2022-08-05
Il dl Trasparenza vessa le aziende
Gli imprenditori dovranno fornire a tutti i dipendenti, anche già assunti, informative su ferie, contributi e permessi. L’ennesimo obbligo che fa lievitare la burocrazia.Il decreto Trasparenza, pubblicato il 29 luglio in attuazione della direttiva Ue 2019/1152, è destinato a complicare la vita degli imprenditori. Infatti, oltre a prevedere alcune prescrizioni minime relative alle condizioni di lavoro, impone da subito alle imprese specifici, gravosi e a tratti inconcepibili obblighi di informazione verso i propri dipendenti e collaboratori.In breve, oltre alle informazioni già comunemente indicate nei contratti (identità delle parti, data di inizio e tipologia del rapporto, ruolo e livello d’inquadramento, trattamento economico) dovranno essere obbligatoriamente e tempestivamente comunicate in modo «chiaro» e «trasparente» altre informazioni che normalmente sono ricavabili dalla contrattazione collettiva (nazionale e aziendale) o dalla legge quali: durata, modalità di determinazione e fruizione delle ferie e degli altri congedi retribuiti; procedura, forma e termini del preavviso in caso di recesso; condizioni per il lavoro straordinario e relativo trattamento economico; formazione dei lavoratori; parti che hanno sottoscritto i contratti collettivi applicati; enti e istituti che ricevono contributi previdenziali e assicurativi dovuti dal datore di lavoro. In aggiunta a quanto sopra, qualora le modalità di esecuzione della prestazione siano organizzate mediante l’utilizzo di «sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati», il datore di lavoro sarà tenuto a informare il lavoratore e le rappresentanze sindacali su: aspetti del rapporto di lavoro sui quali incide l’utilizzo di tali sistemi; scopi, finalità, logica e funzionamento degli stessi; misure di controllo adottate per le decisioni automatizzate; livello di robustezza e cybersicurezza dei sistemi. Insomma, non proprio un’attività agevole per le imprese, anche considerati i tempi molto stretti per adempiere: infatti, relativamente ai rapporti che iniziano a decorrere dal 13 agosto, tutte queste informazioni dovranno essere comunicate all’atto dell’assunzione o, comunque, entro i sette giorni successivi (solo per alcune informazioni c’è un mese di tempo); con riferimento, invece, ai rapporti già in essere al 1° agosto, le informazioni dovranno essere comunicate solo su richiesta scritta del lavoratore, entro i successivi 60 giorni. C’è però un vuoto normativo: non è dato capire (perché il legislatore non lo dice né lo disciplina con disposizioni transitorie) cosa accada ai rapporti di lavoro che iniziano tra il 2 e il 12 agosto: per come è scritta la norma, nessun obbligo di informativa è previsto in questi casi. È evidente che sia un errore e che, quindi, sarà necessario un intervento correttivo.Il decreto Trasparenza prevede, dunque, varie novità e richiede di adempiere in tempi strettissimi a nuovi obblighi, aggravando il lavoro di imprenditori e professionisti del settore che, in un periodo delicato come quello attuale, dovranno studiare, approfondire e applicare le nuove norme, rivedendo la contrattualistica e predisponendo chiare e specifiche informative, pena l’applicazione di sanzioni amministrative che, specie per quelle aziende che occupano molti lavoratori, potranno essere veramente impattanti dal punto di vista economico. Il legislatore, infatti, sulle sanzioni non scherza: sanzione amministrativa da 250 a 1.500 euro per ogni lavoratore interessato in caso di violazione degli obblighi informativi (in caso di utilizzo di «sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati» le sanzioni potranno essere anche più rigide).Infine, tra le prescrizioni minime relative alle condizioni di lavoro che il decreto Trasparenza prevede, quella più rilevante riguarda il cumulo di impieghi che il datore di lavoro non potrà più vietare con clausole di esclusiva spesso inserite all’interno dei contratti. Il lavoratore sarà, quindi, libero di poter svolgere contemporaneamente più lavori (purché non in concorrenza tra loro) salvo che non vi siano esigenze aziendali dettate da conflitti d’interesse, salute e sicurezza, o necessità di garantire l’integrità del servizio pubblico.