
L’Autorità per la concorrenza apre un procedimento istruttorio nei confronti di Meta per l’installazione generalizzata e non richiesta dell’Intelligenza artificiale sull’app di messaggistica. Sotto accusa la posizione dominante, ma esiste anche un problema di privacy.«Attualmente, non è possibile eliminare completamente Meta Ai da Whatsapp, ma gli utenti possono semplicemente ignorare la funzione o non utilizzarla». È davvero intelligente (e liberale) l’intelligenza artificiale che a fine marzo Meta ha installato sul telefono di 35 milioni di italiani dall’oggi al domani, senza chiedere il consenso degli utenti. Ieri l’Autorità garante della concorrenza ha aperto un’istruttoria nei confronti del gigante tech di Mark Zuckerberg per abuso di posizione dominante. Sotto accusa è finita proprio la decisione di pre-installare per tutti gli utenti un servizio di intelligenza artificiale proprietario, Meta Ai, direttamente sull’applicazione di messaggistica. Interrogata ancora sul punto, Meta AI garantisce: «Meta ha dichiarato di collaborare pienamente con l’Autorità italiana garante della concorrenza». La risposta fornita dall’Ia su se stessa cita peraltro un sito di informazione del tutto minore.La sorpresa, non gradita a tutti, era arrivata una mattina di fine marzo. Ad aprire la striscia di ricerca in testa alla prima schermata di Whatsapp, quella comunemente usata per cercare un amico, si leggeva sullo sfondo grigio «Chiedi a Meta Ai o cerca». E se si digitava il nome di una persona, per esempio «Giovanna», sotto comparivano (e compaiono) tutte le chat con contatti che si chiamano Giovanna. Fin qui nulla di strano. Se però, dopo aver digitato quel nome sulla stringa di ricerca, si clicca sulla freccina bianca in campo verde a destra, si entra nel magico mondo di Meta Ai, con il suo cerchietto colorato, e arriva la domanda artificiale in chat: «Ciao Giovanna, come posso aiutarti oggi?». Basta inserire il proprio vero nome e partono le presentazioni, con Meta AI che si mette a nostra disposizione. Le chiediamo «dov’è finita Giovanna, la ragazza con cui ho preso l’aperitivo ieri sera», e ci viene suggerito di offrire qualche dato in più. Mettiamo un cognome, ed esce il curriculum di un’architetta milanese che lavora nel campo del design. È ovvio che se si è disperati (per la scomparsa di Giovanna) o si ha molto tempo libero e ci si vuole divertire un po’, Meta AI va benissimo. Il problema è che non tutti hanno apprezzato il regalino. E ora, dopo quattro mesi, arriva anche l’Antitrust, che nel suo comunicato critica il modus operandi sulla piattaforma di messaggi: «In questo modo Meta potrebbe “imporre” ai propri utenti l’utilizzo dei propri servizi di chatbot e assistenza AI». Il rischio è che gli utenti possano diventare come dei prigionieri, «che dipendono da Meta AI anche perché tale servizio, utilizzando le informazioni fornite nel tempo, sarebbe in grado di dare risposte sempre più utili e rilevanti».In sostanza, tornando all’esempio di cui sopra, rispetto a un’altra Ia, quella su Whatsapp sarà più rapida, perché quando le chiederemo notizie di Giovanna, sa già che è la ragazza dell’aperitivo. E se le avremo spiegato, all’epoca, che però fa l’idraulico, avrà corretto l’errore sulla professione. In realtà, però, questo vale anche per altre intelligenze artificiali, come pure per tanti motori di ricerca che memorizzano le nostre domande. Il tema centrale, insomma, al momento sembra legato al consenso dell’utente della chat: nessuno glielo ha chiesto all’epoca e nessuno sa come disinstallare Meta Ai da Whatsapp. Meta ha risposto alle indagini non solo promettendo collaborazione, ma puntualizzando che «offrire accesso gratuito alle nostre funzionalità di intelligenza artificiale su Whatsapp dà a milioni di italiani la possibilità di scegliere di usare l’Ia in un ambiente che già conoscono, di cui si fidano e che comprendono». Insomma, si farebbe leva su un misto di pigrizia e attaccamento alla piattaforma, ma si fa anche notare che c’è un tema «fiducia». Fiducia non solo nella bontà delle risposte, ma nella riservatezza delle domande. E in effetti una delle prime preoccupazioni degli utenti dovrebbe essere la privacy. A meno che si sia così attenti da interrogare l’Ai in termini generici e impersonali, il rischio è di inserire dati personali sensibili come possono essere quelli sanitari o finanziari, magari presi da una qualche angoscia. E se l’applicazione di Ia immagazzina dati su un cloud pubblico, è chiaro che questi non sono completamente blindati. In ogni caso, l’Antitrust si muove in un’ottica diversa e con l’indagine aperta su Meta in Italia si chiede se questa sia in grado, con quell’escamotage partorito a fine marzo, di condurre come un gregge la propria base di utenza nel nuovo campo dell’Ia, senza una concorrenza basata sul valore delle varie offerte. Oggi, se un utente Whatsapp vuole usare ChatGPT, può certamente farlo, ma deve aggiungerne volontariamente il numero ai contatti e poi può sempre bloccarlo, o sbloccarlo. Se le accuse venissero confermate, Meta potrebbe essere multata anche pesantemente, oppure potrebbe vedersi imporre delle modifiche all’applicazione.
Siska De Ruysscher
La giovane fu vittima di abusi durante la scuola primaria e dai 14 anni in poi ha provato a suicidarsi diverse volte. Ora Bruxelles ha accolto la sua richiesta di eutanasia. Ma lei stessa denuncia le carenze del servizio sanitario: «Io lasciata sola con matti e tossici».
Massimo Fini (Ansa)
Il giornalista: «Bevo ancora vodka, fumo e la notte frequento bettole. Milano è diventata una città di merda. Stimo la Meloni ma non voto. Il titolo del mio coccodrillo? Fu ingenuo».
«Il delitto di via Poma» (Sky Crime)
A 35 anni dall’omicidio di Simonetta Cesaroni, la docuserie Il delitto di via Poma su Sky Crime ripercorre il caso con testimonianze e nuovi spunti d’indagine, cercando di far luce su uno dei misteri più oscuri della cronaca italiana.
Alberto Gusmeroli (Imagoeconomica)
Il deputato leghista: «Funzionerà perché abbiamo corretto gli errori passati, ora le rate sono tutte uguali e i tempi lunghi. Il Parlamento può valutare miglioramenti, ampliando la platea dei beneficiari».






