2020-06-14
Il Pd si piega agli Stati generali. Troppo pericoloso far saltare tutto
I dem hanno dovuto digerire la sfilata di Giuseppe Conte, ma sono in atto grandi manovre per imporsi al premier e togliergli visibilità in autunno. Nicola Zingaretti potrebbe lasciare la guida del partito per fare il sindaco di Roma.La prima giornata degli Stati generali dell'economia, a Villa Pamphili a Roma, conferma la natura di kermesse organizzata a uso e consumo dei media: effetti speciali, bella scenografia, sceneggiatura però assai banale. «Grazie Italia, l'Europa s'è desta», dice in italiano la leader della Commissione europea, Ursula von der Leyen, che aggiunge: «Mentre investiamo, dobbiamo anche fare riforme ambiziose. Next generation Eu può affrontare le sfide che da tempo pesano sull'economia italiana, e spianerà la strada a una ripresa economia duratura. Ora sta a voi farlo succedere».« Servono riforme strutturali», esorta il presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, «e interventi di sostegno diretto alle persone». Alla presenza di tutti i ministri, interviene la presidente della Bce, Christine Lagarde: «Responsabili politici», sottolinea la Lagarde, «vi incoraggio a non sprecare questa crisi. La Bce farà la sua parte nell'ambito del suo mandato, ma spetta a voi dimostrare ai cittadini che le nostre società emergeranno da questa trasformazione più forti e più verdi». «La storia delle condizionalità imposte dall'alto per salvare i singoli Paesi», argomenta il Commissario Ue agli Affari economici, Paolo Gentiloni, «è una storia finita, è alle nostre spalle. Con il Next generation Eu parliamo di risorse comuni ai 27, alle quali si accede volontariamente sulla base di piani elaborati dai governi nazionali». Il governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, sollecita «un profondo ripensamento della struttura della tassazione, che tenga conto del rinnovamento del sistema di protezione sociale, e che deve porsi l'obiettivo di ricomporre il carico fiscale a beneficio dei fattori produttivi». Il ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri, garantisce che «Il perno di questo piano saranno gli investimenti, vogliamo portarli a un livello al di sopra della grande crisi, diventare tra i Paesi che investono di più in scuola ricerca formazione e innovazione». Il premier Giuseppe Conte tira le somme della prima giornata di lavori: «Il Recovery fund va definito ancora: non credo che il Consiglio europeo del 19 sarà risolutivo, ma faremo in modo che sia importante. Ci è stato riconosciuto di essere stati da esempio». Parole, parole, parole. Telecamere, flash, dirette social. «Doping mediatico». Gli Stati generali vengono definiti così, alla Verità, da una autorevole fonte del Partito democratico. Una dimostrazione di grandezza che fa a cazzotti con la quasi totale immobilità dell'azione di governo. Abbiamo sentito diversi esponenti dem, tutti di primissimo piano, e il ragionamento che emerge è che per mettere insieme due forze politiche così diverse, come Pd e M5s, c'era bisogno o di una figura forte, che fosse in grado di trascinare una maggioranza così variegata, o di una personalità che avesse il solo compito di mediare tra le diverse istanze. Conte, e lo sapeva benissimo, è stato scelto per assolvere a questa funzione: mediare e cercare un punto di equilibrio avanzato ogni volta che le forze politiche di maggioranza fossero entrate in contrasto tra loro. L'ex avvocato del popolo, però, si è montato la testa, e ha finito per convincersi di essere uno statista, anzi un grande statista. Gli Stati generali? «Ma se li facesse», aggiunge un'altra fonte dem, «il problema non è certamente questo, o meglio non è solo questo. Il discorso è di carattere generale: se tu ottieni qualche risultato nell'azione di governo, anche piccolo, e cerchi di farlo passare per una grande impresa dal punto di vista comunicativo, nulla di male: fa parte del gioco. Se però tu non fai altro che accumulare problemi e questioni intricatissime senza risolverne nessuna, allora non puoi continuare ad aggiungere dossier a dossier, in un vortice propagandistico privo di ogni fondamento concreto, perché la realtà, prima o poi, ti presenterà il conto». L'elenco delle questioni irrisolte è lunghissimo: Ilva, Mes, Alitalia, la vendita all'Egitto di due fregate, autostrade, scuola per non parlare delle conseguenze sull'economia del coronavirus.La crisi economica incombe, l'autunno che sta per arrivare non si prevede caldo, ma incandescente. C'è bisogno di agire, di lavorare: essere e non apparire. L'esatto contrario della strategia messa in campo da Conte. Ma allora, che si fa? Conte salta? «No, non salta, anche perché non abbiamo nessuna intenzione di ritrovarci Luigi Di Maio a Palazzo Chigi, ma deve iniziare a darsi da fare. Meno passerelle, meno manie di grandezza», sospira alla Verità un big del Pd, «più attenzione ai problemi concreti. Se Conte ha in mente di farsi un partito? Forse sì, forse no: non lo sa neanche lui». L'autunno bollente presenterà il conto a Conte, e sarà quello il momento in cui il governo giallorosso si troverà a dover sciogliere finalmente i nodi. Il partito, spifferano i muri del Nazareno, dovrà spingere Conte su questo, anche attraverso una pressione più efficace della delegazione ministeriale, a partire dal titolare dell'Economia, Roberto Gualtieri, dal quale il partito si aspetta che eserciti fino in fondo la sua funzione, anche a costo di entrare in contrasto con Conte, se necessario. Il dopo Nicola Zingaretti, intanto, è già iniziato: l'attuale segretario potrebbe essere indicato come candidato a sindaco di Roma.
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)
Giorgia Meloni ad Ancona per la campagna di Acquaroli (Ansa)
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
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