, dopo la revoca dei domiciliari, non si è per niente alleggerita. Anzi, le frasi del Riesame sono di una durezza senza pari, specie quando il giudice descrive il metodo utilizzato dal gruppo di Hansel e Gretel, ovvero «una tecnica invasiva e suggestiva posta in essere nella psicoterapia dei minori». O quando parla della elevata «capacità manipolatoria» dell'indagato. Di fronte a parole del genere, tutti coloro che, nei giorni scorsi, hanno cercato di sminuire e di silenziare l'inchiesta sui bambini di Bibbiano forse dovrebbero rivedere le proprie posizioni. A partire proprio dal Partito democratico, che a tutti i livelli (dal locale al nazionale) continua a minacciare querele e azioni legali assortite. Fino a prova contraria, Andrea Carletti un esponente del Pd (benché autosospeso) è pesantemente coinvolto nella vicenda, e il suo nome viene ulteriormente citato dal Riesame. Anche perché nell'ordinanza vengono descritti i vantaggi economici che Hansel e Gretel ricavava dal rapporto con le istituzioni della Val d'Enza. Non a caso gli psicologi piemontesi avevano di fatto scalzato tutti gli psicologi pubblici, percepivano un bel po' di quattrini per le sedute e, ovviamente, tutto questo veniva pagato con soldi pubblici, persino la sede del centro La Cura di Bibbiano. Eppure, come mostrava ieri un documentato servizio del Resto del Carlino, alla festa democratica bibbianese è pieno di gadget e cartelloni di sostengo al primo cittadino agli arresti. Magliette, striscioni... Ci sono persino le spillette pro Bibbiano da appendersi sulla maglietta. Chissà, magari leggendo che cosa scrivono i giudici su Foti e il suo giro persino qualche militante del Pd cambierà idea...
Jose Mourinho (Getty Images)