2018-10-13
Migrazioni in atto. I tecnici del Mef si spostano in Cdp
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Le polemiche scatenate dall'audio di Rocco Casalino contro i dirigenti del ministero di Giovanni Tria, accrescono le tensioni dentro il dicastero. Conseguenze? Un nuovo ingresso nella comunicazione, ma anche uscite impreviste. In arrivo in via Goito Marco Laudonio, già social media manager e fedelissimo del capo di gabinetto Roberto Garofoli. A seguire Lucilla Perrone, ex segreteria del capo di gabinetto. Alta tensione tra il ministero dell'Economia e Cassa depositi e prestiti. E come al solito sono i tecnici del Mef a far discutere in via XX Settembre dove il ministro Giovanni Tria vive sempre più asserragliato. La stagione dei veleni continua dopo le parole di Rocco Casalino nell'audio intercettato dove il portavoce del presidente del Consiglio Giuseppe Conte se la prendeva con i mandarini dell'Economia. A far discutere in queste ore è l'arrivo di Marco Laudonio, social media manager del Mef, in via Goito. L'ufficio di Salvatore Sardo, capo del personale di Cdp, avrebbe accolto le richieste del capo di gabinetto di via XX Settembre, Roberto Garofoli. A quanto pare Sardo starebbe lavorando all'assunzione tempo indeterminato di Laudonio. In questo modo si blinderebbe la figura di un fedelissimo dell'entourage dell'ex presidente del Consiglio Enrico Letta, dello stesso Garofoli e dell'ex ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan. In sostanza, Laudonio - un blog sull'Huffington Post e un libro dal titolo Alfabeto Grillo non certo tenero nei confronti del fondatore dei 5 Stelle - si aggiungerebbe alla lunga schiera del gruppo Margherita, tra cui Monica Parrella in arrivo al Dag come scritto dalla Verità, che sta occupando le istituzioni nonostante il governo gialloblu di Giuseppe Conte. Per di più nel suo curriculum si legge che dal febbraio 2008 al marzo 2011 è stato coordinatore editoriale di partitodemocratico.it. Ha partecipato e seguito l'ideazione e la gestione online delle principali iniziative web del Pd. Sono tutti aspetti che hanno fatto storcere il naso ai gialloblu che vogliono impedire la nomina. Da qui le polemiche che investono Garofoli, che secondo i sempre attenti addetti ai lavori, avrebbe già sponsorizzato in Cdp la sua ex capo segreteria, ovvero Lucilla Perrone, in via Goito da ormai due anni con un ruolo di prestigio alle relazioni istituzionali come recita il suo profilo LinkedIn e la sua firma nelle email aziendali. Va detto che è ormai usanza tutta italiana quella di parcheggiare ex dirigenti del Mef in Cdp. E' già successo durante l'epoca di Franco Bassanini e Claudio Costamagna. Nel 2010 è entrato Alessandro Tonetti, cresciuto al ministero dell'Economia durante il governo di Romano Prodi nel 2006, poi scampato alle forche dell'ultimo governo Berlusconi e ora direttore Legale e Affari Societari di Cdp e consigliere di Snam. Lo stesso discorso vale per Carlo Baldocci, quasi dieci anni al ministero dell'Economia, dal 2003 al 2013, entrato in Cdp con Costamagna e ora direttore Public Affairs di Cdp e presidente di Cdp Reti. Stesso discorso ancora per Lorella Campi, già ufficio stampa del Mef, poi capo ufficio stampa della Cassa e ora in Simest. I gialloblu vorrebbero fare piazza pulita con il passato. Ma tutto si lega alle continue tensioni tra ministero dell'Economia e il Mise di Luigi Di Maio. C'è anche da dire che all'interno di via XX Settembre sono sempre più tesi i rapporti tra Renata Pavlov, una delle due portavoce di Tria, e lo stesso Garofoli. La zarina si fa sentire nelle stanze del Tesoro, mentre la nuova arrivata Adriana Cerretelli continua a far discutere per il suo ruolo nel consiglio di amministrazione di Saras, il gruppo petrolifero della famiglia Moratti.
La deposizione in mare della corona nell'esatto luogo della tragedia del 9 novembre 1971 (Esercito Italiano)
Quarantasei giovani parà della «Folgore» inghiottiti dalle acque del mar Tirreno. E con loro sei aviatori della Royal Air Force, altrettanto giovani. La sciagura aerea del 9 novembre 1971 fece così impressione che il Corriere della Sera uscì il giorno successivo con un corsivo di Dino Buzzati. Il grande giornalista e scrittore vergò alcune frasi di estrema efficacia, sconvolto da quello che fino ad oggi risulta essere il più grave incidente aereo per le Forze Armate italiane. Alle sue parole incisive e commosse lasciamo l’introduzione alla storia di una catastrofe di oltre mezzo secolo fa.
(…) Forse perché la Patria è passata di moda, anzi dà quasi fastidio a sentirla nominare e si scrive con la iniziale minuscola? E così dà fastidio la difesa della medesima Patria e tutto ciò che vi appartiene, compresi i ragazzi che indossano l’uniforme militare? (…). Buzzati lamentava la scarsa commozione degli Italiani nei confronti della morte di giovani paracadutisti, paragonandola all’eco che ebbe una tragedia del 1947 avvenuta ad Albenga in cui 43 bambini di una colonia erano morti annegati. Forti le sue parole a chiusura del pezzo: (…) Ora se ne vanno, con i sei compagni stranieri. Guardateli, se ci riuscite. Personalmente mi fanno ancora più pietà dei leggendari piccoli di Albenga. Non si disperano, non singhiozzano, non maledicono. Spalla a spalla si allontanano. Diritti, pallidi sì ma senza un tremito, a testa alta, con quel passo lieve e fermissimo che nei tempi antichi si diceva appartenesse agli eroi e che oggi sembra completamente dimenticato (…)
Non li hanno dimenticati, a oltre mezzo secolo di distanza, gli uomini della Folgore di oggi, che hanno commemorato i caduti di quella che è nota come la «tragedia della Meloria» con una cerimonia che ha coinvolto, oltre alle autorità, anche i parenti delle vittime.
La commemorazione si è conclusa con la deposizione di una corona in mare, nel punto esatto del tragico impatto, effettuata a bordo di un battello in segno di eterno ricordo e di continuità tra passato e presente.
Nelle prime ore del 9 novembre 1971, i parà del 187° Reggimento Folgore si imbarcarono sui Lockheed C-130 della Raf per partecipare ad una missione di addestramento Nato, dove avrebbero dovuto effettuare un «lancio tattico» sulla Sardegna. La tragedia si consumò poco dopo il decollo dall’aeroporto militare di Pisa-San Giusto, da dove in sequenza si stavano alzando 10 velivoli denominati convenzionalmente «Gesso». Fu uno di essi, «Gesso 5» a lanciare l’allarme dopo avere visto una fiammata sulla superficie del mare. L’aereo che lo precedeva, «Gesso 4» non rispose alla chiamata radio poiché istanti prima aveva impattato sulle acque a poca distanza dalle Secche della Meloria, circa 6 km a Nordovest di Livorno. Le operazioni di recupero dei corpi furono difficili e lunghissime, durante le quali vi fu un’altra vittima, un esperto sabotatore subacqueo del «Col Moschin», deceduto durante le operazioni. Le cause della sciagura non furono mai esattamente definite, anche se le indagini furono molto approfondite e una nave pontone di recupero rimase sul posto fino al febbraio del 1972. Si ipotizzò che l’aereo avesse colpito con la coda la superficie del mare per un errore di quota che, per le caratteristiche dell’esercitazione, doveva rimanere inizialmente molto bassa.
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