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2022-01-29
Fi si squaglia, il centrodestra va a sbattere. Ora si cerca l’intesa: «Presidente donna»
Giorgia Meloni (Ansa)
Sono riusciti a smentire perfino Charles De Gaulle. Prima di una battaglia un suo generale gli chiese cosa avrebbe fatto l’intendenza (gli addetti alle masserizie) e lui rispose: «L’intendance suivra». Qui i burocrati autoreferenziali non hanno seguito i leader, sono andati per margherite facendosi i fatti loro e mandando allo sbaraglio Maria Elisabetta Casellati (382 voti) nella Waterloo berlusconiana. Al quinto scrutinio salta tutto e si verifica puntualmente ciò che Matteo Salvini temeva (per questo non voleva andare alla conta): la prova di forza si trasforma in una prova di debolezza. E Forza Italia si risveglia partito balcanizzato.
Sono le 14.25 quando matura l’implosione degli azzurri. I grandi elettori stanno ancora votando ma una vecchia volpe come Ignazio La Russa ha già capito tutto: «Sarebbe un miracolo avere più di 400 voti per la Casellati. Gli italiani di centrodestra sono molto migliori di noi e non meritano questo centrodestra di Palazzo». Così va in cartellone l’horror show e i 71 franchi tiratori vengono trovati con la pistola fumante in mano. Arrivano da Forza Italia (40), Coraggio Italia di Giovanni Toti (20) più il pulviscolo degli ultracentristi innamorati del Pd. Il controllo è grafologico: i delegati di Fratelli d’Italia scrivono sulla scheda «Elisabetta Alberti Casellati», i forzisti «Elisabetta Casellati», i leghisti «Casellati» secco, i totiani «Alberti Casellati». E non è necessario Sherlock Holmes per capire chi ha tradito. Incrociando Toti in Transatlantico, proprio La Russa lo apostrofa masticando amaro: «Hai già espresso la tua soddisfazione per il risultato, stai festeggiando?». Subito dopo Luigi Brugnaro rilancia: «Ora non resta che Mario Draghi». Che compattezza.
Piange la presidente del Senato e ride Anna Maria Bernini, capogruppo al Senato e rivale interna, compagna del giornalista Alessandro De Angelis (Huffington Post) che davanti alla candidatura di Silvio Berlusconi tuonò: «È un atto pornografico». La variante trotzkista ha funzionato. Il Cavaliere per la prima volta vede macerie davanti a sé. Aveva intimato: «Votate Casellati compatti. La conosco da 30 anni e garantisco sul suo ruolo super partes». Flop. È impensabile che un leader capace di interpretare per 27 anni le correnti gravitazionali della politica abbia perso le redini del partito. Un parlamentare che conosce la situazione parla di «forzatura», del pessimo rapporto di Casellati con le altre signore del partito, del diverbio con Antonio Tajani perplesso. E chiude: «In questi anni si è fatta più nemici che amici». Solo dissapori interni? Conta anche la voglia di sgambetto alla destra degli ultracentristi alla Elio Vito, che sognano di costruire con Carlo Calenda e Matteo Renzi il Grande Centro; per esperienza non è mai grande e non è mai centro ma pende sempre a sinistra.
Davanti ai miserevoli niet del progressismo allo sbando, il centrodestra doveva accollarsi l’onere di fare la prima mossa. Ma la disfatta era nell’aria e a ufficializzare l’impietosa ricostruzione arrivano come coltellate le parole degli alleati. Giorgia Meloni usa la carta vetrata: «Fratelli d’Italia si conferma come partito granitico e leale. Anche la Lega tiene. Non così altri. C’è chi in questa elezione, dall’inizio ha apertamente lavorato per impedire la storica elezione di un presidente di centrodestra. Le decine di milioni di italiani che credono in noi non meritano di essere trattate così. Occorre prenderne atto».
La Lega non si scompone. «I nostri 208 voti sono andati a Casellati in blocco, siamo stati compatti. Fossero tutti così», riferiscono i colonnelli salviniani. Il numero uno è meno loquace del solito e ricomincia immediatamente a tessere la tela. «Sono deluso dalla fuga del centrosinistra dal confronto, mi piacerebbe sapere cosa sanno dire oltre che no» si limita a dichiarare riferendosi all’astensione di Pd e Movimento 5 stelle alla quinta chiamata. La mossa era necessaria per non rischiare che sulla presidente del Senato confluissero i voti grillini in libera uscita.
Nel pomeriggio, mentre va in scena l’inutile sesto scrutinio, Salvini incontra Enrico Letta, Giuseppe Conte, ipotizza «l’elezione di una presidente donna in gamba». Poi vede Mario Draghi in vista di un nuovo, possibile coinvolgimento personale. È evidente che dopo la débâcle su lady Casellati, il veto di Berlusconi sul premier non ha più valore per gli alleati. Si riparla anche di Pier Ferdinando Casini, che piace al Cavaliere. Ma il governatore lombardo Attilio Fontana è lapidario: «Io non lo voto e non credo che la Lega lo voterà». Lo sgambetto di Casellati avrà conseguenze; le voci di dentro parlano di Salvini e Meloni determinati a trattare con i dem un nome condiviso, con il peso dei 300 voti sicuri. E a mettere sul piatto una contropartita come la legge elettorale per mandare all’angolo i cespugli di alleanze ormai posticce.
Se nel centrodestra si raccolgono i cocci, nel centrosinistra brillano frammenti di bolscevismo da operetta. Per accertarsi che i parlamentari piddini consegnassero la scheda bianca senza fermarsi a scrivere, Piero De Luca (figlio dello sceriffo campano) cronometrava il loro passaggio. Siamo al servizio d’ordine. Nell’Aula in derapata poco controllata si nota stanchezza per un rito anacronistico. Un governatore di peso ammette: «Siamo come capi di bestiame nel Corral, che vengono spinti inconsapevolmente in un percorso sempre più stretto. E in fondo al percorso ci sono Mattarella o Draghi». Un muggito triste, tanto rumore per nulla.
Salvini vede Draghi, Conte e Letta: «Lavoriamo a una presidente donna»
La giornata del naufragio della candidatura di Maria Elisabetta Alberti Casellati fa registrare la possibilità che a varcare il portone del Quirinale sia un’altra donna, Elisabetta Belloni, anche se appare ormai più che probabile una riconferma di Sergio Mattarella.
Sono le 20 di ieri sera quando Matteo Salvini (che ha incontrato i leader del centrosinistra e ha parlato con Mario Draghi) - e Giuseppe Conte annunciano il solenne «Habemus Papessam»: «Sto lavorando perché ci sia una presidente donna», dice Salvini, «una donna in gamba, non faccio nomi né cognomi»; «Ho l’impressione», sottolinea Conte, «che ci sia la sensibilità di Salvini, spero di tutto il Parlamento, per la possibilità di una presidente donna, il M5s lo ha sempre detto. Ci sono almeno due figure solide e super partes».
Una di queste è certamente Elisabetta Belloni, capo dei servizi segreti italiani, già segretario generale del ministero degli Esteri. È a lei che pensano tutti, quando Conte e Salvini comunicano la clamorosa novità in diretta tv. C’è anche chi si spinge a prevede nel corso della notte una serie di incontri della Belloni con le forze politiche. Fioccano i commenti positivi, a partire da un incredibile tweet di Beppe Grillo: «Benvenuta signora Italia, ti aspettavamo da tempo». «Voteremmo la Belloni con convinzione», scrive invece il leader di Azione, Carlo Calenda, «la Cartabia ha più esperienza come garante della Costituzione. Belloni più esperienza come rapporti internazionali. Entrambe sono fuoriclasse». Il nome della Cartabia resta in campo, così come quello di Paola Severino. La Belloni però non sfonda: «Non penso che sia minimamente possibile», argomenta Matteo Renzi, votare la capo dei servizi segreti alla presidenza della Repubblica: non sta né in cielo né in terra. Se è il suo nome proporremo di non votarlo. Elisabetta Belloni è una straordinaria professionista, io la volevo ministro degli Esteri. La stimo molto, è una mia amica, è stata capo di gabinetto di Gentiloni e segretario generale della Farnesina», aggiunge Renzi, «ma oggi è il capo dei servizi segreti in carica. Indipendentemente dal nome, in una democrazia del 2022 il capo dei servizi segreti non diventa presidente della Repubblica, se non lasciando tutti gli incarichi e candidandosi di fronte ai cittadini».
Arriva il no alla Belloni di Leu: «Con tutto il rispetto per la competenza e la capacità di Elisabetta Belloni», fanno sapere fonti del partito di Roberto Speranza, «in un Paese democratico è assolutamente inopportuno che il capo dei servizi segreti diventi presidente della Repubblica. Allo stesso modo non è accettabile che la presidenza della Repubblica e la guida del governo siano affidate entrambe a personalità tecniche e non politiche». Per Forza Italia è la senatrice Licia Ronzulli a dire no alla Belloni: «Per noi non va bene». «Vorrei ricordare a tutti», frena immediatamente il senatore del Pd Andrea Marcucci, riferendosi alla Belloni, «che per volontà della direzione del Pd, tutti nomi possibili per il Quirinale dovranno essere preliminarmente valutati e votati dall’assemblea dei grandi elettori democratici. Non si possono votare candidati a scatola chiusa». Dal Nazareno fanno sapere che «sono finalmente in corso, dopo il fallimento del muro contro muro voluto dal centro destra, confronti e discussioni su alcune possibili soluzioni. Tra queste», aggiungono fonti della segreteria dem, «anche candidature femminili di assoluto valore. Ma ci vuole serietà, la cosa peggiore è continuare col metodo di questi giorni che consiste nel bruciare con improvvide fughe in avanti ogni possibilità di intesa. Per noi rimane fondamentale preservare l’unità della maggioranza di governo. Intanto invitiamo tutti a prendere atto della spinta che da due giorni e in modo trasversale in Parlamento viene a favore della riconferma del presidente Mattarella». Luigi Di Maio, come riportato dalla Verità, ha raccomandato di non lanciare in campo la Belloni senza la certezza assoluta della sua elezione.
Negli stessi istanti in cui si discute della Belloni, dall’aula di Montecitorio si alza un vero e proprio ruggito: sono ben 336 i voti che i grandi elettori che hanno partecipato al voto, tutti tranne quelli di centrodestra, assegnano a Sergio Mattarella. tanti, tantissimi, considerato che l’indicazione di Pd, M5s, Leu e Iv era quella di votare scheda bianca. Non solo: la votazione precedente, quella sulla Casellati, ha riservato 46 voti a Mattarella, tutti di centrodestra.
L’idea Belloni già traballa. Mattarella, invece, sembra la scelta dei parlamentari: «Sta salendo un moto dal basso», dice alla Verità il deputato del Pd e costituzionalista Stefano Ceccanti, da sempre vicino al Capo dello Stato, «e questi numeri sono un risultato al di là di ogni rosea previsione». Da ambienti pro-Mattarella arriva alla Verità una indiscrezione importante: nelle votazioni precedenti Enrico Letta avrebbe fatto di tutto perché i parlamentari del Pd non scrivessero sulle schede il nome di Sergio Mattarella, mentre ieri sera il segretario Dem non ha mosso un dito in questa direzione. Nel corso dello stesso incontro tra Salvini e Mario Draghi, che si è svolto nel pomeriggio, a quanto ci risulta si è parlato di una eventuale riconferma dell’attuale Capo dello Stato. La votazione di oggi, se si andrà nella direzione di una riconferma di Mattarella, sarà a questo punto decisiva. Il Presidente uscente infatti se avesse voluto davvero rinunciare avrebbe certamente proclamato ufficialmente la sua indisponibilità, quando ha visto montare l’onda in suo favore in parlamento. Restano in campo sempre le ipotesi di Draghi e Casini.
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Fallisce il blitz in Aula: furia di Fdi, Ignazio La Russa accusa Giovanni Toti. Umiliazione per il Cav, che aveva chiesto compattezza nell’urna: la fronda femminile gli liquefa il partito.Matteo Salvini vede Mario Draghi, Giuseppe Conte ed Enrico Letta: «Lavoriamo a una presidente donna». Il leghista e il capo M5s, d’accordo con i dem, aprono alla svolta «rosa»: salgono le quotazioni di Elisabetta Belloni. Beppe Grillo esulta: «Benvenuta signora Italia», ma Matteo Renzi e azzurri dicono no. E Montecitorio rilancia Sergio Mattarella.Lo speciale comprende due articoli.Sono riusciti a smentire perfino Charles De Gaulle. Prima di una battaglia un suo generale gli chiese cosa avrebbe fatto l’intendenza (gli addetti alle masserizie) e lui rispose: «L’intendance suivra». Qui i burocrati autoreferenziali non hanno seguito i leader, sono andati per margherite facendosi i fatti loro e mandando allo sbaraglio Maria Elisabetta Casellati (382 voti) nella Waterloo berlusconiana. Al quinto scrutinio salta tutto e si verifica puntualmente ciò che Matteo Salvini temeva (per questo non voleva andare alla conta): la prova di forza si trasforma in una prova di debolezza. E Forza Italia si risveglia partito balcanizzato.Sono le 14.25 quando matura l’implosione degli azzurri. I grandi elettori stanno ancora votando ma una vecchia volpe come Ignazio La Russa ha già capito tutto: «Sarebbe un miracolo avere più di 400 voti per la Casellati. Gli italiani di centrodestra sono molto migliori di noi e non meritano questo centrodestra di Palazzo». Così va in cartellone l’horror show e i 71 franchi tiratori vengono trovati con la pistola fumante in mano. Arrivano da Forza Italia (40), Coraggio Italia di Giovanni Toti (20) più il pulviscolo degli ultracentristi innamorati del Pd. Il controllo è grafologico: i delegati di Fratelli d’Italia scrivono sulla scheda «Elisabetta Alberti Casellati», i forzisti «Elisabetta Casellati», i leghisti «Casellati» secco, i totiani «Alberti Casellati». E non è necessario Sherlock Holmes per capire chi ha tradito. Incrociando Toti in Transatlantico, proprio La Russa lo apostrofa masticando amaro: «Hai già espresso la tua soddisfazione per il risultato, stai festeggiando?». Subito dopo Luigi Brugnaro rilancia: «Ora non resta che Mario Draghi». Che compattezza. Piange la presidente del Senato e ride Anna Maria Bernini, capogruppo al Senato e rivale interna, compagna del giornalista Alessandro De Angelis (Huffington Post) che davanti alla candidatura di Silvio Berlusconi tuonò: «È un atto pornografico». La variante trotzkista ha funzionato. Il Cavaliere per la prima volta vede macerie davanti a sé. Aveva intimato: «Votate Casellati compatti. La conosco da 30 anni e garantisco sul suo ruolo super partes». Flop. È impensabile che un leader capace di interpretare per 27 anni le correnti gravitazionali della politica abbia perso le redini del partito. Un parlamentare che conosce la situazione parla di «forzatura», del pessimo rapporto di Casellati con le altre signore del partito, del diverbio con Antonio Tajani perplesso. E chiude: «In questi anni si è fatta più nemici che amici». Solo dissapori interni? Conta anche la voglia di sgambetto alla destra degli ultracentristi alla Elio Vito, che sognano di costruire con Carlo Calenda e Matteo Renzi il Grande Centro; per esperienza non è mai grande e non è mai centro ma pende sempre a sinistra. Davanti ai miserevoli niet del progressismo allo sbando, il centrodestra doveva accollarsi l’onere di fare la prima mossa. Ma la disfatta era nell’aria e a ufficializzare l’impietosa ricostruzione arrivano come coltellate le parole degli alleati. Giorgia Meloni usa la carta vetrata: «Fratelli d’Italia si conferma come partito granitico e leale. Anche la Lega tiene. Non così altri. C’è chi in questa elezione, dall’inizio ha apertamente lavorato per impedire la storica elezione di un presidente di centrodestra. Le decine di milioni di italiani che credono in noi non meritano di essere trattate così. Occorre prenderne atto».La Lega non si scompone. «I nostri 208 voti sono andati a Casellati in blocco, siamo stati compatti. Fossero tutti così», riferiscono i colonnelli salviniani. Il numero uno è meno loquace del solito e ricomincia immediatamente a tessere la tela. «Sono deluso dalla fuga del centrosinistra dal confronto, mi piacerebbe sapere cosa sanno dire oltre che no» si limita a dichiarare riferendosi all’astensione di Pd e Movimento 5 stelle alla quinta chiamata. La mossa era necessaria per non rischiare che sulla presidente del Senato confluissero i voti grillini in libera uscita. Nel pomeriggio, mentre va in scena l’inutile sesto scrutinio, Salvini incontra Enrico Letta, Giuseppe Conte, ipotizza «l’elezione di una presidente donna in gamba». Poi vede Mario Draghi in vista di un nuovo, possibile coinvolgimento personale. È evidente che dopo la débâcle su lady Casellati, il veto di Berlusconi sul premier non ha più valore per gli alleati. Si riparla anche di Pier Ferdinando Casini, che piace al Cavaliere. Ma il governatore lombardo Attilio Fontana è lapidario: «Io non lo voto e non credo che la Lega lo voterà». Lo sgambetto di Casellati avrà conseguenze; le voci di dentro parlano di Salvini e Meloni determinati a trattare con i dem un nome condiviso, con il peso dei 300 voti sicuri. E a mettere sul piatto una contropartita come la legge elettorale per mandare all’angolo i cespugli di alleanze ormai posticce.Se nel centrodestra si raccolgono i cocci, nel centrosinistra brillano frammenti di bolscevismo da operetta. Per accertarsi che i parlamentari piddini consegnassero la scheda bianca senza fermarsi a scrivere, Piero De Luca (figlio dello sceriffo campano) cronometrava il loro passaggio. Siamo al servizio d’ordine. Nell’Aula in derapata poco controllata si nota stanchezza per un rito anacronistico. Un governatore di peso ammette: «Siamo come capi di bestiame nel Corral, che vengono spinti inconsapevolmente in un percorso sempre più stretto. E in fondo al percorso ci sono Mattarella o Draghi». Un muggito triste, tanto rumore per nulla. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/il-centrodestra-si-schianta-meloni-accusa-i-forzisti-qui-qualcuno-non-e-leale-2656504666.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="salvini-vede-draghi-conte-e-letta-lavoriamo-a-una-presidente-donna" data-post-id="2656504666" data-published-at="1643420586" data-use-pagination="False"> Salvini vede Draghi, Conte e Letta: «Lavoriamo a una presidente donna» La giornata del naufragio della candidatura di Maria Elisabetta Alberti Casellati fa registrare la possibilità che a varcare il portone del Quirinale sia un’altra donna, Elisabetta Belloni, anche se appare ormai più che probabile una riconferma di Sergio Mattarella. Sono le 20 di ieri sera quando Matteo Salvini (che ha incontrato i leader del centrosinistra e ha parlato con Mario Draghi) - e Giuseppe Conte annunciano il solenne «Habemus Papessam»: «Sto lavorando perché ci sia una presidente donna», dice Salvini, «una donna in gamba, non faccio nomi né cognomi»; «Ho l’impressione», sottolinea Conte, «che ci sia la sensibilità di Salvini, spero di tutto il Parlamento, per la possibilità di una presidente donna, il M5s lo ha sempre detto. Ci sono almeno due figure solide e super partes». Una di queste è certamente Elisabetta Belloni, capo dei servizi segreti italiani, già segretario generale del ministero degli Esteri. È a lei che pensano tutti, quando Conte e Salvini comunicano la clamorosa novità in diretta tv. C’è anche chi si spinge a prevede nel corso della notte una serie di incontri della Belloni con le forze politiche. Fioccano i commenti positivi, a partire da un incredibile tweet di Beppe Grillo: «Benvenuta signora Italia, ti aspettavamo da tempo». «Voteremmo la Belloni con convinzione», scrive invece il leader di Azione, Carlo Calenda, «la Cartabia ha più esperienza come garante della Costituzione. Belloni più esperienza come rapporti internazionali. Entrambe sono fuoriclasse». Il nome della Cartabia resta in campo, così come quello di Paola Severino. La Belloni però non sfonda: «Non penso che sia minimamente possibile», argomenta Matteo Renzi, votare la capo dei servizi segreti alla presidenza della Repubblica: non sta né in cielo né in terra. Se è il suo nome proporremo di non votarlo. Elisabetta Belloni è una straordinaria professionista, io la volevo ministro degli Esteri. La stimo molto, è una mia amica, è stata capo di gabinetto di Gentiloni e segretario generale della Farnesina», aggiunge Renzi, «ma oggi è il capo dei servizi segreti in carica. Indipendentemente dal nome, in una democrazia del 2022 il capo dei servizi segreti non diventa presidente della Repubblica, se non lasciando tutti gli incarichi e candidandosi di fronte ai cittadini». Arriva il no alla Belloni di Leu: «Con tutto il rispetto per la competenza e la capacità di Elisabetta Belloni», fanno sapere fonti del partito di Roberto Speranza, «in un Paese democratico è assolutamente inopportuno che il capo dei servizi segreti diventi presidente della Repubblica. Allo stesso modo non è accettabile che la presidenza della Repubblica e la guida del governo siano affidate entrambe a personalità tecniche e non politiche». Per Forza Italia è la senatrice Licia Ronzulli a dire no alla Belloni: «Per noi non va bene». «Vorrei ricordare a tutti», frena immediatamente il senatore del Pd Andrea Marcucci, riferendosi alla Belloni, «che per volontà della direzione del Pd, tutti nomi possibili per il Quirinale dovranno essere preliminarmente valutati e votati dall’assemblea dei grandi elettori democratici. Non si possono votare candidati a scatola chiusa». Dal Nazareno fanno sapere che «sono finalmente in corso, dopo il fallimento del muro contro muro voluto dal centro destra, confronti e discussioni su alcune possibili soluzioni. Tra queste», aggiungono fonti della segreteria dem, «anche candidature femminili di assoluto valore. Ma ci vuole serietà, la cosa peggiore è continuare col metodo di questi giorni che consiste nel bruciare con improvvide fughe in avanti ogni possibilità di intesa. Per noi rimane fondamentale preservare l’unità della maggioranza di governo. Intanto invitiamo tutti a prendere atto della spinta che da due giorni e in modo trasversale in Parlamento viene a favore della riconferma del presidente Mattarella». Luigi Di Maio, come riportato dalla Verità, ha raccomandato di non lanciare in campo la Belloni senza la certezza assoluta della sua elezione. Negli stessi istanti in cui si discute della Belloni, dall’aula di Montecitorio si alza un vero e proprio ruggito: sono ben 336 i voti che i grandi elettori che hanno partecipato al voto, tutti tranne quelli di centrodestra, assegnano a Sergio Mattarella. tanti, tantissimi, considerato che l’indicazione di Pd, M5s, Leu e Iv era quella di votare scheda bianca. Non solo: la votazione precedente, quella sulla Casellati, ha riservato 46 voti a Mattarella, tutti di centrodestra. L’idea Belloni già traballa. Mattarella, invece, sembra la scelta dei parlamentari: «Sta salendo un moto dal basso», dice alla Verità il deputato del Pd e costituzionalista Stefano Ceccanti, da sempre vicino al Capo dello Stato, «e questi numeri sono un risultato al di là di ogni rosea previsione». Da ambienti pro-Mattarella arriva alla Verità una indiscrezione importante: nelle votazioni precedenti Enrico Letta avrebbe fatto di tutto perché i parlamentari del Pd non scrivessero sulle schede il nome di Sergio Mattarella, mentre ieri sera il segretario Dem non ha mosso un dito in questa direzione. Nel corso dello stesso incontro tra Salvini e Mario Draghi, che si è svolto nel pomeriggio, a quanto ci risulta si è parlato di una eventuale riconferma dell’attuale Capo dello Stato. La votazione di oggi, se si andrà nella direzione di una riconferma di Mattarella, sarà a questo punto decisiva. Il Presidente uscente infatti se avesse voluto davvero rinunciare avrebbe certamente proclamato ufficialmente la sua indisponibilità, quando ha visto montare l’onda in suo favore in parlamento. Restano in campo sempre le ipotesi di Draghi e Casini.
(IStock)
Tecnologia e innovazione, poi, vanno in scena nel centro di intrattenimento multidisciplinare Area15, che ha di recente ampliato la sua offerta con nuove installazioni di realtà virtuale e aumentata, rendendo ogni visita un’esperienza immersiva e coinvolgente. Qui si può vivere il brivido di un viaggio nello spazio, partecipare a giochi interattivi o assistere a performance artistiche che uniscono arte, musica e tecnologia.
Per chi cerca un’esperienza più avventurosa, sono state inaugurate nuove attrazioni come il Flyover Las Vegas, un’attività di volo simulato che permette di sorvolare paesaggi spettacolari di tutto il mondo, e la Zero Gravity Experience, un volo parabolico che permette di provare la sensazione di assenza di gravità. L’High Roller presso il Linq Hotel è uno straordinario esempio di architettura e ingegneria moderna. Con un’altezza di 167 metri, questa meraviglia di vetro e acciaio è la ruota panoramica più alta degli Stati Uniti e la seconda più alta del mondo. Insomma, ce n’è davvero per tutti i gusti. Las Vegas, la città che non dorme mai, rappresenta da decenni uno dei poli turistici più iconici al mondo. Famosa per i suoi casinò sfavillanti, i suoi spettacoli di livello mondiale e la vita notturna sfrenata, questa città del Nevada ha saputo reinventarsi nel tempo, offrendo ai visitatori esperienze sempre nuove e coinvolgenti.
Uno degli aspetti più evidenti delle novità della città riguarda il settore alberghiero. Accanto ai famosissimi e spettacolari Caesars Palace; Circus Circus, Bellagio, Paris, The Venetian, la destinazione ha visto l’apertura di hotel di lusso e resort innovativi, capaci di attirare un pubblico sempre più eterogeneo. Tra i progetti più importanti va segnalato il Resorts World Las Vegas, un complesso di oltre 6.000 camere che combina tecnologia all’avanguardia, design sostenibile e un’offerta di intrattenimento di livello superiore. Questo resort si distingue per le sue strutture eco-compatibili, tra cui sistemi di risparmio energetico e gestione sostenibile delle risorse idriche.
D’altronde Las Vegas è nata negli anni Cinquanta dal nulla in mezzo al deserto al termine dalla «Valle della Morte» e, grazie alla monumentale diga di Hoover, è completamente autonoma dal punto di vista di acqua ed energia per tutte le luci, i neon, le insegne e la potente aria condizionata che consente di resistere anche a temperature esterne che raggiungono i cinquanta gradi.
L’attrazione più popolare della città è il Las Vegas Boulevard, comunemente noto come The Strip. Tutti i nuovi e lussuosi casinò sono costruiti su questa strada.
Nel centro della città «vecchia» degli anni Cinquanta ci sono, invece, alcuni hotel e casinò più retrò. Qui una delle attrazioni più distintive dell’area urbana è Fremont Street. Questa strada ha un enorme schermo sul soffitto dove vengono proiettate immagini di ogni tipo, e offre anche una divertente zipline, che permette di restare sospesi in aria da un’estremità all’altra della strada.
La parte di ristorazione è davvero molto variegata e va dai ristoranti gourmet a quelli etnici. Molti i piatti interessanti, nessuno a buon mercato. Ovviamente, come in tutti gli Stati Uniti, si trovano fast food a ogni angolo per chi non vole spendere troppo. Tra questi, l’ottimo e moderno Washin Patato at Fontainebleau o al Stubborn Seed at Resorts World.
Per raggiungere Las Vegas una delle combinazioni più interessanti è quella con la compagnia aerea Condor (www.condor.com/it) via Francoforte con ottimi orari di volo, coincidenze e comodità a bordo. Per maggiori informazioni sulla destinazione: www.lvcva.com.
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Bill Clinton e Jeffrey Epstein (Ansa)
Neanche a dirlo, è scoppiato uno scontro tra il Dipartimento di Giustizia e alcuni parlamentari. «La legge approvata dal Congresso e firmata dal presidente Trump era chiarissima: l’amministrazione Trump aveva 30 giorni di tempo per pubblicare tutti i file di Epstein, non solo alcuni. Non farlo equivale a violare la legge. Questo dimostra che il Dipartimento di Giustizia, Donald Trump e Pam Bondi sono determinati a nascondere la verità», ha tuonato il capogruppo dell’Asinello al Senato, Chuck Schumer, mentre il deputato dem Ro Khanna ha ventilato l’ipotesi di un impeachment contro la Bondi. Strali all’amministrazione Trump sono arrivati anche dai deputati Thomas Massie e Marjorie Taylor Greene: due dei principali critici repubblicani dell’attuale presidente americano.
«Il Dipartimento di Giustizia sta pubblicando una massiccia tranche di nuovi documenti che le amministrazioni Biden e Obama si sono rifiutate di divulgare. Il punto è questo: l’amministrazione Trump sta garantendo livelli di trasparenza che le amministrazioni precedenti non avevano mai nemmeno preso in considerazione», ha replicato il dicastero guidato dalla Bondi, per poi aggiungere: «La scadenza iniziale è stata rispettata mentre lavoriamo con diligenza per proteggere le vittime». Insomma, se per i critici di Trump la deadline di venerdì era assoluta e perentoria, il Dipartimento di Giustizia l’ha interpretata come una «scadenza iniziale». Ma non è finita qui. Ulteriori polemiche sono infatti sorte a causa del fatto che numerosi documenti pubblicati venerdì fossero pesantemente segretati: un’accusa a cui il Dipartimento di Giustizia ha replicato, sostenendo di aver voluto tutelare le vittime di Epstein.
Ma che cosa c’è di interessante nei file divulgati venerdì? Innanzitutto, tra i documenti pubblicati l’altro ieri, compare la denuncia presentata all’Fbi nel 1996 contro Epstein da una sua vittima, Maria Farmer. In secondo luogo, sono rispuntate le figure di Trump e Bill Clinton, anche se in misura differente. «Trump è appena visibile nei documenti, con le poche foto che lo ritraggono che sembrano essere di pubblico dominio da decenni. Tra queste, due in cui Trump ed Epstein posano con l’attuale first lady Melania Trump nel febbraio 2000 durante un evento nel suo resort di Mar-a-Lago», ha riferito The Hill. Svariate foto riguardano invece Bill Clinton. In particolare, una ritrae l’ex presidente dem in una piscina insieme alla socia di Epstein, Ghislaine Maxwell, e a un’altra donna dal volto oscurato. In un’altra, Clinton è in una vasca idromassaggio sempre in compagnia di una donna dall’identità celata: una donna che, secondo quanto affermato su X dal portavoce del Dipartimento di Giustizia Gates McGavick, risulterebbe una «vittima». In un’altra foto ancora, l’ex presidente dem è sul sedile di un aereo, con una ragazza che gli cinge il collo con un braccio. Clinton compare infine in foto anche con i cantanti Mick Jagger e Michael Jackson.
«La Casa Bianca non ha nascosto questi file per mesi, per poi pubblicarli a tarda notte di venerdì per proteggere Bill Clinton», ha dichiarato il portavoce di Clinton, Angel Ureña, che ha aggiunto: «Si tratta di proteggersi da ciò che verrà dopo, o da ciò che cercheranno di nascondere per sempre. Così possono pubblicare tutte le foto sgranate di oltre 20 anni che vogliono, ma non si tratta di Bill Clinton». «Persino Susie Wiles ha detto che Donald Trump si sbagliava su Bill Clinton», ha concluso. «Questa è la sua resa dei conti», ha invece dichiarato al New York Post un ex assistente di Clinton, riferendosi proprio all’ex presidente dem. «Voglio dire, se accendete la Cnn, è di questo che stanno parlando. Ho ricevuto un milione di messaggi a riguardo», ha proseguito. «La gente pensa: non posso credere che fosse in una vasca idromassaggio. Chi è quella donna lì dentro?», ha continuato, per poi aggiungere: «Voglio dire, è incredibile. È semplicemente scioccante», ha continuato. Vale la pena di sottolineare che né Trump né Clinton sono accusati di reati in riferimento al caso Epstein. Caso su cui i coniugi Clinton si sono tuttavia recentemente rifiutati di testimoniare alla Camera. Per questo, il presidente della commissione Sorveglianza della Camera stessa, il repubblicano James Comer, ha offerto loro di deporre a gennaio: in caso contrario, ha minacciato di avviare un procedimento per oltraggio al Congresso contro la coppia.
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Il Tribunale dei minori de l'Aquila. Nel riquadro, la famiglia Trevallion Birmingham (Ansa)
Un bambino è un teste fragile estremamente suggestionabile, perché è abituato al fatto che non deve contraddire un adulto, e, soprattutto se il bambino è spaventato, tende a compiacere l’adulto e a dire quello che l’adulto vuole. Ricordiamo che esiste la Carta di Noto, un protocollo di linee guida per l’ascolto del minore in caso di presunti abusi sessuali o maltrattamenti, elaborato da esperti di diverse discipline (magistrati, avvocati, psicologi, ecc.), che sono state sistematicamente disattese per esempio a Bibbiano. Un bambino deportato dalla sua famiglia è per definizione terrorizzato. Il termine corretto per i bambini tolti dalle famiglie dalle assistenti sociali è deportazione. La deportazione avviene all’improvviso, da un istante all’altro, con l’interruzione totale di tutti gli affetti, genitori, nonni, amici, eventuali animali domestici. Il deportato è privato dei suoi oggetti e del suo ambiente e con la proibizione di contatti con la sua vita precedente. Il deportato non ha nessuna padronanza della sua vita. Questo è lo schema della deportazione. Assistenti sociali possono mentire e psicologi possono avvallare queste menzogne con interrogatori suggestivi che portano i bambini a mentire. I motivi sono tre: compiacenza verso superiori o colleghi (è già successo), interesse economico (è già successo), fanatismo nell’applicare le proprie teorie: l’abuso sessuale dei padri sui bambini è diffusissimo, una famiglia non ha il diritto di vivere in un bosco, una madre povera non ha diritto ad allevare suo figlio, i bambini appartengono allo Stato, a meno che non siano rom allora appartengono al clan, un non vaccinato è un nemico del popolo oltre che della scienza e va deportato e vaccinato (è già successo).
Un’assistente sociale può mentire. E dato che la menzogna è teoricamente possibile deve essere necessario, per legge, che a qualsiasi interazione tra lo psicologo e l’assistente sociale e il bambino sia presente un avvocato di parte o un perito di parte, psicologo o altra figura scelta dalla famiglia. È necessario quindi che venga fatta immediatamente una legge che chiarisca che sia vietato una qualsiasi interazione tra il bambino e un adulto, assistente sociale, psicologo, ovviamente magistrato, dove non sia presente un perito di parte o un avvocato. Facciamo un esempio a caso. Supponiamo (siamo nell’ambito delle supposizioni, il posto fantastico dei congiuntivi e dei condizionali) che l’assistente sociale che ha dichiarato che i bambini della famiglia del Bosco sono analfabeti, oltre ad aver compiuto il crimine deontologico gravissimo della violazione di segreto professionale, abbia mentito. Certo è estremamente probabile che i figli di una famiglia con un livello culturale alto, poliglotta, la cui madre lavora in smart working siano analfabeti. È la cosa più logica che ci sia, però supponiamo per ipotesi fantastica che l’assistente sociale abbia mentito. In questo caso è evidente che i bambini non possono tornare a casa per Natale. Se i bambini tornassero a casa in tempi brevi, non sarebbe difficile fare un video dove si dimostra che scrivono benissimo, che leggono benissimo, molto meglio dei coetanei in scuole dove il 90% degli utenti sono stranieri che non sanno nemmeno l’italiano e meno che mai l’inglese, si potrebbe dimostrare che sono perfettamente in grado di farsi una doccia da soli e anche di cucinare un minestrone.
La deportazione di un bambino, coi rapporti troncati da un colpo di ascia, produce danni incalcolabili. I bambini sono stati sottratti ai loro affetti per darli in mano a una tizia talmente interessata al loro interesse che sputtana loro e la loro famiglia davanti a tutta l’Italia e per sempre (il Web non dimentica) con affermazioni (vere?) sul loro analfabetismo e sulla loro incapacità a fare una doccia. Questi bambini rischiano di essere aggrediti e sfottuti dai coetanei per questo, si è spianata la strada a renderli vittime di bullismo per decenni. Con impressionante sprezzo di qualsiasi straccio di deontologia gli operatori, tutti felici di squittire a cani e porci informazioni che dovrebbero essere assolutamente riservate (anche questi il segreto professionale e la deontologia non sanno che cosa siano), ci informano che i bambini annusano con perplessità i vestiti che profumano di pulito. I vestiti non profumano di pulito. Hanno l’odore dei pessimi detersivi industriali reclamizzati alla televisione che deve essere la fonte principale se non l’unica da cui nasce la cultura degli operatori. I loro componenti sono pessimi, non solo inquinanti, ma anche pericolosi per la salute umana a lungo termine: stesso discorso per lo sciampo e il bagno schiuma, soprattutto negli orfanatrofi di Stato, le cosiddette case famiglie, dove si comprano i prodotti meno cari, quindi quelli con i componenti peggiori.
Nessuno dei libricini su cui hanno studiato gli operatori ha spiegato che ci sono ben altri sistemi per garantire una pulizia impeccabile. In tutte le foto che li ritraggono con i genitori, ai tempi distrutti per sempre in cui erano felici, i bambini sono pulitissimi. Tra l’altro tutte queste incredibili esperte di comportamento infantile, non hanno mai sentito parlare di comportamento oppositivo? Un bambino normale, una volta deportato con arbitrio dalla sua vita e dalla sua famiglia, può spezzarsi ed essere malleabile o può resistere ed essere oppositivo. Fai la doccia. Non la voglio fare. Scrivi. Non sono capace. Il bambino oppositivo deve essere frantumato. Non ti mando a casa nemmeno per Natale.
Sia fatta una legge immediatamente. Subito. I bambini del bosco devono avere di fianco un avvocato. Noi popolo italiano, che con le nostre tasse paghiamo i servizi sociali e la deportazione dei bambini, abbiamo il diritto a pretendere che non siano soli. I bambini nel bosco passeranno un Natale da deportati. Qualcuno si sentirà in dovere di informarci che in vita loro non avevano mai mangiato un qualche dolce industriale a base di zucchero, grassi idrogenati e coloranti e che grazie alla deportazione questa lacuna è stata colmata.
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La famiglia Trevallion-Birmingham (Ansa)
È infatti una prepotenza senza significato confrontare una bomba affettiva e esistenziale come tre fratellini che giocano e si vogliono evidentemente bene, accompagnata da genitori altrettanto uniti, e naturalmente affettivi con norme e abitudini di un Paese dove il nucleo abitativo più frequente nelle città più prestigiose consiste in un cittadino singolo. Pretendere che i pochi figli superstiti in qualche «terra di nessuno», con i suoi boschi e le affettuosità (che ancora esistono fuori dalle famiglie-tipo), si uniformino ai secchi diritti e cupe abitudini del sociologico e disperato «gruppo dei pari» è un’operazione di una freddezza stalinista, per fortuna destinata allo scacco. È coltivata da burocrazie che scambiano relazioni profonde e vere, comunque indispensabili alla vita e alla sua felicità, con strumenti tecnici, adoperabili solo quando la famiglia purtroppo non c’è più, molto spesso per l’ottusità e la corruzione dello Stato stesso che le subentra (come racconta Hanna Arendt) quando è riuscito a distruggerla. Se non si vuole creare danni inguaribili, tutti, anche i funzionari dello Stato, dovrebbero fare attenzione a non sostituire gli aspetti già legati all’umano fin dalla creazione del mondo, con pratiche esterne magari infiocchettate dalle burocrazie ma che non c’entrano nulla con la sostanza dell’uomo e la sua capacità di sopravvivere.
Certo, la bimba Utopia Rose, citata nel bel pezzo di Francesco Borgonovo del 18 dicembre, è una testimone insostituibile di un’altra visione del mondo rispetto alle varie ideologie che prevalgono in questo momento, unendo ferocia e ricchezza, cinismo e follia. Impossibile di fronte ai fratellini che tanto scandalizzano le burocrazie perbene non ricordare (oltretutto a pochi giorni dal Natale) l’ordine di Gesù: «Lasciate che questi piccoli vengano a me». Nessuno dubita che entreranno nel Regno prima degli assistenti sociali. Utopia Rose, la più grande, è affettuosa e impegnata, lavoratrice e giocattolona, organizzatrice e sognatrice. Però non è sola (Come si fa a non amarla, e anche un po’ invidiarla?). Non soltanto perché ha i suoi due fratellini, e i tre quarti del pubblico fa il tifo per loro. Ma perché questa visione loro e dei genitori di cercare una vita buona e naturale, semplicemente felice e affettuosa verso sé e verso gli altri e tutto il mondo vivente, cresce con la stessa velocità con la quale si sviluppa l’idolatria verso tutto ciò che è artificiale, fabbricato, mentale, non affettivo. È già qualche anno che chi viene in analisi scopre soprattutto questo: l’urgenza di mettersi al riparo dagli egoismi e pretese grandiose, vuote e fredde, e invece amare. Ormai il fenomeno trasborda nelle cronache. Trasgressione conclusiva, dialettale e popolaresca (milanese): «Spérèm»!
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