2020-06-14
Il profeta Raspail romanziere geniale che aveva previsto la grande invasione
Jean Raspail (Getty Images)
Nel Campo dei santi (1973) raccontò gli sbarchi di massa di oggi. E mostrò i danni che avrebbe causato il consumismo.Sono tanti gli scrittori a cui, nel corso dello Storia, sono state attribuite doti profetiche. Sono pochissimi, tuttavia, coloro i quali hanno potuto assistere al compiersi delle loro profezie. Uno di questi è il francese Jean Raspail (nato nel 1925 e morto ieri), autore dotato di una capacità quasi magica di prevedere il futuro. Nel romanzo del 1995 L'anello del pescatore, ad esempio, raccontò di una Chiesa provata dalla società dei consumi, sempre più in difficoltà nei rapporti col mondo moderno: «Noi siamo stati perseguitati, una volta, ma per motivi che non avevano nulla a che fare né con la morale né con la legge. Questo accadeva molto tempo fa. Oggi siamo dimenticati», dice il protagonista del libro, una figura dall'altissimo valore spirituale di nome Benedetto (sì, come Benedetto XVI, che doveva ancora diventare Papa). Ma senz'altro la visione di Raspail che più compiutamente si è tradotta in cronaca è quella riguardante l'immigrazione, e contenuta in un romanzo strepitoso intitolato Il campo dei santi. In quel capolavoro uscito nel 1973, Raspail descriveva perfettamente quel che accade ancora oggi in Italia e in Europa: i barconi carichi di disperati che arrivano sulle coste della Sicilia, le persone che sbarcano a migliaia, quando non restano sul fondo del mare, morte. E ancora l'esplodere delle tensioni sociali e religiose, la reazione ipocrita di politici e commentatori. Nel Campo dei santi, una folla immensa di immigrati giunge sulle coste europee (quelle francesi, nello specifico) il lunedì di Pasqua del 1990. Di fronte a questi sbarchi di massa, l'Occidente è prono, si limita a crogiolarsi nel piagnisteo. Ed ecco le conseguenze: radicalizzazione degli islamici, «forte pressione psicologica delle associazioni umanitarie, l'estremizzazione del vangelo sociale da parte di alcuni esponenti religiosi, falso irenismo delle coscienze, rifiuto di affrontare la verità e così via». A orchestrare le partenze, nel romanzo, è un personaggio chiamato «il Coprofago», il quale ben rappresenta i trafficanti di uomini che abbiamo imparato a conoscere in questi anni. Scorrendo le prime pagine del libro di Raspail si rimane sconvolti: sembra di trovarsi di fronte ad articoli di cronaca.«Quanti ce n'erano, laggiù, a bordo di tutti quei relitti incagliati?», scrive a un certo punto il francese. «Forse, a voler credere al numero spaventoso comunicato dai laconici giornali radio diffusi in continuazione dal mattino, stavano accatastati a strati umani sovrapposti nelle stive e sui ponti, con grappoli di individui arrampicati sulle plance e sui fumaioli. Gli strati inferiori, probabilmente, erano formati dai morti che sostenevano i sopravvissuti, come quelle colonne di formiche in cammino la cui parte emergente è un brulichìo di vita e la base una sorta di sentiero disseminato da milioni di cadaveri». Raspail ha messo in scena un'invasione proveniente dall'India ma, come spiegò nella prefazione a una delle numerose edizioni del romanzo, lo fece per evitare di chiamare in causa l'Africa, l'islam e il corredo di accuse di razzismo che si portano dietro. La vicenda, dicevamo, è ambientata nel 1990, ma Raspail spiegava che, nella realtà, il processo da lui descritto sarebbe arrivato a compimento nei primi decenni del terzo millennio. Cioè oggi, quando «il nostro vecchio Occidente, tragicamente minoritario su questa terra, ripiega all'interno delle sue mura diroccate».Voleva evitare le accuse di razzismo, Raspail, ma non ci riuscì. Il campo dei santi è stato osteggiato, nascosto, volutamente dimenticato. In Italia sole le edizioni di Ar hanno avuto il fegato di pubblicarlo. In una intervista rilasciata a Valeurs Actuelles nell'aprile 2015, il romanziere dichiarò: «Questa crisi migratoria pone fine a trent'anni di insulti e calunnie nei miei confronti. Sono stato chiamato fascista per questo romanzo considerato un libro razzista...». No, il razzismo non c'entrava niente. Semplicemente, l'autore francese aveva toccato tasti troppo dolenti. Gli stessi su cui battè nello scritto intitolato Big Other, cioè «il grande altro». Come ha giustamente notato Adriano Scianca in L'identità sacra, il Big Other è un'evoluzione del Grande fratello orwelliano e rappresenta l'ideologia del «prima gli altri» che oggi domina. «Big Other vi vede. Big Other vi sorveglia. Big Other ha mille voci, occhi e orecchie dappertutto», scriveva Raspail. «È il Figlio Unico del pensiero dominante, come il Cristo è il Figlio di Dio e procede dallo Spirito Santo. Egli si insinua nelle coscienze. Raggira le anime caritatevoli. Semina il dubbio tra i più lucidi. Niente gli sfugge. Niente lascia passare. Come Lenin in altre circostanze, egli dispone di una folla di “utili idioti". La sua parola è sovrana. E il buono popolo lo segue, ipnotizzato, anestetizzato, riempito come un'oca di certezze angeliche...». Guardatevi intorno, e dite se le cose non stanno esattamente così. Raspail ha visto le sue profezie realizzarsi. E non è stato un bel vedere.