2020-11-20
Il piano vaccini: ritardi sulle siringhe e il solito scaricabarile sulle Regioni
L'ad di Invitalia ammette: «Valutiamo patentini per chi si sottopone al trattamento».Se fosse milanese avrebbe detto Ghe pensi mi, ma Domenico Arcuri è calabrese e nemmeno da lontano ha la simpatia del cavaliere Tino Scotti, che terminava ogni inquadratura con il famoso motto. Iper frenetico sì, come il protagonista della commedia scritta da Steno e Monicelli nel 1950, il commissario all'emergenza che si occupa pure della distribuzione del vaccino, pochi giorni fa provava a tranquillizzarci: «Lo somministreremo ai primi italiani a fine gennaio, personale sanitario e anziani, anche se non ci sarà subito per tutti: il ministero ci fornirà un target delle prime persone da vaccinare». Non saranno i governatori a occuparsene, dichiarava forte e chiaro, perché «il governo ha deciso che ci sia una centralizzazione del meccanismo». Dopo i flop mascherine, banchi a rotelle e nuovi posti nelle terapie intensive, l'ad di Invitalia è stato scelto per occuparsi del primo arrivo di 3,4 milioni di dosi da somministrare a 1,7 milioni di persone, affinché tutto «sia efficiente e avvenga in piena sicurezza». Insomma, tanto per non scordare Scotti: Fermi tutti, arrivo io!, gioiellino di comicità dissacrante del 1953. Peccato che tanta efficienza non sembri appartenere al commissario. Lunedì infatti, a smentire tanta centralità di iniziative, è partita una lettera indirizzata ai governatori che scarica su di loro l'onere di individuare «i presidi ospedalieri all'interno dei quali si ritiene utile che il vaccino venga consegnato e somministrato». Le Regioni hanno tempo fino «a venerdì 23 novembre», data inesistente, visto che il 23 è lunedì prossimo, per fornire ad Arcuri un elenco niente affatto facile delle strutture più adatte. Solo una manciata di giorni: giustamente i governatori sono in agitazione. Il commissario scrive di aver ragionato sul tipo di target cui somministrare le prime dosi e ha ritenuto sia «prioritario salvaguardare quei luoghi che nel corso della pandemia hanno rappresentato il principale canale di contagio e diffusione del virus, quali a titolo esemplificativo gli ospedali e i presidi residenziali per anziani». Il vaccino perciò «si potrebbe prevedere» - nessuna certezza a riguardo - di distribuirlo direttamente nelle strutture ospedaliere «e, tramite unità mobili, nei presidi residenziali per anziani». Non sarà cosa semplice, lo afferma lo stesso Arcuri che parla delle necessità di mantenere il vaccino «per 15 giorni dalla consegna nelle borse di conservazione del fornitore sei mesi, qualora si disponga di celle frigorifere a temperatura di -75 gradi centigradi», e che «vada utilizzato al massimo entro 6 ore dall'estrazione dalle borse o dalla cella di conservazione». Sta alle Regioni trovare le strutture adatte, inventandosele dall'oggi al domani. «Il presidio ospedaliero dovrà essere in condizione di vaccinare almeno 2.000 persone in 15 giorni», bisogna indicare numero dei congelatori, personale disponibile a vaccinare e che raggiunga l'ospedale «in non più di 30-60 minuti». Follie di indicazioni analoghe devono essere fornite per le Rsa. Ma il commissario vive in un mondo a sé, nella piattaforma virtuale «semplice ma complessa», come l'ha definita ieri, per gestire la verifica della somministrazione del farmaco, «per sapere come si chiamano le persone che hanno fatto il vaccino e dove lo hanno fatto, per seguire la tracciabilità dei beni sul territorio». In conferenza stampa, l'ad di Invitalia ha anche ammesso che è al vaglio l'ipotesi di un patentinto per i vaccinati: «Sarà possibile e sarà il ministero della Salute a stabilire come». A un giornalista che gli chiedeva come mai altri Paesi hanno ordinato pacchi di siringhe di precisione e l'Italia ancora zero, Arcuri ha risposto: «Non so dire se sia tardi, ho la presunzione di pensare che non lo sia», perché da «lunedì inizieremo a perfezionare gli acquisti». Saranno «consegne dilatate nel tempo»: non avevamo dubbi. Per Arcuri, come nella pubblicità di Scotti, «basta la parola».