2020-07-09
Il Mes si rifà il trucco ma resta una trappola
Le modifiche non cambiano la sostanza: se accederemo al fondo saremo sottoposti alla sorveglianza rafforzata dell'Europa. Anzi, le novità spazzano via la bugia secondo la quale, grazie ai finanziamenti, potremo riformare tutto il sistema sanitario.Nei giorni in cui il premier Giuseppe Conte peregrina per le capitali europee nell'intento, peraltro lodevole, di cercare una piattaforma comune per il negoziato in corso sul Recovery fund (con il Mes convitato di pietra), i documenti ufficiali che circolano tra Parlamento europeo e Commissione confermano i peggiori sospetti sul fatto che il Mes sia un cavallo di Troia.Infatti basta andare a scavare in un apparentemente oscuro regolamento delegato (877/2013), la cui modifica a opera della Commissione Ue è passata giovedì scorso per la commissione Affari economici dell'Europarlamento, per svelare il grande bluff del Mes «privo di condizioni».Facciamo un passo indietro e partiamo dal 7 maggio scorso, quando i commissari Valdis Dombrovskis e Paolo Gentiloni garantirono, con una letterina di due pagine e mezza all'Eurogruppo, che la Commissione avrebbe di fatto disapplicato buona parte dei suoi poteri di monitoraggio nell'ambito della sorveglianza rafforzata prevista a carico dei Paesi che avessero fatto ricorso al prestito del Mes.Ma, siccome il diavolo della complessa costruzione normativa che parte dall'articolo 136(3) del trattato per il funzionamento dell'Ue passa dal trattato del Mes e termina con i regolamenti del two pack (472/473) necessita di numerosi coperchi, qualcosa è rimasto scoperto.La Commissione è stata infatti costretta a cambiare le tabelle del regolamento 877, inizialmente previste per tenere sotto stretto controllo il bilancio dello Stato che beneficia del prestito del Mes. Ora questo «attento monitoraggio» previsto dall'articolo 10 del regolamento 473 prevede la compilazione di una nuova tabella informativa su base trimestrale che, nel solo caso della linea di credito Pandemic crisis support (Pcs), sostituisce le precedenti tabelle. Un aspetto tutto sommato secondario che poteva ben essere gestito - disapplicando quest'ultima norma assieme a tutte le altre del regolamento 472 - dalla lettera del 7/5. Invece no. La necessità di modificare il regolamento delegato assesta al castello di carte del Mes un duplice colpo:1 comunicare le spese con cadenza trimestrale fino al momento dell'erogazione dei fondi, ribadendo che trattasi solo di costi diretti e indiretti di cura, prevenzione e assistenza sanitaria, oltre a parte dei costi complessivi del sistema sanitario attribuibili al contrasto alla pandemia, significa sgombrare il campo dai progetti fantasiosi di potenziamento del sistema sanitario che prevedevano spese per nulla connesse con il Covid-19. Quindi questa condizione di accesso al Mes si rivela essere molto più stringente di come in molti l'hanno superficialmente intesa. Inoltre quell'obbligo di informativa vige proprio per verificare che ci siano spese finanziabili all'interno del perimetro definito e quindi si possano ricevere i fondi. 2 La malizia di quella lettera è una pistola fumante. Si ritiene infatti necessario emendare un regolamento per un aspetto piuttosto secondario come una tabella di rendicontazione e invece si ritiene sufficiente una letterina per invocare la «non applicazione» dell'articolo 3 commi 3, 4 e 7 (proprio quest'ultimo comma conferisce al Consiglio il potere di «raccomandare allo Stato membro di adottare misure correttive precauzionali o di predisporre un progetto di programma di aggiustamento macroeconomico»), dell'articolo 6 (valutazione della sostenibilità del debito), dell'articolo 7 (programma di aggiustamento macro) e dell'articolo 14 del regolamento 472 (sorveglianza post programma). Roba da far saltare sulla sedia i giuristi che abbiamo interpellato sul tema. Perché non hanno emendato anche quegli articoli? Perché non potevano, in quanto sarebbe stato manifestamente illegittimo e in contrasto con la volontà dei trattati. La Commissione si è quindi limitata a fare quanto consentito: cambiare quel poco che poteva e lasciare tutto il resto, cioè la parte più rilevante, all'equivalente giuridico di una pacca sulla spalla. Il regolamento 472/2013 è rimasto intonso.La tesi dell'assenza di condizioni cade miseramente perché equivoca sul fatto che esse siano solo quelle per l'accesso alla linea di credito. È infatti corretto affermare che le condizioni di accesso, contenute nel protocollo d'intesa firmato all'atto della richiesta e nel dispositivo di assistenza finanziaria, in questo caso sono limitate alla destinazione della spesa alla finalità prima descritta. Ma non è detto che un protocollo d'intesa con quell'unica condizione regga allo scrutinio di qualche Corte. Successivamente, dal momento della richiesta (al più tardi il 31 dicembre 2022) al momento dell'erogazione dei fondi (entro i 12 mesi successivi), vige infatti la sorveglianza rafforzata - ripetiamo, affatto depotenziata da una letterina - con tanto di analisi di sostenibilità del debito e possibilità di introduzione di misure correttive. Dopo l'erogazione e fino al rimborso del 75% del debito, c'è la sorveglianza post programma con facoltà di misure correttive anche in questo caso. È questo il rischio del Mes per noi e la sua grande virtù per il blocco nordico che ci vuole al guinzaglio. È noto a tutti che il potere di condizionamento del ciclo di coordinamento del semestre europeo è ben poca cosa rispetto agli strumenti qui descritti. Ecco perché ci vogliono «offrire» il Mes: per dieci anni l'Italia sarà sotto scacco.Ora si comprende il motivo per cui quell'apparentemente innocua tabella di rendicontazione ha ricevuto il voto contrario degli eurodeputati leghisti Antonio Rinaldi, Francesca Donato e Marco Zanni e, a sorpresa, dell'eurodeputato Piernicola Pedicini del M5s, che ha dichiarato al nostro giornale che il Mes era e resta una «polpetta avvelenata», niente affatto indorata dal cambiamento di una tabella.
(Totaleu)
«Tante persone sono scontente». Lo ha dichiarato l'eurodeputato della Lega in un'intervista al Parlamento europeo di Strasburgo.