2020-03-20
Il campionato è slittato di due mesi ma i contratti scadranno prima
La Figc propone di concludere il torneo a luglio. Un'ipotesi che crea una lunga serie di grattacapi legali e di mercato. L'avvocato Mattia Grassani: «Senza un patto tra le parti qualche giocatore se ne andrà al mare». «L'idea è di tornare in campo il 3 maggio, in modo da finire entro il 30 giugno con l'inserimento di qualche turno infrasettimanale, ma non escludo una ripartenza il 10 o il 17. In quel caso necessariamente andremo a luglio». La previsione (o l'auspicio) del presidente della Figc, Gabriele Gravina, relativa alla possibilità di portare a termine i campionati di calcio, è subordinata ovviamente all'andamento dell'epidemia: nessuno oggi può dire con certezza se a maggio, a giugno o a luglio saremo in condizione di ricominciare (anche) a giocare a pallone. In ogni caso, il mondo del calcio si interroga su vari aspetti della questione, e lo scenario di un possibile «sforamento» a luglio dei campionati comporta un problema tecnico estremamente delicato: i contratti dei calciatori scadono infatti il 30 giugno. Cosa accadrebbe, se davvero si riuscisse a far ripartire il calcio, e si dovessero disputare le ultime giornate a luglio? I calciatori in scadenza sarebbero di fatto svincolati: potrebbero, in teoria, rifiutarsi di rispondere alle convocazioni della società. Quelli in prestito, poi, con quale squadra disputerebbero le ultime giornate? Con il club di appartenenza o con quello al quale sono stati dati in prestito, considerando che la scadenza dei prestiti stessi è anch'essa fissata al 30 giugno?«Si pone un problema molto rilevante», dice alla Verità l'avvocato Mattia Grassani, esperto di diritto sportivo, «sia di composizione degli organici delle varie società che devono disputare le partite dopo il 30 giugno, sia della validità o meno dei contratti di lavoro. Se un calciatore ha il contratto che scade il 30 giugno, da un punto di vista giuslavoristico, può andarsene al mare con la famiglia. Per non parlare del prestito, che vede protagoniste tre parti: due squadre e il calciatore. Se si dovessero disputare partite a luglio, le squadre giocherebbero solo con i calciatori con contratti pluriennali? Sono nodi da sciogliere per la regolarità del campionato». Grassani fa un esempio: «Mettiamo che io sono l'Inter, sono in corsa per lo scudetto e devo disputare tre gare di campionato a luglio. Posso andare dal Barcellona e dire: mi dai Messi per 100 milioni di euro? A quel punto, potrei far giocare a Messi quelle tre partite». Cosa si può fare per risolvere questi problemi? «È allo studio», rivela Grassani, «una ipotesi che io trovo di buon senso: far sedere intorno a un tavolo Figc, le leghe di A, B e C, e le associazioni rappresentative di atleti, allenatori, direttori sportivi e preparatori atletici, e affrontare la situazione come si fa negli altri settori. Prendiamo un'azienda di costruzioni che programma la chiusura di un cantiere per il 30 giugno, ma per quella data i lavori non sono terminati. L'azienda chiama intorno a un tavolo i sindacati, e programma una proroga pattizia del rapporto di lavoro: quel contratto che sarebbe finito il 30 giugno, viene prorogato fino al termine dei lavori, nel nostro caso del campionato. In questo modo qualunque rischio di eventuali ricorsi o contestazioni sarebbe superato da questa proroga pattizia, un protocollo d'intesa tra le varie componenti sociali sottoscritto da tutti». Ci sarebbe bisogno di un via libera dall'Uefa? «L'unico atto ulteriore», spiega Grassani, «sarebbe una ratifica dell'Uefa, una semplice presa d'atto. Sarebbe l'ultimo dei problemi: se si fosse trovata un'intesa su strumenti contrattuali e negoziali, la Uefa non si metterebbe di traverso». A quel punto, protratta la validità del contratto anche per il mese di luglio, occorrerebbe corrispondere ai calciatori una mensilità in più. O forse no: «In questo periodo», sottolinea Grassani, «i calciatori non si stanno allenando,non giocano, non vanno in ritiro. Si tratta di una prestazione non resa, certamente non per colpa loro, ma neanche delle società. È un classico caso di impossibilità sopravvenuta della prestazione, che comporta una riduzione dell'emolumento. Si potrebbe quindi compensare il mese di stop con il mese in più di lavoro, ovvero luglio. Il tema si porrà: o si andrà a una riduzione degli stipendi, poiché marzo e aprile stanno passando senza allenamenti e partite. È una fattispecie non normata dall'ordinamento sportivo». Un altro problema riguarda gli allenamenti: la Lazio, per fare un esempio, ha fissato la ripresa per lunedì prossimo, 23 marzo, naturalmente evitando contatti sul campo. L'idea di Claudio Lotito fa a pugni con la razionalità: sembra veramente impossibile, in questa situazione, pensare di far allenare i biancocelesti a Formello. Cosa ne pensano i procuratori sportivi, gli agenti che curano gli interessi dei calciatori? «L'idea«, dice Antonio Ottaiano, procuratore sportivo, «di un protocollo d'intesa tra tutte le parti coinvolte è certamente giusta, perché bisogna capire se tutte le parti sono d'accordo a prolungare di un mese i contratti. Non so, in realtà, considerando la situazione attuale, se un mese sarà sufficiente. Forse tra le varie ipotesi questa è la più condivisibile, perché occorre sanare la problematica legata alle scadenze. Far slittare le scadenze di un periodo gestibile mi trova d'accordo». Nessuno può prevedere quando passerà l'emergenza, si ragiona su ipotesi: «Si fanno delle proiezioni», aggiunge Ottaiano, «credo che questo slittamento, invece che a una data, possa essere legato invece alla conclusione della stagione. Prorogare i contratti fino alla fine dei campionati, come del resto succede in tempi normali per il 30 giugno. Parliamo del mercato: mettiamo che la stagione slitti a fine luglio. Quando partirebbe il mercato? Credo che la soluzione migliore sarebbe di far coincidere la fine dei contratti e l'inizio del mercato alla fine dei campionati. L'importante è che se un accordo verrà sottoscritto dalle associazioni rappresentative, poi venga rispettato da tutti».