
Mentre il Parlamento discute la proposta di Claudio Borghi, i dem presentano una mozione «per escludere azioni che riducano la disponibilità di risorse auree per far scendere debito pubblico e deficit o sostenere interventi».Già bollato come uno dei più sintetici disegni di legge della Repubblica, la proposta 1.064 promossa dal presidente della commissione Bilancio della Camera Claudio Borghi ha dato la stura a una raffica di mozioni e controproposte alternative da far venire il mal di testa. Il cuore della proposta di Borghi ricalca l'impostazione regolamentare che è stata data in Francia a proposito dell'oro depositato in Banque de France: «La Banca d'Italia gestisce e detiene, a esclusivo titolo di deposito, le riserve auree, rimanendo impregiudicata la proprietà dello Stato italiano di dette riserve, comprese quelle detenute all'estero».Parole che del resto già nel 2014 il governatore Ignazio Visco in un'audizione parlamentare presieduta da Daniele Capezzone confermava in pieno: «Di chi è l'oro? È una domanda che sentiamo ripetere spesso. L'oro è nel bilancio della Banca d'Italia del popolo italiano ed è una garanzia fondamentale per il Paese». Ma allora non bolliva una proposta di legge che mettesse nero su bianco questa ovvietà. Né si era ancora sentita, alcune settimane fa, la risposta dell'allora direttore generale di Via Nazionale, Salvatore Rossi: «Sull'aspetto giuridico formale di chi sia la proprietà dell'oro si pronuncerà la Banca centrale europea a cui abbiamo ceduto la sovranità quando è stato creato l'euro».Lo scorso 21 febbraio si mette poi apparentemente al fianco di Borghi il senatore Andrea de Bertoldi di Fratelli d'Italia, con un'interrogazione scritta al presidente del Consiglio Giuseppe Conte in cui chiede cosa intenda fare in merito alla possibile nazionalizzazione di Banca d'Italia che - pur essendo un istituto di diritto pubblico - risulta costituito sotto forma di società per azioni posseduta da banche. Intesa e Unicredit hanno infatti oltre il 30%, mentre la rimanente parte risulta suddivisa fra altri 122 fra istituti di credito e casse previdenziali. Quote di proprietà irrilevanti in termini di governance dell'istituto e di diritti alla distribuzione degli utili, essendo Via Nazionale nelle mani del Tesoro, il cui ultimo dividendo sugli utili della Banca centrale è stato pari a 5,7 miliardi contro i 340 milioni riconosciuti agli azionisti privati.La mozione di de Bertoldi non trova il favore leghista e appesantisce inutilmente i lavori della commissione Finanze. Nel bilancio dell'istituto di via Nazionale figurano anche le passività relative al sistema Target 2 per quasi 480 miliardi di euro. Una posta contabile meramente rappresentativa di tutti i deflussi netti di capitale che nel corso degli anni si sono registrati nel nostro Paese. Il sistema di regolamento europeo funziona infatti sostanzialmente così: qualora un cittadino italiano acquisti un'autovettura tedesca, vede addebitare il suo conto corrente a fronte del contestuale accredito del conto della casa costruttrice presso la propria banca commerciale tedesca. La materiale realizzazione di questi movimenti avviene contabilizzando un saldo passivo di Banca d'Italia verso la Bce, con un contestuale saldo attivo della Bundesbank sempre verso l'istituto guidato da Mario Draghi.Non sono ovviamente poste creditorie e debitorie che si sommano o si sottraggono ai debiti nazionali a seconda del segno (e nel nostro caso sarebbe un aggravio), altrimenti si avrebbe la paradossale situazione in cui le importazioni nette italiane verrebbero di fatto pagate due volte. Ma in Germania, come candidamente ammesso dall'economista tedesco Daniel Gros in una puntata di Agorà su Rai 3, vi è ancora qualche furbo che intende mettere mani sull'oro di Banca d'Italia (la quarta riserva aurea al mondo dopo quelle di Usa, Germania e Fmi) a garanzia di questa posta contabile nell'erronea convinzione che questo sia un debito. Poiché al momento di un'eventuale implosione dell'Eurozona verrebbe messo sul tavolo di un'ipotetica trattativa il modo di regolare e chiudere i saldi Target 2, si vuole evitare che il possesso del capitale di Banca d'Italia da parte del Tesoro ingeneri nel governante di turno l'idea di dover garantire un debito apparentemente reale ma sostanzialmente inesistente con quanto di più reale esista: l'oro. A Borghi e a chi condivide la proposta di legge da lui sottoscritta interessa ribadire il principio che il popolo è proprietario dell'oro, detenuto e gestito dalla Banca centrale non in quanto proprietaria ma come depositaria. Stesso intento del senatore Alberto Bagnai (Lega), che con la mozione 1-00104 impegna un ambiguo Conte «ad adottare le iniziative opportune al fine di acquisire, anche attraverso la Banca d'Italia, le notizie relative alla consistenza e allo stato di conservazione delle riserve auree ancora detenute all'estero e le modalità per l'eventuale loro rimpatrio, oltre che le relative tempistiche». Richiesta necessaria, dal momento che oltre la metà delle nostre tonnellate d'oro sono depositate a Washington e, in misura inferiore, in Gran Bretagna e Svizzera. A inquinare il dibattito parlamentare si è però inserita la mozione 1-00100 presentata da 16 senatori del Pd capeggiati da Luciano D'Alfonso, che chiedono al governo di impegnarsi «a escludere l'adozione di qualsiasi intervento volto a ridurre la disponibilità di risorse auree detenute dalla Banca d'Italia per iniziative volte a ridurre il debito pubblico, il deficit o per sostenere interventi, i cui costi di sistema sarebbero superiori ai benefici attesi». Tutte cose di cui la proposta Borghi non tratta. Ma evidentemente il Pd avverte l'esigenza di scrivere e ribadire che le riserve auree sono di una Banca centrale e non del popolo italiano. Ancora meglio se quella Banca ha sede a Francoforte anziché a Roma.
Ansa
Si usa il caso polacco per stabilire che pure lo Stato che esclude le unioni arcobaleno deve accettare le trascrizioni dall’estero.
I signori Kuprik Trojan, due uomini polacchi che si erano sposati in Germania e si erano visti respingere la trascrizione del loro matrimonio in Polonia, hanno ottenuto dalla Corte di Giustizia europea una sentenza che può segnare un punto fondamentale a favore del matrimonio gay in tutta Europa. Per i giudici di Strasburgo, anche se le norme di un Paese non prevedono l’unione tra persone dello stesso sesso, questo stesso Paese non può opporsi alla trascrizione dell’atto estero perché questo andrebbe contro la libera circolazione delle persone nell’Ue, il loro pieno diritto di stabilirsi e vivere dove vogliono, e di mantenere «una vita familiare consolidata».
2025-11-26
Riccardo Szumski: «Chiesi a Schillaci di aprire ambulatori per i danneggiati. Non ha mai risposto»
Riccardo Szumski (Ansa)
Il neoeletto consigliere: «Penso in dialetto poi traduco in italiano. Senza di noi l’astensionismo sarebbe stato ancora più ampio».
Ha ottenuto due seggi in Regione Veneto presentandosi come leader di un «movimento per cittadini liberi». I suoi, più che slogan, sono stati appelli a ritrovare l’orgoglio perduto: «Non cerchiamo voti: cerchiamo coscienze sveglie». Però di voti Riccardo Szumski ne ha ottenuti davvero tanti, 96.474. Oltre il 5,13% delle preferenze.
Classe 1952, nato in Argentina da genitori emigrati (papà ufficiale polacco e mamma insegnante trevigiana), medico di base e per anni sindaco del Comune di Santa Lucia di Piave, dove ha sempre vissuto dal 1955, Szumski è riuscito a spezzare a suo favore un astensionismo pesante pure in Veneto, dove solo il 44,65% degli aventi diritto si è recato alle urne.
«Resistere Veneto nasce da una ferita, ma anche da un’urgenza: dire basta», ha chiarito. Quali sono state le parole chiave per farsi eleggere?
Il ministro Roccella sul caso dei “bambini del bosco”: togliere tre figli ai genitori è un atto estremo che richiede pericoli reali, non dubbi educativi. La socializzazione conta, ma non più della famiglia. Servono trasparenza, criteri chiari e meno sospetto verso i genitori.
Riccardo Szumski (Ansa)
Quasi 100.000 voti all’outsider provano che serve un riparatorio atto di onestà dello Stato.
Senza ombra di dubbio, i 203.000 voti di preferenza ottenuti da Luca Zaia alle elezioni regionali in Veneto sono un grande successo politico, oltre che personale. Ma che dire allora dei quasi 100.000 (96.474, per la precisione) ottenuti da Riccardo Szumski nella stessa competizione? Il leghista è il presidente uscente di una Regione che ha governato per 15 anni, ex ministro, volto tv notissimo e con un partito nazionale alle spalle. Il medico nel mirino dell’Ordine (ha fatto ricorso contro la radiazione) è, anzi era, sconosciuto alla quasi totalità degli italiani, ex sindaco di Santa Lucia di Piave, un paese di neppure 10.000 abitanti. Eppure ha preso una valanga di preferenze ed è riuscito a conquistare ben due seggi in consiglio regionale con la sua lista Resistere Veneto.






