2020-05-28
Il Pd ordina ai giudici: «Attaccate Salvini». Il giorno dopo arriva la levata di scudi
Il democratico Giovanni Legnini a Luca Palamara: «Intervenite sulla Diciotti». Lui obbedisce. E il vice di Sergio Mattarella schiera subito il Csm.La chat, pubblicata dal nostro giornale, tra Luca Palamara e Paolo Auriemma su Matteo Salvini e i migranti («Ha ragione... ma ora bisogna attaccarlo») non fu la suggestione di un attimo. La Verità è in grado di rivelare che, in quei giorni caldi, era stata programmata una campagna stampa che avrebbe dovuto colpire l'allora ministro dell'Interno sul tema scottante dello sbarco della nave Diciotti a Catania. E a orchestrarla sarebbe stato il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, quel Giovanni Legnini sottosegretario di due governi a guida Pd. È la sera del 24 agosto 2018, e Legnini scrive questo messaggio al consigliere Palamara: «Luca, domani dobbiamo dire qualcosa sulla nota vicenda della nave. So che non ti sei sentito con Valerio (il consigliere del Csm in quota Area, Valerio Fracassi, ndr). Ai (Autonomia e indipendenza, ndr) ha già fatto un comunicato, Area (la corrente di sinistra delle toghe, ndr) è d'accordo a prendere un'iniziativa Galoppi idem (il consigliere del Csm Claudio Galoppi, ndr). Senti loro e fammi sapere domattina». Palamara risponde: «Ok, anche io sono pronto. Ti chiamo più tardi e ti aggiorno». Legnini insiste: «Sì, ma domattina dovete produrre una nota, qualcosa insomma». Esattamente un minuto dopo, il pm sott'inchiesta a Perugia per una presunta corruzione scrive a Fracassi: «Hai parlato con Gio (Giovanni Legnini, ndr)?... che dici, che vogliamo fare?». I due si danno appuntamento all'indomani. A metà mattinata, sul cellulare di Palamara arriva questo Whatsapp: «Dobbiamo sbrigarci! Ho già preparato una bozza di richiesta. Prima di parlarne agli altri concordiamola noi». Parte il giro di consultazioni per l'approvazione della bozza. Palamara e Fracassi concordano anche di apporre le firme «in ordine alfabetico». Tra i consiglieri da coinvolgere, manca Maria Rosaria San Giorgio. Palamara è però deciso a licenziare subito la nota, e consiglia a Fracassi di muoversi: «Non mi risponde, vai avanti». Nel pomeriggio del 25 agosto agenzie di stampa e giornali online, primo tra tutti Repubblica, battono la notizia che quattro consiglieri di Palazzo dei Marescialli (Valerio Fracassi, Claudio Galoppi, Aldo Morgigni e Palamara, appunto) chiedono che il caso migranti sia inserito all'ordine del giorno del primo plenum del Csm. «Le vicende relative al trattenimento a bordo della nave Diciotti hanno fatto registrare interventi di esponenti del mondo politico e delle istituzioni, anche in relazione agli accertamenti giurisdizionali in corso. La verifica del rispetto delle norme è doverosa nell'interesse delle istituzioni», scrivono nel documento. «Gli interventi a cui abbiamo assistito, per provenienza, toni e contenuti rischiano di incidere negativamente sul regolare esercizio degli accertamenti in corso. Riteniamo che sia necessario un intervento del Csm per tutelare l'indipendenza della magistratura e il sereno svolgimento delle attività di indagine». Immediatamente, Legnini li accontenta dichiarando in un successivo comunicato che l'istanza sarà trattata nel primo comitato di presidenza perché la condivide nel merito. E aggiungendo: «Il nostro obiettivo è esclusivamente quello di garantire l'indipendenza della magistratura e il sereno svolgimento delle indagini e di ogni attività giudiziaria, senza invadere il campo di valutazioni e decisioni che spettano al potere esecutivo e a quello giudiziario». L'invasione di campo, invece, c'è ed è impossibile non notarla: Legnini è stato sottosegretario all'Economia nel governo Renzi e ancor prima sottosegretario alla presidenza del Consiglio con Enrico Letta premier. Quando gestiva la delega all'editoria e intratteneva rapporti con tutto il bel mondo della stampa progressista. Relazioni che gli torneranno utili proprio per cercare di «orientare» a favore di Palamara gli articoli del quotidiano Repubblica sull'inchiesta di Perugia («Ho rapporti al massimo livello ma… dimmi tu riflettici un attimo se vuoi… se no fallo tu direttamente va bene lo stesso…», dice in un'intercettazione). Dalla poltrona apparentemente neutrale di vicepresidente del Csm, l'attuale commissario per la ricostruzione in Abruzzo ha quindi bersagliato con l'artiglieria pesante un avversario politico già in difficoltà per l'apertura di un fascicolo ad Agrigento per sequestro di persona, arresto illegale e abuso d'ufficio, e lo ha fatto servendosi di magistrati vicini al centrosinistra. Un accerchiamento che, come abbiamo raccontato, non convince alla fine nemmeno le stesse toghe se il procuratore di Viterbo, Paolo Auriemma, proprio la sera del 25 agosto scrive a Palamara: «Mi dispiace dover dire che non vedo veramente dove Salvini stia sbagliando. Illegittimamente si cerca di entrare in Italia e il ministro dell'Interno interviene perché questo non avvenga. E non capisco cosa c'entri la Procura di Agrigento. Questo dal punto di vista tecnico al di là del lato politico. Tienilo per te, ma sbaglio?». Rincarando subito dopo: «Comunque è una cazzata atroce attaccarlo adesso perché tutti la pensano come lui, tutti... E tutti pensano che ha fatto benissimo a bloccare i migranti che avrebbero dovuto portare di nuovo da dove erano partiti...». Il magistrato laziale aggiunge infine: «Per altro ha ragione Fuzio (l'ex procuratore generale della Cassazione Riccardo Fuzio, indagato per rivelazione di segreto a Perugia, ndr). Se la frase è esclusivamente questa dove sono le interferenze?». Palamara è però irremovibile: bisogna comunque «attaccare» il leader del Carroccio. E allora, il suo interlocutore sbotta: «Indagato per non aver permesso l'ingresso a soggetti invasori. Siamo indifendibili. Indifendibili».