2019-01-15
«Hanno aiutato Battisti fino all’ultimo giorno». Si muove l’antiterrorismo in Italia
La Digos sta per consegnare al pm il dossier sui basisti nostrani. Una rete di protezione che ha funzionato per 40 anni. Via chat qualcuno inviava articoli e notizie al fuggitivo.Un cordone protettivo internazionale lo ha aiutato fino a qualche giorno fa. Come ai tempi della fuga dal carcere di Frosinone. Cesare Battisti, quattro omicidi e svariati anni di latitanza, ha avuto e ha ancora amici che lo supportano quando deve farla franca. Dall'Italia, dove via Web gli arrivavano fino all'altro giorno consigli, soffiate e rassegne stampa. Ma anche dalla Francia, dove gli esponenti della rive gouche da sempre gli forniscono appoggio. E poi in Brasile, dove prima dell'arrivo delle destre era al sicuro. E, infine, in Bolivia, dove è arrivato grazie ai compagni di sempre. Lì è stato accolto e ospitato. E pensava di farla franca anche questa volta. Gli è andata male. Ma rischia di finire peggio. Perché la Procura di Milano è intenzionata a occuparsi anche della rete di contatti: a partire da quella italiana. «Noi abbiamo concluso il nostro lavoro, ora tocca alla Procura ordinaria», ha detto ieri alla Verità il procuratore generale Alberto Alfonso. E appena il fascicolo dell'arresto è passato dalla Procura generale - che ha curato la fase dell'individuazione, della cattura e del rientro in Italia - nelle mani del responsabile dell'antiterrorismo milanese, Alberto Nobili, sul registro della Procura, al modello 45 (quello dove vengono annotate le notizie che al momento non costituiscono reato), è stato fissato il nuovo procedimento. Il magistrato attende quella che è stata definita l'informativa sui basisti. L'hanno curata gli investigatori della Digos di Milano e, venerdì o al massimo lunedì prossimo, verrà consegnata al pm. L'obiettivo: far luce su tutte le persone che avrebbero aiutato, di fatto, oppure economicamente, l'ex terrorista. Nel lungo dossier, conferma chi ha potuto vederlo, vengono ricostruiti i quasi 40 anni di latitanza: dalla Francia, al Brasile fino alla cattura in Bolivia. Ma i magistrati, ovviamente, si concentreranno solo su ciò che potrà trasformarsi in una notizia di reato, tralasciando ciò che è troppo datato, perché prescritto, e ciò che non è di competenza territoriale. A conti fatti, a tremare sono proprio i complici italiani o che si sono mossi in Italia. Battisti, hanno accertato gli investigatori, stava cominciando a cercare una nuova via di fuga, sollecitato da chi gli inviava gli articoli pubblicati in Italia che, soprattutto negli ultimi mesi, lo davano per spacciato. Pare sia un italiano, ad esempio, ad aver inviato al terrorista, via chat, un link con le dichiarazioni di un ex giudice brasiliano, Walter Maierovitch, che indicava la Bolivia come possibile nascondiglio di Battisti. E allora il fuggitivo aveva attivato la solita «rete di protezione» che lo circonda da 40 anni e che ha tentacoli anche in Brasile, Francia e Bolivia, incurante, però, che da Milano i suoi contatti venivano immediatamente tracciati dalla Digos. Con un sofisticato sistema di controllo e diversi trojan sono stati seguiti i 15 numeri di telefono, intestati a prestanome, con cui Battisti chiamava e navigava con tablet e computer, anche sui social network. Negli ultimi giorni ne usava soltanto tre. Gli sono stati fatali.