2022-12-11
Il governo si fa furbo: trappola alle Ong
La decisione del ministro dell’Interno di consentire l’attracco nei porti italiani di tre navi cariche di migranti è stata vista da alcuni come un cambio di rotta rispetto alla linea di un mese fa, quando a Ocean Viking era stato negato il via libera all’approdo in Italia, costringendola a dirigersi verso Tolone, con strascichi polemici tra la Francia e il nostro Paese che ancora non si sono sopiti. «Finalmente vince il diritto», ha commentato dalle pagine della Stampa Giorgia Linardi, bionda eroina dei migranti e portavoce di Sea Watch. Secondo altri invece, il governo di Giorgia Meloni avrebbe ceduto alle pressioni, pervenute anche via Quirinale. In realtà, le cose non sono come sembrano ma semmai, dopo le contestazioni del passato che hanno portato addirittura sul banco degli imputati Matteo Salvini, e gli scontri politici più recenti, tra i quali quelli con Emmanuel Macron, l’esecutivo pare essersi fatto più furbo, deciso a non ostacolare lo sbarco, ma semmai a renderlo più complicato. O meglio: a dare del filo da torcere alle Ong.Infatti, è sufficiente dare uno sguardo ai «place of safety» scelti per la Geo Barents e per la Humanity, due delle navi autorizzate all’attracco, per rendersi conto che i porti prescelti per lo sbarco non sono i soliti. Di regola, le autorizzazioni trasmesse ai capitani delle imbarcazioni cariche di migranti prevedevano l’arrivo a Lampedusa o nei porti della Sicilia o della Calabria, ovvero le due regioni più vicine alla Libia, da cui proviene la gran parte dei profughi. Tuttavia, i circa 500 «naufraghi» raccolti in mare dalle Ong, il ministero non ha deciso di farli scendere nello scalo più vicino, ma a Salerno e a Bari. Ufficialmente, la decisione è dovuta all’indisponibilità di Lampedusa e delle cittadine più vicine, i cui centri di accoglienza registrerebbero il tutto esaurito. Ma i più scaltri sospettano che il Viminale abbia deciso di complicare la vita ai «traghettatori» di profughi. Non solo controllando i movimenti delle navi, che spesso stazionano di fronte alla Libia in attesa di un carico di migranti. Ma anche costringendo le imbarcazioni delle Ong ad allungare il tragitto e, dunque, a consumare più carburante. Più il viaggio è lungo, più la navigazione costa, si devono essere detti al ministero dell’Interno. Del resto, la Francia all’Ocean Viking non ha offerto il porto di Cannes o Saint Tropez, che certo erano più vicini, ma quello di Tolone. Dunque, non si capisce perché l’Italia non possa indirizzare i profughi per esempio verso Livorno. Tocca all’autorità italiana stabilire dove fare approdare le imbarcazioni e più la destinazione va verso Nord, più diventa poco conveniente per i bilanci delle Ong.No, il governo non ha cambiato indirizzo e nemmeno ha rinunciato all’idea che non debba essere solo l’Italia ad accollarsi i migranti. Semmai, qualcuno ha intenzione di agire con maggiore furbizia, studiando meglio le rotte battute dalle Ong, scoprendo magari irregolarità che portino al sequestro in via amministrativa delle navi. Insomma, altro che trionfo del diritto degli extracomunitari di sbarcare dove vogliono, come spiega l’eroina dei salvataggi marittimi; ma quale conversione del governo sulla via di Tripoli. Semplicemente, la strategia dell’esecutivo mira a fare in modo che l’Italia per le Ong non sia più il porto preferito, e nemmeno il più conveniente. Tradotto: urge complicare la vita ai traghettatori di migranti. Più saranno gli ostacoli (magari con sequestri amministrativi) e meno saranno gli sbarchi. Dunque, al lavoro.