2018-12-18
Il Kosovo si arma. Tra Usa e Cina si apre il fronte dei Balcani
Pristina ha il suo esercito. Ue e Nato spiazzate, mentre Pechino e l'America corrono a mettere le mani sullo Stato: è strategico.Il Dragone mette sul piatto qualcosa come 1.000 miliardi di euro. Una cifra da spalmare su una trentina di anni per favorire un percorso di avvicinamento tra Pechino e l'Europa. Non è certo un gesto di mera amicizia, ma si chiama One belt, One road, la Via della seta. Tradotto letteralmente significa: una cintura, una strada. Dal punto di vista geopolitico la strategia cinese di unire l'Asia e l'Europa via terra riprende paro paro il percorso tracciato da Marco Polo e al tempo stesso segna la fine definitiva della guerra fredda. La caduta del muro di Berlino per i tedeschi è avvenuta il nove novembre 1989. Per i cinesi è avvenuta due anni fa, quando il loro leader, Xi Jinping, ha definito il progetto infrastrutturale da qui al 2040. Il lasso di tempo e le motivazioni dipingono il raggio d'azione del progetto e la ricaduta nel lungo tempo. Innanzitutto si evince che Russia e Cina nel lungo termine non potranno essere alleate. La Russia può espandersi solo verso le ex repubbliche sovietiche. Pechino non accetterà un'avanzata a est, perché non rinuncerà al controllo della Via della seta. Al tempo stesso, il posizionamento del Dragone in alcune aree vitali andrà a cambiare le logiche commerciali e le partnership politiche. Una di queste zone, storicamente calde, è inclusa nei Balcani. La Cina ha deciso di finanziare infrastrutture tra Kosovo, Macedonia e Serbia per una cifra che si aggira intorno ai 12 miliardi di euro. Tantissimo, visto il mercato locale e i budget dei tre Paesi. Il primo effetto sarà l'indebitamento che si sposta dall'asse Russia-Stati Uniti a quello Stati Uniti-Cina. Seconda conseguenza: la Cina ospiterà centri logistici ma anche di controllo delle tlc e di intelligence. Il Kosovo è per Pechino uno snodo vitale per controllare ed eventualmente reprimere i terroristi Uiguri che da anni si muovono tra Pristina e Banja Luka dove hanno contatti ai fini dell'addestramento. La strategia è duplice: evitare zone di radicamento che possano danneggiare i confini cinesi, e al tempo stesso aumentare le pressioni sui Balcani per avere una leva ulteriore di trattativa con l'Europa. In questo stravolgimento geopolitico andrebbe inserita la grande novità da poco approvata dal parlamento di Pristina: la creazione di un esercito kosovaro. La scelta spiazza e allontana i vertici di Bruxelles (che si sono opposti alla decisione), in primis Jean Claude Juncker, e al tempo stesso porta la sfera di competenza del piccolo Stato più lontana anche dalla Russia che dovrà riavvicinarsi alla Serbia, storico nemico di Pristina. Per bocca del segretario generale, Jens Stoltenberg, la Nato ha parlato di una «decisione avventata», ipotizzando anche un ridimensionamento della propria presenza in Kosovo. Sulla stessa linea l'Onu, che ha richiamato al rispetto della Risoluzione 1244, e l'Unione europea, che ha ribadito come il mandato delle Fsk debba essere cambiato rigorosamente in accordo con la Costituzione.La creazione di un esercito è dunque un implicito avvicinamento al player cinese: con l'addio alla Nato il Kosovo diventa una nazione neutra. La Casa Bianca, dal canto suo, ha colto immediatamente il rischio e l'opportunità. Donald Trump teme che il kosovo diventi filo cinese e quindi vuol provare a portarlo nella propria sfera d'influenza. Così gli Usa sono corsi a congratularsi con Pristina, definendo la votazione in Aula come il «normale sviluppo di uno Stato sovrano». I leader politici del micro Stato si sono trasformati in un amo al quale hanno agganciato la canna da pesca sia la Cina sia gli Stati Uniti. C'è da scommettere che i due colossi si confronteranno aspramente nei prossimi cinque anni pure nei Balcani, un'arena che non ha dazi ma potrebbe riservare molti colpi bassi.
Manifestazione a Roma di Ultima Generazione (Ansa)