2022-02-17
Il futuro di «Urania» ebbe inizio 70 anni fa
Il primo e l'ultimo numero di «Urania»
Fondata nel 1952 da Giorgio Monicelli e diretta anche da Carlo Fruttero e Franco Lucentini, la collana di fantascienza ha ospitato scrittori come Isaac Asimov, Frederick Pohl e Robert Heinlein. E dal 1989 porta il suo nome un premio riservato ad autori italiani.Festeggia 70 anni Urania, la rivista di fantascienza per la quale il termine stesso fu coniato, aggiornando i Voyages extraordinaires di Jules Verne e gli scientific romances di Herbert George Wells.L’ebreo belga Hugo Gernsback, emigrato negli Stati Uniti, il 5 aprile 1926 mandò nelle edicole americane Amazing stories, con racconti che definì di science fiction, narrativa scientifica, per soddisfare le attese dei lettori verso le nuove tecnologie. Ne sortì un filone che dominò i dime magazines, tascabili da dieci centesimi.Un quarto di secolo dopo, in Italia science fiction fu tradotta come «fantascienza» da Giorgio Monicelli, che nel 1952 fondò due testate: Urania, dove apparivano racconti e redazionali divulgativi, e I romanzi di Urania, il cui numero uno era Le sabbie di Marte, di Arthur C. Clarke, scienziato oltre che scrittore, membro della Royal Society. Sulla sua versione del pianeta rosso non c’erano le principesse e i guerrieri di Edgar Rice Burroughs, creatore di Tarzan, bensì forme di vita davvero estranee rispetto a quelle terrestri, di grande plausibilità scientifica. Del resto, uno studio di Clarke sul periodico Wireless world nell’ottobre del 1945 anticipava il criterio della comunicazione planetaria simultanea, prefigurando una rete di satelliti immessi in orbite geostazionarie. Ne occorrevano tre, ad altitudine equatoriale di 35.000, con una velocità di 11.200 km l’ora, la stessa di rotazione della Terra. Clarke avrebbe poi scritto con Stanley Kubrik la sceneggiatura di 2001 Odissea nello spazio, il film che cambiò la cinematografia di fantascienza, trasponendola nell’ambito della riflessione su un enigma epistemologico: l’esistenza di una mente aliena dagli attributi di Dio.L’attuale editor di Urania è Franco Forte, che ne fa un’appassionata rievocazione: «Questa collana è l’unica, in tutta Mondadori, ad avere sempre avuto sul frontespizio, almeno per i suoi primi 66 anni di vita, l’indicazione “a cura di”. Dopo Monicelli, subentrò la dicitura “a cura di Carlo Fruttero”, fino a quando quest’ultimo venne affiancato da Franco Lucentini, con il quale compose il mitico duo passato alla storia come F&L».L’eclettico duo di intellettuali in 23 anni portò Urania al massimo del successo. «Non senza feroci discussioni fra gli appassionati» seguita Forte, «che non gradivano certe loro esternazioni, tra cui la celebre battuta “un disco volante non può atterrare a Lucca”, e, soprattutto, il modo in cui tagliavano, cucivano e modificavano i romanzi per farli rientrare nel loro personale concetto di narrativa popolare».A Fruttero e Lucentini, nella curatela di Urania si alternò Gianni Montanari. Poi, nel 1990, la scritta sul frontespizio dei volumi cambiò in «a cura di Giuseppe Lippi». Dice ancora Forte: «Il buon Giuseppe, scomparso nel 2018, fu l’editor di riferimento dal luglio 2011, quando arrivai in Mondadori, si fregiò di quella dicitura per 28 anni, dopodiché venne cancellata, almeno dal frontespizio, restando per qualche anno relegata nella pagina finale del colophon con i collaboratori della testata. Poi, con la scomparsa di Lippi, fu eliminata del tutto. E dunque io sono il primo, nei settant’anni di vita di Urania a curarla senza averne la celebrazione sul frontespizio». E conclude simpaticamente: «D’altra parte sono anche l’editor della testata, e il direttore responsabile, e sarebbe stato davvero ridondante appuntarmi tutte queste medaglie sul petto».Dopo Clarke, su Urania apparvero i massimi esponenti della fantascienza americana e inglese, ciascuno con le proprie specificità. Isaac Asimov, soprannominato «il buon dottore», che forte della sua laurea in chimica improntava le storie ad un rigoroso rispetto delle leggi naturali. Robert Heinlein, un ingegnere che aggiungeva all’immaginazione più sconfinata le proprie attese utopistiche, fra l’anarcoide e il conservatore. Frederick Pohl e Cyril Kornbluth, campioni delle possibili svolte sociologiche in serbo per il futuro. Nel 1989 fu bandito il Premio Urania, riservato agli autori italiani, evento salutato con gioia da coloro che non ne apprezzavano la precedente esclusione. Lo vinse il barese Vittorio Catani, scomparso nel 2020, con il romanzo Gli universi di Moras, sul tema delle realtà alternative. Dopo di lui, un’intera generazione di connazionali, tra cui Valerio Evangelisti, con la saga di Nicolas Eymerich, sospesa tra il medioevo e un domani da incubo.Urania cominciò ad uscire quando il futuro doveva ancora arrivare e prosegue ora che è qui.