
Chi cerca qualcosa già con l’idea di quel che troverà, alla fine adatterà la realtà alle sue aspettative. È il caso di quegli psicologi e assistenti sociali che, mossi dall’ideologia, hanno convinto molti bambini di essere stati molestati dai genitori.«Chi cerca trova». La innegabile frase ha due significati. Il primo, più ovvio, è che quando hai perso qualcosa, se lo cerchi con convinzione, prima o poi lo trovi. Essendo un’esperta in caos, posso testimoniare che è quasi sempre vero. Il secondo significato è invece vero sempre: chi cerca trova e trova sempre, perché è lui che proietta quello che sta cercando. I funzionari del Kgb trovavano sempre i controrivoluzionari, i Khmer Rossi trovavano sempre i borghesi, Enrico VIII trovava sempre gli amanti delle mogli considerate infedeli: chi dispone di carnefici di qualità trova sempre quello che cerca. Si tratta quindi del principio della profezia che si auto avvera. Gli accurati ricercatori del fascismo, quelli che sono assolutamente certi di vivere in un Paese insopportabilmente fascista, vedono il saluto romano persino nel gesto obbligatorio di omaggio al tricolore con il braccio teso e alzato dei militari che sfilano il 2 giugno. La caccia al fascismo è basata sul principio isterico della legge del tutto o nulla. Perché abbia valore, qualsiasi cosa deve essere integralmente perfetta. Essere una nazione antifascista non vuol dire che non ci sia nemmeno una persona che nel suo cuore rimpiange il duce e il ventennio, esattamente come, se una nazione condanna l’omicidio, non vuol dire che non ce ne sia nemmeno uno. Il fascismo, e chi lo cerca lo trova, però è fondamentale per queste persone per giustificare la propria esistenza, non essendo state capaci di trovare un’altra linea direttiva combattendo qualcosa che è già stato vinto da altri più di mezzo secolo fa. Se il fascismo italiano è a loro insopportabile, il nazismo ucraino invece affonda nella loro totale tolleranza, per non parlare di quello palestinese. Grande tenerezza mi ispira sempre la giornalista palestinese Rula Jebreal: qualcuno dovrebbe ricordarle, mentre si slancia nella sua eterna caccia ai fascisti italiani, che il suo popolo è stato titolare insieme ai bosniaci di una divisione SS, la 13ª, la bosniaco palestinese, personalmente fondata dal Gran Mufti di Gerusalemme, e che tuttora nel popolo c’è chi continua con entusiasmo a professare il nazismo. Sia i miliziani di Hamas sia quelli di Hezbollah salutano con il braccio teso. Il leader di Hamas Fathi Hammad ha esortato a uccidere tutti gli ebrei del mondo, e un principio analogo è contenuto nello statuto dell’associazione. La signora Rula Jebreal con lodevole generosità ha lasciato il suo Paese per venire a insegnare l’antifascismo a noi. Ringraziamo commossi, ma io credo che se tornasse al Paese suo, avrebbe un bel po’ di lavoro da fare. Sono però assistenti sociali e psicologi quelli che eccellono nell’arte del cercare e trovare. Loro cercano gli abusi. Al minimo dubbio, noi leviamo il bambino, prima di sera. Sono queste le terrificanti parole di Federica Anghinolfi, la regina dei servizi sociali di Bibbiano, nella sua audizione al Senato. È sufficiente che il bambino disegni Casper, il fantasmino, che qualcuno scambia per un pene, che, prima che il sole tramonti, senza la minima indagine, senza il minimo dubbio, una famiglia venga distrutta insieme all’equilibrio della psiche di un bambino. Nelle prime 12 ore del lunghissimo periodo in cui le assistenti sociali impediscono al bambino di vedere il genitore per il suo bene, il bambino piange ininterrottamente, poi smette per rassegnazione passiva, si è spezzato. Per il suo bene è messo in una casa famiglia, che sono posti statali, con cibo statale, mobili dell’Ikea già sfondati a calci dai precedenti utenti. Se nella casa famiglia ci sono bambini più grandi e che vengono da ambienti molto pirotecnici come campi nomadi e quartieri di spaccio, il bambino subisce abusi che vanno dal bullismo all’abuso sessuale, ma ci hanno assicurato a Bibbiano che, se esercitato da un minorenne, l’abuso sessuale non vale, non fa male, non lascia segni. Chi cerca trova vale anche per gli psicologi che cercano l’abuso. Claudio Foti è un professionista del centro Hansel e Gretel di Moncalieri, specializzato nell’abuso: non suona bene, inevitabilmente non cercano la verità, ma l’abuso, della cui esistenza sono inconsciamente certi. Perché nella Bassa Modenese e a Bibbiano sono stati arruolati professionisti del Piemonte? In Emilia Romagna non hanno psicologi capaci, evidentemente, se, moltiplicando i costi, occorre farli arrivare dal Piemonte. Claudio Foti non ha la laurea in psicologia. È laureato in lettere, una laurea molto brillante, presa con 110 e lode, a un’età un po’ canonica, a 27 anni. Dopo la laurea ha cominciato a lavorare nell’ambiente della psicologia. Solo negli anni Novanta è stata strutturata in Italia la pratica della psicologia, stabilendo che era necessaria la laurea in psicologia e solo quella, ed eventualmente la successiva specializzazione in psicoterapia. Per evitare però di creare disoccupati o comunque persone infelici, lo Stato che è buono ha stabilito che coloro che già esercitavano la psicologia in qualche maniera fossero nominati psicologi anche senza laurea, e questo vuol dire che la laurea in psicologia evidentemente non ha valore, se averla o non averla è la stessa cosa. Claudio Foti è laureato in lettere, è un esperto in narrazioni. È diventato lo psicologo (anzi il non psicologo) più famoso in Italia per quanto riguarda l’abuso. È lui che ha tenuto i corsi a magistrati e assistenti sociali. Scusate, ma tra i laureati in psicologia non ce ne era nessuno più bravo o almeno altrettanto bravo? Cercare un trauma e un abuso è dannatamente pericoloso, perché chi cerca, trova. Il dialogo con chi potrebbe aver subito un abuso deve essere fatto con una correttezza e una prudenza estreme, senza mai proporre un’idea perché c’è il rischio di creare una falsa memoria. Creare una falsa memoria è facilissimo. I genitori che «dimenticano» i bambini sul sedile posteriore in realtà non li dimenticano. Hanno immaginato il momento in cui li consegneranno all’asilo, quell’immagine è diventata una falsa memoria, loro si sono convinti di aver portato all’asilo il bambino che in realtà si è addormentato sul seggiolino. Immaginate come è facile per un terapeuta incauto che fa una domanda diretta come «papà ti ha fatto del male?», o qualcosa di simile. La tecnica Emdr, una buona tecnica per la desensibilizzazione del trauma, è particolarmente pericolosa. Durante l’esecuzione della tecnica il terapeuta deve restare rigidamente in silenzio. Se parla, se propone immagini, può creare una falsa memoria che il soggetto non è più in grado di riconoscere come falsa. A Reggio Emilia le false memorie sono state oggettivizzate, qualcuno (uno psicologo? Un assistente sociale?) ha modificato il disegno di un bambino, raffigurante un adulto e appunto un bambino, così da simulare il disegno di un’aggressione. Foti piace tanto perché rappresenta la tendenza europea. Nella Comunità europea l’odio contro la famiglia è totale: la definizione di famiglia è semplicemente «luogo dove il bambino è protetto». In Germania esiste l’istituzione dello Jugendamt, che costituisce il terzo genitore, infinitamente più importante dei primi due. Non è un ufficio di protezione della gioventù, ma l’ufficio del controllo statale totale. Inoltre i tedeschi non hanno veramente mai abbandonato il concetto di essere la razza superiore. I genitori non tedeschi, per esempio italiani, di bambini nati in Germania hanno torto a prescindere, in quanto non tedeschi, e sono costretti a cedere i loro figli alla struttura tedesca, con l’incredibile complicità dei giudici italiani che stanno avallando questo scempio. L’imperdibile libro di Marinella Colombo Non vi lascerò soli è importantissimo perché spiega quello che sarà anche il destino dell’Italia se non combattiamo per fermare questa deriva.
La poetessa russa Anna Achmatova. Nel riquadro il libro di Paolo Nori Non è colpa dello specchio se le facce sono storte (Getty Images)
Nel suo ultimo libro Paolo Nori, le cui lezioni su Dostoevskij furono oggetto di una grottesca polemica, esalta i grandi della letteratura: se hanno sconfitto la censura sovietica, figuriamoci i ridicoli epigoni di casa nostra.
Obbligazionario incerto a ottobre. La Fed taglia il costo del denaro ma congela il Quantitative Tightening. Offerta di debito e rendimenti reali elevati spingono gli operatori a privilegiare il medio e il breve termine.
Alice ed Ellen Kessler nel 1965 (Getty Images)
Invece di cultura e bellezza, la Rai di quegli anni ha promosso spettacoli ammiccanti, mediocrità e modelli ipersessualizzati.
Il principe saudita Mohammad bin Salman Al Sa'ud e il presidente americano Donald Trump (Getty)
Il progetto del corridoio fra India, Medio Oriente ed Europa e il patto difensivo con il Pakistan entrano nel dossier sulla normalizzazione con Israele, mentre Donald Trump valuta gli effetti su cooperazione militare e stabilità regionale.
Le trattative in corso tra Stati Uniti e Arabia Saudita sulla possibile normalizzazione dei rapporti con Israele si inseriscono in un quadro più ampio che comprende evoluzioni infrastrutturali, commerciali e di sicurezza nel Medio Oriente. Un elemento centrale è l’Imec, ossia il corridoio economico India-Medio Oriente-Europa, presentato nel 2023 come iniziativa multinazionale finalizzata a migliorare i collegamenti logistici tra Asia meridionale, Penisola Arabica ed Europa. Per Riyad, il progetto rientra nella strategia di trasformazione economica legata a Vision 2030 e punta a ridurre la dipendenza dalle rotte commerciali tradizionali del Golfo, potenziando collegamenti ferroviari, marittimi e digitali con nuove aree di scambio.
La piena operatività del corridoio presuppone relazioni diplomatiche regolari tra Arabia Saudita e Israele, dato che uno dei tratti principali dovrebbe passare attraverso porti e nodi logistici israeliani, con integrazione nelle reti di trasporto verso il Mediterraneo. Fonti statunitensi e saudite hanno più volte collegato la normalizzazione alle discussioni in corso con Washington sulla cooperazione militare e sulle garanzie di sicurezza richieste dal Regno, che punta a formalizzare un trattato difensivo bilaterale con gli Stati Uniti.
Nel 2024, tuttavia, Riyad ha firmato in parallelo un accordo di difesa reciproca con il Pakistan, consolidando una cooperazione storicamente basata su forniture militari, addestramento e supporto politico. Il patto prevede assistenza in caso di attacco esterno a una delle due parti. I governi dei due Paesi lo hanno descritto come evoluzione naturale di rapporti già consolidati. Nella pratica, però, l’intesa introduce un nuovo elemento in un contesto regionale dove Washington punta a costruire una struttura di sicurezza coordinata che includa Israele.
Il Pakistan resta un attore complesso sul piano politico e strategico. Negli ultimi decenni ha adottato una postura militare autonoma, caratterizzata da un uso esteso di deterrenza nucleare, operazioni coperte e gestione diretta di dossier di sicurezza nella regione. Inoltre, mantiene legami economici e tecnologici rilevanti con la Cina. Per gli Stati Uniti e Israele, questa variabile solleva interrogativi sulla condivisione di tecnologie avanzate con un Paese che, pur indirettamente, potrebbe avere punti di contatto con Islamabad attraverso il patto saudita.
A ciò si aggiunge il quadro interno pakistano, in cui la questione israelo-palestinese occupa un ruolo centrale nel dibattito politico e nell’opinione pubblica. Secondo analisti regionali, un eventuale accordo saudita-israeliano potrebbe generare pressioni su Islamabad affinché chieda rassicurazioni al partner saudita o adotti posizioni più assertive nei forum internazionali. In questo scenario, l’esistenza del patto di difesa apre la possibilità che il suo richiamo possa essere utilizzato sul piano diplomatico o mediatico in momenti di tensione.
La clausola di assistenza reciproca solleva inoltre un punto tecnico discusso tra osservatori e funzionari occidentali: l’eventualità che un’azione ostile verso Israele proveniente da gruppi attivi in Pakistan o da reticolati non statali possa essere interpretata come causa di attivazione della clausola, coinvolgendo formalmente l’Arabia Saudita in una crisi alla quale potrebbe non avere interesse a partecipare. Analoga preoccupazione riguarda la possibilità che operazioni segrete o azioni militari mirate possano essere considerate da Islamabad come aggressioni esterne. Da parte saudita, funzionari vicini al dossier hanno segnalato la volontà di evitare automatismi che possano compromettere i negoziati con Washington.
Sulle relazioni saudita-statunitensi, la gestione dell’intesa con il Pakistan rappresenta quindi un fattore da chiarire nei colloqui in corso. Washington ha indicato come priorità la creazione di un quadro di cooperazione militare prevedibile, in linea con i suoi interessi regionali e con le esigenze di tutela di Israele. Dirigenti israeliani, da parte loro, hanno riportato riserve soprattutto in relazione alle prospettive di trasferimenti tecnologici avanzati, tra cui sistemi di difesa aerea e centrali per la sorveglianza delle rotte commerciali del Mediterraneo.
Riyadh considera la normalizzazione con Israele parte di un pacchetto più ampio, che comprende garanzie di sicurezza da parte statunitense e un ruolo definito nel nuovo assetto economico regionale. Il governo saudita mantiene l’obiettivo di presentare il riconoscimento di Israele come passo inserito in un quadro di stabilizzazione complessiva del Medio Oriente, con benefici economici e infrastrutturali per più Paesi coinvolti. Tuttavia, la gestione del rapporto con il Pakistan richiede una definizione più precisa delle implicazioni operative del patto di difesa, alla luce del nuovo equilibrio a cui Stati Uniti e Arabia Saudita stanno lavorando.
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