2020-06-02
Il 39% dei giovani vuole indossare la divisa
Mentre il Covid realizza i desideri dei pacifisti, facendo annullare la parata militare sui Fori imperiali, i ragazzi vanno controcorrente Il futuro in polizia o nelle forze armate attira 4 studenti su 10. E a generare fascino sono più i valori e la disciplina che lo stipendio. Ci voleva il coronavirus per realizzare i sogni più sfrenati degli antimilitaristi da operetta di casa nostra. Per anni irrisa e contestata persino dai rappresentanti delle istituzioni (da Fausto Bertinotti in giù), la tradizionale parata romana delle forze armate lungo i Fori imperiali non ci sarà. Il cielo della Capitale verrà attraversato dalle Frecce tricolori, e Sergio Mattarella deporrà - di nuovo in solitudine - una corona di fiori all'Altare della patria. Ma le uniformi non solcheranno le vie: l'emergenza sanitaria riesce dove l'ideologia ha sempre fallito. Di sicuro ci sarà qualcuno pronto a festeggiare. La sinistra radicale e le associazioni cosiddette «pacifiste», infatti, hanno sempre presentato la manifestazione del 2 giugno come una celebrazione delle armi e della violenza. E, più in generale, continuano a considerare la vita militare come un triste residuo di un passato oscuro. Quest'idea è entrata a far parte del senso comune, purtroppo, tanto che ormai, pena passare per fascistoni, è d'obbligo presentare l'esercito come una versione solo leggermente più adulta dei boy scout. Nel 2018, addirittura, il capo di stato maggiore della Difesa, Enzo Vecciarelli, arrivò a dichiarare che «oggi non è più necessario difendere i confini, quella che va difesa è la libertà di tutti i cittadini, di muoversi e di fare impresa». Alla luce di questo costante svilimento, appare ancora più incredibile il risultato di una ricerca realizzata dall'Osservatorio professioni in divisa del portale Skuola.net, che a dispetto del nome è uno dei più seri nell'esaminare le esigenze degli studenti. La valutazione statistica di cui stiamo parlando è stata svolta su un campione di oltre 50.000 ragazzi iscritti alle scuole di secondo grado e all'università. Ebbene: 4 studenti su 10 gradirebbero una «carriera nelle Forze armate o in Polizia». Il 39% dei ragazzi considera come «prima opzione per l'immediato futuro» la possibilità di indossare la divisa. Il dato, notano i ricercatori, segna una «crescita significativa rispetto al 2019, quando a mostrarsi interessato alla strada militare era stato circa 1 giovane su 3 (ed era la prima scelta per il 35%)». Leggendo questi numeri, la prima reazione è abbastanza scontata: viene da pensare che, vista l'incertezza riguardo al futuro, i giovani siano attratti da un posto fisso e da uno stipendio certo proveniente delle casse dello Stato. Se così fosse, sarebbe difficile biasimare gli studenti, ma le cose stanno in modo diverso. Dal sondaggio, infatti, emerge che «solamente 1 studente su 10 è interessato allo stipendio fisso o alla stabilità lavorativa garantita». E allora che cosa potrebbe spingere un italiano poco più che adolescente a desiderare di indossare un'uniforme? Per il 5% degli intervistati c'è una motivazione famigliare: hanno genitori o parenti che già lavorano nell'Esercito o in Polizia. Ma l'aspetto più interessante dell'intera ricerca riguarda il resto del campione. Sentite qua: «Tra i ragazzi che vorrebbero provare a entrare in una delle varie Forze in divisa, 1 su 4 lo farebbe soprattutto perché spinto dall'importanza dei valori di cui ci si fa portatori, mentre il 17% per il tipo di lavoro svolto, al servizio della gente. [...] Nel complesso, il 70% della Generazione Z dimostra di avere un atteggiamento positivo nei confronti delle Forze Armate e di Polizia». E non è finita, perché c'è un ulteriore passaggio ancora più stupefacente, che mostra che cosa pensino i giovani della fatica connaturata alla vita militare. «Più di 8 studenti su 10», dice il sondaggio, «sono consapevoli che non c'è alternativa: la formazione militare è dura e bisogna sottostare all'autorità dei superiori; sapendo già che non faranno sconti (solo il 17% spera nella loro comprensione). Anzi, la sensazione è che le aspiranti “divise" la immaginino addirittura più provante di quello che effettivamente è». Questi numeri hanno dell'incredibile, ma se ci si riflette un momento sono più comprensibili. È stato il celebre sociologo Richard Sennett a scrivere che «il bisogno di autorità è primario. I bambini non possono fare a meno di figure autorevoli che li guidino e li rassicurino. Gli adulti realizzano una parte essenziale di sé stessi impersonando l'autorità: è un modo di esprimere la propria responsabilità verso gli altri» Nella divisa, i ragazzi italiani sembrano cercare l'autorità perduta. Cercano, più che uno stipendio sicuro e un posto garantito, una dimensione verticale. Cercano una gerarchia, un ordine.Siamo immersi in una società che cerca scientificamente di abbattere ogni autorità, che presenta il ribellismo come l'unico atteggiamento apprezzabile, che demolisce ogni verticalità e ogni confine per far posto a una distesa liquida e orizzontale di caos, che teme la fatica fisica a meno che non serva a ottenere migliori risultati in palestra. Eppure, ecco che il «bisogno primario» torna a farsi sentire: i più giovani guardano l'uniforme e le associano valori elevati, e nobili. No, nell'esercito non cercano coercizione e violenza: per trovarle basta uscire per strada. Nella divisa i ragazzi cercano l'unica cosa di cui sono veramente privi: una vita con un senso.