2019-06-05
Giorgio Bracardi: «Il fascismo? È morto con il suo inventore»
Il celebre creatore di surreali personaggi ha compiuto 86 anni: «Romolo Catenacci faceva il verso ai gerarchi, ma certe diatribe oggi non hanno più senso. Io e Marenco tra gli autori di “Alto Gradimento", ma Renzo Arbore e Gianni Boncompagni si sono presi tutti i meriti».Metti una sera a cena, con qualche amico. Scattano gli amarcord. Adriano Panatta punge: «Se tu non fossi il pigro che sei, potremmo rifare AhiPiroso in tv, come ai tempi di La7». C'è chi ripete le gag del programma, qualcun altro evoca Renzo Arbore che lo definì, bonta sua esagerando, «un format arboriano, con tormentoni, improvvisazione e cazzeggio buoni anche in radio», tutti citano il Giorgio Bracardi della puntata finale.Presente anche il braccio destro storico di Arbore, Ugo Porcelli, Bracardi -che negli anni Sessanta si esibiva con successo nei night club della Dolce vita, dopo aver suonato in giro per il mondo - che si mise al pianoforte per eseguire un suo cavallo di battaglia: «Io sono str..., testa di ca...» (l'ho fatto riascoltare a Virgin Radio. Risultato? Telefonate e messaggi a valanga, persone che ridendo ci mandavano al diavolo perché avevano continuato a canticchiarla per il resto della giornata). È vero che sta scrivendo le sue memorie?«Ci sto lavorando per il gusto di scrivere, speriamo di trovare un editore interessato».Ricorda come la sfotteva Arbore dopo i suoi numeri in costume a Quelli della notte? Era il suo modo di chiederle «Ma lei non si vergogna?», e quindi le domandava...«Scusi Bracardi, ma lei quanti anni ha?».Cosa replicava?«Cinquantuno». Me ne toglievo uno, non per vanità ma perché foneticamente suonava più comico. Essendo passati da allora 34 anni, è facile intuire a quale veneranda età io sia arrivato. 86 anni, compiuti il 3 maggio».Da fan, non mi perdevo una puntata. Come avveniva con il radiofonico Alto Gradimento, 15 anni prima. Eravate un formidabile pacchetto di mischia: lei, Arbore, Gianni Boncompagni, Mario Marenco (questi ultimi due entrambi scomparsi). Per ascoltarvi, mi nascondevo con la radiolina, sghignazzavo da solo, rincorso da mia madre che urlava: «Smetti di ascoltare quei deficienti che fanno tutti quei versi». Il riferimento, mi scusi, era soprattutto a voi due, Marenco e lei. Avete dato vita a una ricca galleria di surreali personaggi.«Tra Mario e me credo che siano stati almeno una quarantina».Boncompagni, in un'intervista a Repubblica nel 2010 per il quarantennale del programma, vi definì «due geni della comicità illogica». Raccontò che c'era gente che andava a casa sua, Alberto Sordi, Domenico Modugno, Raffaella Carrà, solo per assistere alle sue esibizioni. «Interpretavo il pianista pazzo, mangiavo un Buondì Motta in un solo boccone, lo sputacchiavo sui presenti, suonavo, cantavo, mi alzavo, mi giravo abbassandomi i pantaloni e mostrando il sedere. Una sera Sordi dal ridere si sentì male e Raffaella lo accompagnò a sdraiarsi sul letto».Vogliamo passare in rassegna alcune delle sue maschere? Visti i tempi, non si può non partire che da lui, Romolo Catenacci, ex federale fascista che racconta improbabili retroscena della vita del Duce.«Guardi, il fascismo era Mussolini. Morto lui, il fascismo è scomparso con il suo inventore. Il resto è retaggio dei nostalgici e dei loro discendenti, e di diatribe costruite ad arte. Detto questo, le espressioni di Catenacci, “Quando c'era Lui, caro lei", “e allora giù, un sacco di mangannellate!", scandite con accento romagnolo, facevano il verso a quelle che da bambino avevo sentito dai gerarchi veri, alcuni dei quali frequentavano casa, come Dino Grandi, in seguito il regista del Gran Consiglio che il 25 luglio 1943 dimissionò il Duce. Papà Glauco era conosciuto anche perché era il gestore del Teatro Margherita, dove erano passati la bella Otero, Ettore Petrolini, Leopoldo Fregoli, Filippo Tommaso Marinetti, e si era fatto apprezzare anche un certo Aldo Fabrizi».Suo madre Edvige era soprano dilettante e anche musicista: per questo Beniamino Gigli era amico di famiglia.«Sì, ma all'insaputa di Giacomo Lauri-Volpi, un altro celebre tenore. I due erano acerrimi rivali, e quindi non venivano mai invitati insieme. Povera mamma...».Perché?«Essendo timido provocavo: lei invitava le amiche per un the, io entravo nel salone, mi scoprivo il sedere, facevo una pernacchia, e scappavo. Mia madre si vergognava da morire».Mi risulta che all'inizio Catenacci si chiamasse in realtà Castellacci, come Mario, inventore insieme a Pier Francesco Pingitore del Bagaglino che si esibiva proprio al Margherita. Castellacci era l'autore della canzone Le donne non ci vogliono più bene, inno ufficioso dei repubblichini di Salò, tra le cui fila si era arruolato come volontario.«Le risulta bene. Ci fu sommessamente chiesto di modificare il nome, come poi successe anche con il colonnello Buttiglione di Marenco, che venne promosso sul campo a generale Damigiani perché il vero Buttiglione si era adombrato».Ci fu poi il ragionier Affastellati, lasciato dalla fidanzata.«E lui, che l'aveva aspettata invano a un appuntamento, continuava a macerarsi cantilenando: “Perché non sei venutta? Bing".Max Vinella.«Frequentava la parrocchia di don Pezzotta, il suo tormentone era “Chiappala! Chiappala!", da cronista di nera chiudeva i suoi resoconti menzionando immancabilmente “una furibonda colluttazione"».Il farmacista Onorato Spadone.«Il succo delle sue diagnosi era: “L'uomo è una bestia!", e quindi via con la prescrizione di purghe messicane».Il pastore ciociaro.«Non era ciociaro, era abruzzese. Aveva perso il suo gregge che era finito nel famoso intervallo della Rai. Quindi lo reclama inveendo o enumerando: “Li peguri! Li peguri!"».Malik Maluk.«Arabo sempre in lite con i suoi datori di lavoro, che non lo pagano, e a cui rivolge la sua invettiva: “Fangala! Àssara affangala!"».Achille o chi per lui che vagava in camicia da notte alla ricerca del suo amico urlando...«“Patrocloooooo!. Le dico solo "».E poi, naturalmente, Scarpantibus.«Uccellaccio preistorico dell'inesistente deserto del Nicaragua, che portava scarponi militari senza stringhe e emetteva strani suoni . In assoluto fu il primo, non nacque con Alto Gradimento, ma fu il motivo per cui fui arruolato in corsa nel programma».Racconti.«In realtà io e mio fratello Franco (storico pianista del Maurizio Costanzo Show, morto nel 2005, ndr) eravamo andati in tournée in Spagna con i Flippers, gruppo musicale in cui c'erano i fratelli Catalano: Maurizio al contrabbasso e Massimo -che poi sarà anche lui in Quelli della notte - alla tromba; Fabrizio Zampa, che diventerà giornalista del Messaggero, alla batteria, e infine Lucio Dalla, sax, clarinetto e voce solista. La sera, quando dopo la serata tornavamo «sfranti» in albergo, non c'era volta in cui Lucio non mi dicesse che per prendere sonno doveva sentirmi fare Scarpantibus. E così puntualmente avveniva: io gracchiavo, e lui crollava addormito».Negli anni Settanta Alto Gradimento. Negli Ottanta: Quelli della notte. Anni Novanta: Striscia la notizia.«Uno dei periodi più belli in assoluto. Antonio Ricci e il suo alter ego Lorenzo Beccati, due veri galantuomini, mi sono trovato benissimo. Vestivo i panni di Lucio Smentisco, portavoce di Silvio Berlusconi, che era appena sbarcato a palazzo Chigi. Indossavo occhiali neri, facevo le corna, e usavo l'immancabile pernacchia come sfottò: “Beccate questa", ne facemmo anche un disco. Protestò il Moige, perché riteneva quelle gestualità e sonorità altamente diseducative per i ragazzi. E dire che Marcello Mastroianni e Paolo Panelli, che si ritrovavano periodicamente a cena in una trattoria per una gara in tema, in anni lontani mi invitavano come esperto di “pernacchie dirompenti"».Siamo alle comiche.«Questo è un Paese in cui se vuoi essere preso sul serio, devi prenderti molto sul serio. Io, al contrario, ho sempre pensato che una persona seria non sia sminuita dal non prendersi troppo sul serio, e che il puntare sulla risata, lo sberleffo, non faccia a cazzotti con musica, cultura, stile, buon gusto. Io non sono invidioso, sono leale, non ho mai fregato il mio prossimo e non vivo di risentimenti. Però non mi dovete pestare i calli non riconoscendomi quanto mi spetta: allora m'incazzo, perché me lo sono straguadagnato. Su questo non transigo, e sono arrivato a intentare azioni legali».Ignoravo la circostanza. Nei confronti di chi?«Per esempio di Franco Maria Ricci, che nell'Enciclopedia di Roma scrivendo di Alto Gradimento si dimenticò di menzionare Marenco e il sottoscritto come autori del programma. Per non dire d'altro, c'erano i bollettini Siae che attestavano il nostro status. Per questo fu costretto a risarcirci. Adesso vedo che anche - come si chiama?, ah sì: - Wikipedia, certifica che la trasmissione fu ideata da quattro persone, e non solo da due, come purtroppo Arbore e Boncompagni hanno lasciato intendere per anni. Sto aspettando l'esito di un'altra causa a giorni».Di Boncompagni non parliamo perché non c'è più. Di Arbore neppure, perché è un mio mito.«Su Arbore potrei dilungarmi, ma proprio perché non mi nutro di livore mi limito a constatare che -sulla base della mia esperienza- è come dottor Jekyll e Mr. Hyde. Ne esistono due: quello abile a coltivare i rapporti con la stampa, a promuovere un'immagine da gran simpatico, sempre attento al politicamente corretto. E quello privo di autoironia, intollerante nei confronti delle critiche, un gran pavone che vuole e deve essere sempre e solo adulato».Sa cosa le avrebbe replicato sul punto un'altra sua interpretazione, il professor Aurelio Ovidio Marcellini? «Chettefrega, chettefrega!».«Bisogna farsi scivolare le cose addosso, è vero. Però senza mai farsi prendere per i fondelli, pretendendo sempre un doveroso rispetto umano e professionale».
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