2021-01-24
Il Milan crolla ma l’Inter si impaluda. I rossoneri sono campioni d’inverno
A San Siro l'Atalanta strapazza 3-0 Ibra e compagni. La Dea sfoggia bel gioco e un Josip Ilicic tornato immarcabile. Antonio Conte manca l'aggancio in vetta: nel diluvio di Udine finisce 0-0, il mister litiga con l'arbitro e viene espulso. Campione d'inverno? L'Atalanta e pensiamo alla prossima. Fra le milanesi l'unica a sfilare sontuosa è la squadra bergamasca, tre gol alla capolista a San Siro e tutti a casa, mentre l'Inter si incarta in Friuli (0-0) in una trasferta storicamente ostica. Alla fine del surreale tressette a perdere, detto anche «ciapanò», è il Milan a chiudere in testa con due punti sull'Inter (43 e 41) un girone d'andata luminoso, quasi spettacolare, se non fosse sporcato da due dolorosi ko post-natalizi. Passi quello con la Juventus ma a fare male davvero è questo, tre sberle ricevute in faccia dalla banda di Gian Piero Gasperini tornata ad avere la corsa da ghepardo e il ruggito da leone.Città Alta è stupenda, ma non ci interessano gli spot turistici. Solo per dire che le mura di Bergamo si chiamano Venete e difendono solo verso Milano, la nemica che i muratori bergamaschi sono orgogliosi di avere costruito nei secoli. E allora, quando all'orizzonte compare San Siro, parte il grido di guerra del popolo orobico: «Adess adoss». Se la squadra è in giornata, non ce n'è. In questo sabato di chiacchiere e zucchero a velo lo è, in giornata, e il Milan non la prende mai. Giusto così, non si poteva pretendere un filotto completo, anche se la legnata mostra problemi invisibili solo un mese fa: la squadra di Stefano Pioli appare stanca, sulle fasce Theo Hernandez e Davide Calabria non dominano più, in mezzo si sente la mancanza di un regista di ruolo e di peso, e Zlatan Ibrahimovic improvvisamente si guarda allo specchio e scopre le rughe degli anta in arrivo. Benissimo ha fatto Paolo Maldini a concretizzare un mercato importante perché di gente come Soualiho Meïté, Fikayo Tomori e Mario Mandzukic (ieri 20 minuti di campo) il Diavolo ha terribilmente bisogno. Comunque è campione d'inverno. Comunque è lassù per la prima volta da 10 anni. Comunque tutti gli altri stanno in fila dietro il Milan, per quel che vale adesso. Comunque da un decennio le due squadre milanesi non si giocavano così da vicino il campionato; sembra un paradosso nella metropoli intristita dal lockdown light, un gigante depresso incapace di rialzare la testa. E invece è una realtà, si gioca per vincere un trofeo. C'è solo da aggiungere che negli ultimi 10 campionati, le sette volte in cui la Juventus era prima alla boa ha vinto lo scudetto, le due in cui davanti c'era il Napoli, il Napoli lo ha perso. Dato scaramantico finale: l'ultimo tricolore milanista (2011) coincide con un titolo d'inverno. Il resto è nelle stelle e in una volata da qui a maggio negli stadi vuoti, aggrappati ai tamponi e a un calcio mai visto.Poi c'è la partita, quindi c'è solo l'Atalanta, che nel primo tempo va in vantaggio con un colpo di testa di Cristian Romero (difesa milanista superdistratta) e fa capire allo staff rossonero che ad alti livelli l'uomo e la palla devono correre il doppio. La coppia Meïté-Kessié va calibrata meglio, subisce ripartenze sanguinose anche perché Sandro Tonali in interdizione è ancora pigro. Nella ripresa si attende il ritorno di Ibra, invece domina Josip Ilicic e arrivano altri due siluri, il primo su rigore e il secondo con una giocata di Duvan Zapata. A questo punto il Milan è scomparso da tempo. Aiutato da un'Inter di nuovo evanescente a conservare la meritata rendita di posizione. A Udine la squadra che fin qui ha segnato più gol in Europa (45) dopo il Bayern Monaco, fa due soli tiri in porta in un tempo e dopo un minuto rischia di subirne uno assurdo: Alessandro Bastoni si addormenta sugli allori del lancio da 40 metri contro la Juventus e regala il pallone a Kevin Lasagna, che ronfa più di lui. È un'Inter lenta, svogliata e si ritrova di fronte la tipologia di squadra più difficile: chiusa, tignosa, con ottima gamba e due giocatori di personalità come Rodrigo De Paul e Jens Stryger-Larsen, per niente rattrappiti alla Fantozzi davanti ai giganti milanesi. L'Inter riparte da un paio di certezze come Nicolò Barella e Romelu Lukaku, spina dorsale dell'intero impianto di gioco da un anno. Ma al Friuli i supporti non sembrano ispirati. Ashraf Hakimi si prende una pausa, litiga con il pallone, sbaglia tutte le scelte, non tira mai, sembra ringiovanito di tre mesi e per i compagni non è un bel vedere. Lautaro Martinez è invece in modalità Sciupone l'argentino, come gli capita troppo spesso. Dopo un miglioramento significativo in tutti i fondamentali, gli resta questo limite, che per una punta non è del tutto marginale. Lautaro avrebbe una palla gol gigantesca dopo 22 minuti per un errore della difesa bianconera, ma si fa parare il tiro da Juan Musso con un tuffo che somiglia a quello di Samir Handanovic contro Federico Chiesa una settimana fa. Il portiere argentino è nel mirino proprio dell'Inter per sostituire il vecchio Handa (sembra che Ionut Radu non dia sufficienti garanzie), quindi è normale che decida di mostrare la mercanzia. Sarebbe difficile anche per lui andare a prendere un tiro al volo di Barella (28') che sfiora l'incrocio dei pali. A fine primo tempo ci si accorge che in campo c'erano anche Arturo Vidal e Ashley Young, spettatori non paganti con stupenda visuale sulla partita.Il secondo tempo vede un'Udinese timida, presto stanca, rinchiudersi anche di più. E un'Inter che non è capace di cambiare passo, di inserire quella marcia alta che aveva fatto male alla Juventus. È il difetto principale, forse strutturale, della squadra di Antonio Conte, la mancanza di continuità, la capacità di mantenere il cervello collettivo collegato su una striscia di prestazioni più che sull'exploit. Con un'aggravante che si porta a spasso come un fantasma dopo l'eliminazione di Champions: quando deve vincere non vince. La partita è da sufficienza scarsa, De Paul prova a cambiarne il destino al 66' con un gran bel tiro al volo dal limite, di poco a lato. L'assenza dalle sue parti di Vidal, che continua il suo sonno del giusto, induce il tecnico dell'Inter a far accomodare il cileno per Stefano Sensi. La reazione è sorprendente: preferiva dormire in piedi, infatti sfascia un seggiolino. Stessa sorte panchinara per Lautaro che lascia il posto ad Alexis Sanchez. Non cambia niente, quando non è giornata il destino non ti aiuta. Il finale sarebbe da sbadigli se non ci fosse l'arbitro Fabio Maresca detto il Marine a sostituire i calciatori nella parte del protagonista. Sventola cartellini gialli a caso, Conte gli grida «Sei il solito» e viene cacciato. Stessa fine per Gabriele Oriali. Se potesse, l'arbitro si ammonirebbe da solo sotto la pioggia. Meglio guardare avanti. Dopo il derby a distanza, martedì c'è quello vero di Coppa Italia, dentro o fuori. Una buona occasione per far dimenticare il sabato delle chiacchiere, che porta un Milan campione d'inverno e qualche buona notizia. Per gli altri.