2020-05-09
Il mistero degli audio difettosi: c’è Pignatone
Giuseppe Pignatone (Ansa)
Il trojan nello smartphone di Luca Palamara ha fatto cilecca alla cena per l'ex procuratore del 7 maggio 2019.Ci mancavano le registrazioni fantasma. Nello smartphone del pm Luca Palamara tra il 3 maggio e il 31 maggio 2019 ha operato un trojan, una microspia digitale, che avrebbe dovuto intercettare ogni movimento del magistrato sotto inchiesta. In realtà molte captazioni risultano incomplete o non si trovano proprio. Per esempio, il 7 maggio 2019 Palamara ha partecipato alla cena di addio dell'ex procuratore di Roma Giuseppe Pignatone e di quella serata ad alta densità di magistrati non risulta traccia nel deposito finale. E pensare che all'evento, che si svolse nelle sale della caserma Salvo d'Acquisto dei carabinieri, erano presenti quasi tutte le meglio toghe della Capitale. Per esempio, in rappresentanza del Csm, c'erano il procuratore aggiunto Giuseppe Cascini e il gip Marco Mancinetti, unico giudice presente.Ma la cosa davvero incredibile è che agli atti non sia depositata nemmeno un'intercettazione dei coindagati di Palamara, in primis quelle dell'avvocato Piero Amara, un faccendiere con una rete di conoscenze che arrivava sino a Palazzo Chigi: di questo strano legale che ha patteggiato due condanne per corruzione in atti giudiziari, i finanzieri hanno contato in un mese solo 169 chiamate ai «congiunti». E di queste non ne è stata trascritta nemmeno una, essendo ritenute irrilevanti. Peccato che, invece, gli investigatori abbiano ritenuto d'interesse le chiacchierate di Palamara con i figli minorenni, conversazioni in cui il pm doveva occuparsi di fare da paciere nelle baruffe di due adolescenti.Ma se di Palamara interessavano anche le questioni familiari, perché di Amara no? E soprattutto, se l'avvocato aveva mangiato la foglia e non diceva nulla di notevole al telefono, perché allora gli inquirenti non gli hanno inoculato il trojan? Gli investigatori sostengono di non esserci riusciti.A tutto ciò bisogna aggiungere le intercettazioni rese inutilizzabili da buchi e fruscii. Senza contare le trascrizioni fantasiose in cui Pignatone diventa «carabinieroni», Perugia si tramuta in «Torino», «persona giusta» in «politico» e via dicendo.Che qualcosa con le registrazioni non sia andato per il verso giusto è confermato dalla relazione richiesta dai pm alla Rcs, la ditta incaricata delle captazioni, un documento con cui l'azienda ha dovuto motivare interruzioni e silenzi nelle bobine.I tecnici hanno spiegato che i dialoghi vengono registrati dall'«agente spyware» a blocchi di cinque minuti (chunk) e che tra l'uno e l'altro ci sono uno o due secondi di interruzione. Quindi ogni registrazione ha un certo numero di chunk che corrispondono a dei numeri «progressivi». Ma alla Rcs non sanno giustificare i problemi: «Sono state programmate 180 registrazioni che hanno generato 3.500 progressivi […]. Non è possibile risalire alle cause che hanno generato le interruzioni». Quindi il trojan è selettivo (si attiva a comando) e quando registra è fallibile.La Guardia di finanza che ha gestito la trascrizione ha precisato che «l'indicazione “privo di fonia"» nel sunto di alcune intercettazioni vuol dire che «il sistema ha rilevato un progressivo, ma non risultano registrazioni audio». Stesso discorso per la segnalazione «no audio». Ci sono poi alcuni file catalogati come «rumori» dove si sentono «passi e tintinnio di chiavi». Ma la realtà è che fruscii e disturbi coprono anche conversazioni rilevanti come quella tra Palamara e l'ex pg della Cassazione Riccardo Fuzio.Risuonano, invece, quasi sempre cristalline le parole di Cosimo Ferri, parlamentare della Repubblica, la cui privacy è tutelata dall'articolo 68 della Costituzione.Infine nelle carte depositate all'esito delle indagini non c'è traccia della maggior parte dei messaggi Whatsapp estratti dal cellulare di Palamara. Sono stati allegati agli atti quelli riguardanti il rifacimento di un chiosco in spiaggia in Sardegna, la ristrutturazione della casa di Adele Attisani, amica e coindagata del pm, e quelli con il vicequestore Renato Panvino che vanno a ritroso sino al 2017. E tutti gli altri? In quale cassetto sono finiti? Come sa bene chi conosce Palamara, il magistrato scambiava messaggi con centinaia di colleghi, di argomento professionale e non.A partire dal 7 gennaio avevamo raccontato che il sostituto procuratore romano, in un'intercettazione del 16 maggio 2019, aveva ricordato al collega Luigi Spina che il consigliere del Csm Mancinetti, quello della cena con Pignatone, si sarebbe rivolto a lui per avere una spintarella per il figlio nel superamento di un test d'ingresso a Medicina. Nel nostro articolo avevamo fatto riferimento a un Whatsapp con il numero di matricola del giovane aspirante medico.Mancinetti, dopo aver definito «fatti non rispondenti al vero» quelli da noi descritti, il 17 gennaio è andato, però, a caccia dei messaggini con Palamara per poter «esercitare azione civile di risarcimento dei danni». A tale scopo ha chiesto alla pm il «rilascio di copie» della «chat Whatsapp intercorsa tra la propria utenza telefonica e quella in uso al dottor Palamara, dal settembre 2017 al 2 ottobre 2017, nonché dei messaggi sms». Non basta. Mancinetti ha domandato pure «il rilascio delle altre comunicazioni Whatsapp e sms intercorse sull'utenza del dottor Palamara nei mesi di settembre e ottobre 2017». Da notare la sensibilità giuridica del giudice consigliere che voleva leggere tutti i messaggi, ricevuti e inviati a chicchessia, del collega, compresi quelli destinati a parenti e amici, in una fase, tra l'altro, di segreto istruttorio.Ovviamente la Miliani ha concesso a Mancinetti solo la porzione di conversazione («sostanzialmente di ridotta rilevanza probatoria») in cui Palamara fa riferimento ai fatti raccontati dalla Verità, ma non gli ha consegnato le chat perché in quel momento erano «oggetto di valutazione» e pertanto occorreva «mantenere il segreto istruttorio sul contenuto». Era il 18 gennaio 2020. Quattro mesi dopo, con il deposito degli atti, quelle conversazioni sono rimaste «segrete».
(Ansa)
L'ad di Cassa Depositi e Prestiti: «Intesa con Confindustria per far crescere le imprese italiane, anche le più piccole e anche all'estero». Presentato il roadshow per illustrare le opportunità di sostegno.
Carlo Nordio, Matteo Piantedosi, Alfredo Mantovano (Ansa)