
Nel 2019 uscirà la serie in otto puntate ispirata alla biografia buonista dell'americano Walter Isaacson. Costo previsto: 30 milioni.Se pensate a Leonardo Da Vinci, qual è la prima parola che vi viene in mente? Piccolo indizio: inizia con la g. Ma, no, non è genio: è gay. Certo, perché per raccontare al meglio la figura di di uno dei più grandi artisti che il mondo abbia mai conosciuto bisogna senza dubbio cominciare dal suo orientamento sessuale. Almeno è cosi che la pensano i vertici della tv di Stato italiana. La Rai, infatti, ha deciso di realizzare una ambiziosa fiction in otto puntate intitolata Leonardo. Eleonora Andreatta, direttore di Rai fiction, ne ha anticipato in esclusiva i dettagli alla rivista americana Variety, e ha colto l'occasione per svelare la vera essenza del personaggio: «Leonardo era un uomo geniale ma molto complesso, un vero outsider per quei tempi», ha detto. «Era un figlio illegittimo, gay, vegetariano e mancino. Si entrerà in quell'anima contorta attraverso Caterina, una sua modella che svelerà il vero carattere del maestro della Gioconda. Con sguardo di donna si capirà meglio quanto ha inciso nel percorso artistico e umano il suo essere diverso dagli altri». Certo: gay, vegetariano e mancino. Eccovi servito il Leonardo ribelle e controcorrente, il paladino delle minoranze e dei diritti degli esclusi. Del resto, questo è il ritratto che ne offre Walter Isaacson, autore del libro (Leonardo Da Vinci, pubblicato da Mondadori nel 2017) a cui la fiction si ispira. Isaacson, ex amministratore delegato della Cnn e dell'Aspen institute (uno che frequenta gli ambienti che contano, dunque), è noto ai più per essere stato l'agiografo di Steve Jobs. La sua impostazione è la più mainstream e politicamente corretta disponibile sul mercato. In una intervista rilasciata a Repubblica un anno fa, Isaacson ha pronunciato parole praticamente identiche a quelle usate dalla Andreatta. «Il mio Leonardo è un outsider: figlio illegittimo, gay, vegetariano», ha ribadito. «Una incarnazione del motto di Jobs: “Think different!". Con Steve ho cenato più e più volte, di Leonardo ho frequentato gli appunti: una miriade. E posso dire che tra le due personalità noto molte somiglianze: erano entrambi perfezionisti, mettevano in discussione la società e andavano contro le convenzioni, avevano una curiosità avida e ossessiva, volevano spingersi oltre i limiti dell'immaginabile». Che retorica noiosa. Jobs come Leonardo, entrambi geni contro le convenzioni, dei veri ribelli. Detto da uno che ha frequentato per decenni tutti i salotti del potere Usa, per altro, fa abbastanza ridere. Però queste sono le fonti a cui la Rai ha deciso di abbeverarsi, perché così va il mondo, perché questo impone la moda. La serie sarà allestita da Frank Spotnitz, già al lavoro sulla renzianissima I Medici, e da Steve Thompson, sceneggiatore di Sherlock per la Bbc. Dovrebbe costare circa 30 milioni di euro, e verrà trasmessa nel 2019, in occasione dei cinquecento anni dalla morte di Leonardo. Alla produzione parteciperà Lux vide, la societa di Luca Bernabei, ma avranno un ruolo anche altre emittenti europee come France television e Zdf, che fanno parte del consorzio chiamato The Alliance, che riunisce le maggiori reti pubbliche del Vecchio continente. Un apparato imponente per produrre quello che si annuncia come un concentrato di luoghi comuni e melensaggini. Basta sfogliare la biografia firmata da Isaacson per rendersi conto della superficialità e dell'ideologia con cui affronta l'argomento. «Leonardo era attratto sentimentalmente e sessualmente dagli uomini e, a differenza di Michelangelo, non sembrava affatto a disagio per questo», scrive lo statunitense, con granitica certezza. «Non faceva alcuno sforzo per nascondere la cosa, né per proclamarla, ma probabilmente essa contribuiva alla sua sensazione di essere diverso, non adatto a far parte di una dinastia familiare di notai». Di fatto, Isaacson sembra suggerire che il genio di Leonardo dipendesse, alla fine dei conti, dalla sua passione per quello che l'artista chiamava «amore masculino» e dalla sua tendenza a sfidare l'ordine costituito. Dopo tutto, prosegue il biografo, «l'omosessualità non era rara nella comunità artistica fiorentina o nella cerchia del Verrocchio». Essa, continua, era talmente diffusa che «la parola Florenzer in Germania divenne equivalente gergale di gay». In effetti, Leonardo Da Vinci fu accusato di sodomia in due occasioni, nel 1476. Assieme ad altri, sosteneva un anonimo delatore, avrebbe frequentato un prostituto di nome Jacopo Saltarelli, di 17 anni. Per la verità, però, la questione del suo orientamento sessuale è molto dibattuta. C'è chi sostiene che fosse l'amante di Isabella d'Aragona, da cui avrebbe pure avuto dei figli e che avrebbe utilizzato come modella per la Gioconda. Isaacson, invece, insistite molto sulle sue frequentazioni omo, parlando di veri e propri compagni e di legami stabili. A voler essere onesti e storicamente accurati, in realtà, bisognerebbe ricordare che la gran parte degli amanti attribuiti a Leonardo era composta da ragazzini di 13 o anche 10 anni. Si può dire che nel suo ambiente fosse molto diffuso una sorta di amore greco per i garzoni di bottega e gli apprendisti. Di sicuro non si può parlare di gay così come li intendiamo oggi. Diverso era il modo di pensare l'omosessualità in quei tempi, diversa la considerazione che se ne aveva. Fare paragoni con l'attualità è grottesco, oltre che sbagliato. La serie Rai, tuttavia, più che alla accuratezza storica sembra interessata a creare una sorta di icona Lgbt, quasi che Leonardo fosse una specie di attivista arcobaleno. Ora, va bene la messa in scena, va bene esasperare gli aspetti privati. Ma 30 milioni di euro per una patacca ideologica che risponde sempre ai soliti canoni, anche no. Sacrosanto mostrare tutti gli aspetti di un uomo così influente e di cui si è così tanto discusso. Ma il Leonardo «gay oustider» (così titolava Variety) ce lo possiamo pure risparmiare: è banale, e ridicolo. Per produrre una serie di livello internazionale non c'è bisogno di adeguarsi agli standard americani in materia di buonismo. Magari si potrebbero persino evitare gli stranieri scegliendo qualche autore di casa nostra (non è sovranismo, è realismo: di bravi ce ne sono anche qui, e tanti). Il fatto, però, è che il direttore di Rai fiction ha chiarito perfettamente lo scopo della fiction: incensare Leonardo in quanto «diverso». I suoi capolavori, in fondo, sono solo un incidente di percorso.
Nadia Battocletti (Ansa)
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Ansa
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Prima puntata del viaggio alla scoperta di quel talento naturale e poliedrico di Elena Fabrizi. Mamma Angela da piccola la portava al mercato: qui nacque l’amore per la cucina popolare. Affinata in tutti i suoi ristoranti.