2021-02-18
Il premier tace su lockdown e colori però ha almeno falciato le «primule»
Mario Draghi non ha chiarito le proprie intenzioni sulle eventuali riaperture né sul Cts. Ma ha ribadito la volontà di procedere velocemente alla vaccinazione in tutte le strutture disponibili. Non solo nei tendoni di Domenico ArcuriIl programma di Mario Draghi ha obiettivi «di alto livello», ma nell'immediato il terzo governo della legislatura non ha detto se farà un nuovo, rigoroso lockdown. Nel suo lungo discorso davanti all'aula del Senato, il presidente del Consiglio ha sfiorato, non affrontato, l'ipotesi di un «blocco» che sta tenendo in apprensione tutto il Paese. Il premier ha esordito parlando di responsabilità, anzi del dovere «di combattere con ogni mezzo la pandemia e di salvaguardare le vite dei nostri concittadini». Poi ha rivolto il pensiero «partecipato e solidale, a tutti coloro che soffrono per la crisi economica», senza far capire se possiamo tirare un sospiro di sollievo e sperare che sia finita con le chiusure delle attività e l'obbligo di tutti a casa. Quando l'ex governatore della Bce afferma: «Dobbiamo occuparci di chi soffre adesso, di chi oggi perde il lavoro o è costretto a chiudere la propria attività», pensiamo che non si riferisca solo a ristori immediati. Però poi dichiara: «Ci impegniamo a informare i cittadini con sufficiente anticipo, per quanto compatibile con la rapida evoluzione della pandemia, di ogni cambiamento nelle regole», quindi forse significa che è d'accordo sull'idea di chiudere nuovamente tutto il Paese, come da più parte caldeggiano virologi e politici. Scienziati, informatori del farmaco, consulenti vari, tutti continuano a parlare delle pericolose varianti del virus su giornali, radio, nei salotti televisivi. Indugiano, ignorando la raccomandazione del premier di parlare solo con i fatti. Dopo aver condiviso la chiusura degli impianti di scii, accontentando il riconfermato ministro della Salute, Roberto Speranza, che vuole «rafforzamento e incremento delle misure di mitigazione del rischio» varianti chiudendoci tutti in casa, Mario Draghi non ha ancora comunicato se la sua strategia per la questione sanitaria passa attraverso un nuovo, temuto lockdown. Dichiara che «imprese e lavoratori», del settore turismo, «vanno aiutati ad uscire dal disastro creato dalla pandemia», però la montagna è ferma, al mare e nelle città d'arte non va meglio e gli operatori sono al collasso. Certo, in difesa dei diritti degli studenti sostiene che «dobbiamo tornare rapidamente a un orario scolastico normale», che non sarebbe possibile in una situazione di chiusura totale, ma siamo solo nel campo delle ipotesi. Il premier non ha detto apertamente basta immobilismo dettato dall'emergenza sanitaria e che i nostri giovani non saranno più confinati. Però è stato chiarissimo sul piano della somministrazione dei vaccini. «Non dobbiamo limitare le vaccinazioni all'interno di luoghi specifici, spesso ancora non pronti: abbiamo il dovere di renderle possibili in tutte le strutture disponibili, pubbliche e private», ha spiegato il neo presidente, rivelando di non tenere in alcuna considerazione le «primule» pensate dal commissario per l'emergenza, Domenico Arcuri. Non servono luoghi di richiamo inutili e costosi, bisogna muoversi in fretta perché «la velocità è essenziale non solo per proteggere gli individui e le loro comunità sociali, ma ora anche per ridurre le possibilità che sorgano altre varianti del virus», ha scandito Draghi, che non vuole altre perdite di tempo. «Soprattutto imparando da Paesi che si sono mossi più rapidamente di noi disponendo subito di quantità di vaccini adeguate», ha invitato a fare. Possiamo, dunque, essere certi che una svolta verrà data alla campagna di vaccinazioni. Non sappiamo ancora se sostituendo Arcuri o togliendogli alcuni incarichi, perché il premier non ne ha fatto cenno. Nel suo discorso neppure ha lasciato intuire se si sarà un ridimensionamento del Comitato tecnico scientifico (Cts), come chiedono Lega e Forza Italia invocando anche uno stop alle esternazioni con cui gli esperti ci affliggono da mesi. Domani si riunirà la cabina di regia, per il consueto monitoraggio settimanale dei dati di diffusione dei contagi da Covid e relative mutazioni. C'è così il rischio che dopo le zone rosse istituite in Lombardia e le altre chiusure locali, che si stanno studiando per fermare la diffusione delle varianti, sei regioni che la scorsa settimana avevano un Rt prossimo all'1 possano passare in fascia arancione il prossimo fine settimana. Oltre alla Lombardia e al Lazio, se lo aspettano l'Emilia Romagna, il Friuli Venezia Giulia, le Marche e il Piemonte. Adesso, però, alla guida degli Affari regionali e delle autonomie c'è la forzista Mariastella Gelmini, per di più lombarda. Quindi per nulla disposta a calpestare le economie dei territori colpiti dalla pandemia, gli interessi del mondo produttivo, del commercio, del turismo, dei trasporti con nuove chiusure, per di più senza ristori, come faceva il suo predecessore, il dem Francesco Boccia. «Conta la qualità delle decisioni, conta il coraggio delle visioni, non contano i giorni», ha dichiarato in Senato Mario Draghi. Tutti ci auguriamo che questa bella affermazione non sottintenda nuovi periodi di confinamento in casa e di blocco dell'Italia.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)