2021-08-24
I timori di Mosca dopo la caduta di Kabul
True
Mosca teme che la caduta di Kabul possa rinfocolare le tensioni jihadiste nel Caucaso del Nord. La vulgata vuole che la Russia sia soddisfatta di quanto avvenuto in Afghanistan. Ora, è senza dubbio vero che Mosca guardi con un certo favore a una crisi che ha investito pesantemente Washington. E non è un caso che, durante il suo recente incontro con il cancelliere tedesco Angela Merkel, il presidente russo Vladimir Putin abbia criticato l'idea dell'esportazione della democrazia. Eppure la situazione rischia di rivelarsi ben più complicata. Non solo perché i russi conoscono bene l'Afghanistan e ne temono l'instabilità politica. Ma anche perché la caduta di Kabul rischia di avere delle spiacevoli ripercussioni indirette sullo stesso territorio della Federazione russa. A sottolineare questo pericolo è stata, la scorsa settimana, la Jamestown Foundation, secondo cui la vittoria dei talebani minaccia seriamente di destabilizzare il Caucaso settentrionale. In particolare, il think tank ha elencato una serie di pericoli concreti. In primis, si scorge un rischio di emulazione: è infatti possibile che la vittoria dei talebani spinga le sigle islamiste presenti nel Caucaso settentrionale a tentativi di imitazione. In secondo luogo – ha proseguito la Jamestown Foundation – "è probabile che un gran numero di nord caucasici che si sono recati in Afghanistan per combattere per i talebani o per uno dei loro alleati (o anche per il suo presunto avversario, lo Stato islamico) ritornino nelle loro terre per cercare di promuovere il jihad lì e possibilmente aumentare le loro possibilità guadagnando denaro attraverso il traffico di droga". In terzo luogo, il think tank ha rammentato che proprio il Caucaso settentrionale continui a rivelarsi un "terreno fertile per i radicali locali". In tal senso, la stessa testata Asia News ha recentemente riportato che "molte fonti russe parlano anche di un grande attivismo insieme ai talebani degli esuli dal Caucaso settentrionale, in particolare dalla Cecenia, quindi originari della Federazione Russa […] Anche il consigliere del presidente della Cecenia per gli affari religiosi, Adam Šakhirov, ha dichiarato su Instagram che i 'maturidity-khanafity (i ceceni vicini ai talebani) sono bravi ragazzi'". D'altronde, alcune preoccupazioni sono state espresse, appena pochi giorni fa, dallo stesso Putin. Il presidente russo ha infatti detto di temere una diffusione dell'islamismo a seguito della conquista talebana, paventando pericoli anche sul fronte dei flussi migratori afghani. "I nostri partner occidentali stanno costantemente sollevando la questione di collocare i rifugiati nei Paesi dell'Asia centrale prima di ottenere i visti per gli Stati Uniti o altri Paesi" ha detto domenica. "Ma chi c'è tra questi profughi? Come possiamo saperlo?", ha aggiunto. È pur vero che le violenze islamiste siano significativamente diminuite nel Caucaso settentrionale negli scorsi anni (soprattutto a partire dal 2017). Ma è altrettanto vero che, secondo alcuni analisti, il rimpatrio dei miliziani dall'Afghanistan e l'effetto propagandistico della caduta di Kabul potrebbero fomentare delle nuove spinte insurrezionali. È quindi probabilmente anche in quest'ottica che Mosca si è mostrata propensa ad intrattenere buoni rapporti con il nuovo governo talebano. L'obiettivo di una tale mossa può infatti essere duplice. Sul fronte esterno, la Russia punta a mantenere un'influenza sull'Afghanistan in collaborazione (ma anche in sotterranea rivalità) con la Cina. Sul fronte interno, è probabile che Mosca, tendendo una mano ai talebani, miri a disinnescare eventuali nuove minacce jihadiste nel Caucaso settentrionale. Una scommessa rischiosa, su cui il Cremlino si gioca moltissimo. E infatti, nonostante la mano tesa, i dubbi di Mosca nei confronti dei talebani permangono.