Vincenzo De Luca e Michele Emiliano impongono a Elly Schlein figli e seggi blindati I 5 stelle si alleano con la «filosofa» che inneggiava ai terroristi.
Vincenzo De Luca e Michele Emiliano impongono a Elly Schlein figli e seggi blindati I 5 stelle si alleano con la «filosofa» che inneggiava ai terroristi.A sinistra, ecco il gran ballo dei cacicchi. Dovevano essere accompagnati alla porta di servizio e invece sono lì al centro del salone a imporre condizioni, piazzare pargoli, candidare condannati e amici di brigatisti in vista delle Regionali. Un minuto dopo il suo arrivo al Nazareno, Elly Schlein aveva tuonato: «Abbiamo dei mali da estirpare, non vogliamo più vedere capibastone e cacicchi vari. Su questo non sono disposta a cedere di un millimetro». Giusto, infatti ha ceduto di un chilometro. Lo conferma il risultato finale delle trattative per le prossime elezioni (entro novembre) in Puglia e Campania: primi classificati, Michele Emiliano e Vincenzo De Luca. Costretti a fare un passo di lato per via del tabù del terzo mandato, il viceré salentino e quello borbonico hanno ottenuto il massimo risultato con il minimo sforzo al suk delle candidature. Dopo un’estenuante trattativa con il ciambellano del Pd Francesco Boccia, Emiliano ha incassato una contropartita lussuosa: rinuncia alla sua lista, non mette i bastoni fra le ruote ad Antonio Decaro (candidato ufficiale del centrosinistra) e in cambio avrà un seggio blindato a Roma alle prossime politiche. Morale, lady Schlein il cacicco numero uno se lo ritrova in casa. Ancora più clamoroso il baratto mediorientale all’ombra del Vesuvio: De Luca ha promesso di non scatenare una guerra di secessione solo dopo aver visto chi sarà il prossimo candidato alla segreteria regionale campana del Pd. Suo figlio Piero. Per non rischiare errori o distrazioni, sarà pure candidato unico, con «scuorno» dei fedelissimi nazarenici Sandro Ruotolo e Marco Sarracino. Così daddy cool è sereno e non prepara sgambetti, anche se ha già battezzato a modo suo Roberto Fico, candidato di tutto il centrosinistra imposto da Giuseppe Conte e accolto con passività fantozziana dalla Schlein. Fico era stato lanciato da un minuto, dopo tre anni nel più totale anonimato, che De Luca già aveva decretato: «Fermo restando che nessuno di noi pone veti personali, sarà più che legittimo e ragionevole domandarsi se è la scelta migliore quella di impegnare nel governo della Regione più difficile d’Italia un esponente politico che non ha mai amministrato nulla». Poi, per ammortizzare la mazzata: «Non ostacolerò in nulla la realizzazione di una coalizione progressista, ma non rinuncio alla ragione critica». E neppure a stroncare altre scelte del partito. «È pura ipocrisia quella del Pd sul terzo mandato, visto che Matteo Ricci (designato nelle Marche) è candidato per il quinto: due mandati da sindaco, uno da europarlamentare e adesso alla Regione per i prossimi dieci anni. La linea della doppiezza».Se in Campania tutto si consuma con i temporali di De Luca senior (ciò che conta è aver piazzato De Luca junior), in Puglia la faccenda non è ancora chiusa perché Decaro ha individuato un altro dente cariato da estirpare oltre a Emiliano: il redivivo Nichi Vendola. Il nonno green lanciato da Alleanza Verdi Sinistra è una mina vagante, rischia di tenere lontano il voto moderato e cattolico, gli imprenditori progressisti, insomma tutti coloro che a suo tempo avevano esultato al prepensionamento dell’ultrà arcobaleno. Decaro sa che spostare il baricentro troppo a sinistra significa far scappare gli elettori ed è arrivato a minacciare invano l’aut aut, o lui o io. Missione fallita, negli ultimi sei mesi Vendola ha percorso in lungo e in largo il Tavoliere per presentare il suo ultimo libro «Sacro Queer» e non ha alcuna intenzione di fermarsi ai box. «Decaro stia calmo, io rispondo solo alla mia comunità politica», ha detto. E il leader dei Verdi, Angelo Bonelli, ieri ha rincarato la dose: «Quello che sta accadendo in Puglia è surreale. Abbiamo un candidato presidente, Antonio Decaro, al quale confermiamo la nostra stima, che però si arroga il diritto di porre veti sui candidati di altre forze politiche. Questo è irricevibile». Dipende dalla contropartita. I toni pastello da suk mediorientale si allungano anche verso la Calabria dove il candidato unitario del campo larghissimo (va dai calendiani a Rifondazione comunista), il grillino Pasquale Tridico, ha lo stesso problema del vecchio Pci di Giancarlo Pajetta: nessun rivale a sinistra. Si vota il 5 e 6 ottobre, lui sperava di veder sparire Mimmo Lucano e invece se lo ritrova in modalità Vendola: sarà candidato di Avs, capolista a Reggio Calabria e a Cosenza. Accanto all’ex sindaco di Riace, ha ufficializzato il suo soccorso rosso Donatella Di Cesare, la filosofa mediatica dell’Università La Sapienza resa famosa dall’addio commosso un anno e mezzo fa alla terrorista Barbara Balzerani, implicata nel sequestro e omicidio di Aldo Moro («La tua rivoluzione è stata anche la mia, compagna Luna»).L’attivista e la prof col pugno chiuso serviranno al partito di Bonelli e Fratoianni a tentare di superare lo sbarramento del 4%. E all’iper-legalitario Conte, che si ritrova in coalizione un condannato in via definita e un’amica dichiarata della pasionaria delle Br, ad arrivare alle elezioni con la gastrite.
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