2018-04-21
I pirati dei sottotitoli: studenti di giorno e traduttori di notte
Quando esce un film inglese lo mettono in rete in italiano a tempi record. Una community che conta migliaia di utenti.Una di loro, che da dieci anni traduce a rotta di collo, racconta: «Ho paura di essere arrestata, ma non faccio niente di illegale. Non guadagno nulla: voglio solo dimostrare di valere più degli altri».Lo speciale contiene due articoli.La pirateria dei film è un reato, ma se sei un minimo sgamato del Web non ti può sfuggire quanto oggi sia facile vedersi film gratis on line, mentre sono in programmazione al cinema o addirittura sono appena usciti in un altro Paese e in Italia devono ancora sbarcare. Se invece il film è in lingua originale, spesso lo puoi trovare con tanto di sottotitoli in italiano. Ogni tanto compare una scritta che, con una sigla, indica i nomi dei traduttori. Ma non una settimana dopo, un mese dopo. No, la mattina seguente. Qualche ora di notte per tradurre ed è pronto per te, gratis. Da più di dieci anni un piccolo esercito di persone entra in azione ogni volta esce un film o la nuova puntata di un serial. Traducono e sottotitolano i dialoghi dall'inglese all'italiano, in particolare opere prodotte negli Usa, ma non solo: ci sono traduttori da ogni lingua. Su di loro è stata realizzato anche un documentario, Subsheroes. Noi abbiamo parlato con alcuni protagonisti di questo pianeta sotterraneo e nottambulo che vogliono mantenere l'anonimato. Usano dei nick per comunicare. «C'è chi ha paura di essere arrestato odenunciato», spiega Anna (non è il suo vero nome). «Di massima funziona sempre così», racconta Eva. «Dal Paese di origine dell'opera, più semplice se il mercato è quello immenso anglosassone, viene rilasciato in rete il testo dei sottotitoli nella lingua originale del film, su siti come opensubtitles.org, ma ce ne sono tanti altri. Gli utenti traduttori scaricano il testo, lo traducono e lo ripostano indicando il preciso minutaggio di ogni frase. È un lavoro certosino che prevede un'organizzazione armoniosa e fluida tra chi divide il lavoro, chi traduce e chi fa la revisione finale. Noi con i film in streaming però non c'entriamo nulla». Perché a quel punto i sottotitoli vengono scaricati da altre persone, sui siti on line dove si trovano i film piratati, poi sincronizzeranno con software ad hoc i testi dei sottotitoli con le immagini e li caricheranno per l'utente finale. «Chi fa quest'ultima operazione, che è ovviamente illegale, ci guadagna con le pubblicità. Ma chi ha lavorato sulla traduzione non guadagna nulla, lo fa solo per passione», dice Eva.Italiansubs è la più grande community di sottotitolisti del mondo. Conta quasi 509.000 utenti registrati e circa 500 traduttori, 5 milioni di post e circa 73.500 file di sottotitoli. Italiansubs è anche diventato un film documentario a pagamento on line, Subs Heroes, diretto da Franco Dipietro, uno spaccato per capire logiche e dinamiche. Tutto nasce da un sedicenne bergamasco, in arte Klonni, che nel 2005 vuol vedere il serial The O.C., trasmesso da Italia 1. Ma bisogna aspettare i tempi biblici del doppiaggio per godersi le nuove puntate (il serial è un prodotto Usa). Così prova a fare dei sottotitoli e li condivide in rete. Pubblica un annuncio e in poco tempo aggrega una comunità fatta di nomi in codice come PilØ, Chiarachi, Metalmarco, Bettaro, Robbie. Sono persone comuni che fanno lavori come l'infermiere, lo studente di fisica ma hanno la passione dei film e dell'inglese. Non sono solo nerd della rete.ùCon la serie Lost, una community di traduttori sottotitolisti rivale pubblica un episodio prima di loro. Non era previsto. Per rispondere all'onta, Klonni mette in piedi un team che lavora tutta la notte. I sottotitoli vanno in rete alle 8 del mattino, prima che sia disponibile il video della nuova puntata. La community va in estasi, gli utenti registrati aumentano in modo esponenziale. Diventano un punto di riferimento mondiale. Da allora non smetteranno mai di crescere determinando i tempi di messa on line dei serial e dei film. Con il serial Narcos, la storia di Pablo Escobar, hanno influenzato le scadenze di pubblicazione on line in Italia di Netflix.«Uno dei motivi del successo di Italiansubs è aver dato una nuova libertà al pubblico,» racconta Bettaro, studente di fisica. Hanno persino creato un database per il team di sottotitolatori, L'esperto risponde, in cui ci si scambia consigli e terminologie tecniche. Oltre a Italiansubs ci sono anche gruppi come Subspedia, Traduttori anonimi, Subfactory, Srtproject, Subpassion o Asianworld che traduce solo film asiatici. Passione, competizione, tutto per avere la libertà di scegliere cosa vedere. Capacità di lavoro in sinergia per raggiungere un obiettivo comune e un po' di vanità come quando sostengono: «Abbiamo spiegato ai produttori cosa il mercato volesse». La tv generalista e i broadcaster sono i «nemici».Non tutti però hanno gradito l'iniziativa. Doppiatori e traduttori hanno manifestato dure critiche «perché toglie il lavoro a chi lo fa, pagato». E c'è chi minaccia denunce come Fapav, la federazione che tutela i contenuti audiovisivi e multimediali.Per i nativi digitali delle community la comunità è tutto e il singolo passa in secondo piano. Se gli negano il piacere di vedere ciò che vogliono, si uniscono, diventano più efficienti di una colonia di formiche cinesi, e non per rivendicare un diritto. Capaci di lavorare senza sosta e senza 1 euro, ottimizzando le risorse con un efficienza e qualità da team coreano. Per la felicità dei sindacati. Solo per passione e senso di sfida? O c'entra un po' anche la vanità di esserci riusciti, a dispetto di chi in un'Italia senza meritocrazia li dipinge chusy e all'estero english for dummies, persuasi anche dagli sfondoni in supercazzola di Matteo Renzi in inglese. Eppure con Internet il mondo si capovolge, anche da noi.Klonni racconta che a un certo punto ha dovuto scegliere tra la passione per i sottotitoli e le altre, la fidanzata e il tempo per gli amici. La vita vera insomma. Quando sceglie la vita viene isolato e contrastato dalla community. Ma Italiansubs non muore, anzi continua a crescere senza di lui. Nell'era della videocrazia, per uno che ha scelto la vita vera altri 400 hanno preferito i serial e i film. Anche se il film migliore è la vita che devi ancora vivere.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/i-pirati-dei-sottotitoli-studenti-di-giorno-e-traduttori-di-notte-2561818247.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="molti-distributori-ci-ringraziano" data-post-id="2561818247" data-published-at="1757936793" data-use-pagination="False"> «Molti distributori ci ringraziano» «Traduco due film al mese», racconta Elena X (non è il nome vero) che è nel settore da più di dieci anni «ma fondamentalmente non sto nei gruppi, alcuni sembrano aziende e pretendono (ride)». Cioè? «Ritmi deliranti, dinamiche anche poco simpatiche di supremazia e competizione, come nella vita vera. Ma è così che vengono rilasciate le traduzioni quasi in tempo reale. Questo però non è un lavoro. È una passione. E quindi perché ammazzarsi?» Perché? «Forse per primeggiare e mostrare di valere più di altri. Ma sono dinamiche in cui la comunità è tutto e il singolo non vale niente» È brutto questo... «Sì e ha convinto molti di noi a uscire dai gruppi e a fare sottotitoli da soli» Come fate a scegliere i film? «Guardando le classifiche di rating degli utenti americani su Imdb: una gigantesca banca dati online di informazioni sui film usciti negli Usa. Sotto un certo rating nessuno traduce. Io traduco quelli indipendenti che in Italia non uscirebbero mai o dopo anni. A volte i distributori italiani ci hanno contattano per ringraziarci» Davvero? «Si, è successo più volte. Dopo il successo on line il film esce in lingua italiana». Ci faccia degli esempi. «Draft day con Kevin Costner allenatore o The 33 con Antonio Banderas, la storia dei minatori cileni sepolti in una cava» Che dinamiche esistono tra chi traduce? «A volte collaborazione. Si fanno anche raduni super controllati. Parliamo via Telegramm o Whatsapp. Ma quasi sempre tra sottotitolisti siamo in competizione. E tutti sono terrorizzati dai giornalisti» Perché? «Perché si ha paura di essere arrestati da un momento all'altro. Che qualcuno ci entri in casa e ci faccia la festa. O che gente come lei metta luce su questo fenomeno e così ci si inventi una legge per fermarci. Ma non facciamo nulla di illegale» Sarebbe come fermare il mare con un secchiello. O no? «Infatti è così. Nel nostro Paese, in questi settori, non c'è un vero mercato. Lavorano da sempre gruppi molti ristretti. Quando è crollato definitivamente il sistema industriale del cinema italiano è nato questo fenomeno» In che momento preciso? «Secondo me con il serial dottor House. È stato quello lo spartiacque. La versione italiana usciva dopo molto tempo e con puntate censurate. Non mostravano le contraddizioni del sistema sanitario americano, la crudezza o la determinazione del protagonista. Li ci siamo incazzati. Capivo bene cosa dicevano in inglese e la versione italiana era a dir poco edulcorata» E che cosa avete fatto? «Traducevamo a rotta di collo (ride).» Cosa vi smuove? «Solo la passione. Nessuno ci guadagna niente. Qualcuno prende donazioni ma è roba da nulla. Ci tengo a dire che non bisogna incassare soldi» Non c'è anche voglia di competere contro un sistema asfittico? «Anche. Se aspetti le produzioni italiane e tutto ciò che si muove da noi fai presto a morire. Offriamo un'alternativa di scelta. E come italiani siamo i numeri uno. Io lo faccio anche per restare aggiornata sull'inglese» Che tipo di persone siete? «Siamo la nuova generazione, un po' tagliata fuori da tutto. Facciamo tutti i mestieri e fondamentalmente usiamo la rete per imparare. Abbiamo dimostrato che con la determinazione si può tutto» Siete più donne o più uomini e di che ceti sociali? «Da quel che mi risulta tutti i ceti e c'è parità di genere. Conosco molte donne che come me fanno sottotitoli» Ci sono differenze tra chi si occupa di serial e chi di film? «Moltissime. Quelli che fanno serial sono gruppi e un po' se la tirano perché fanno grossi numeri. Alcuni sono davvero molto considerati in rete. Chi traduce e sottotitola film come me fa operazioni più di nicchia con film indipendenti. Di fondo non ha senso sottotitolare i cosiddetti film blockbuster. Quelli usciranno a brevissimo doppiati» Dove escono, prima nel mondo, le traduzioni dei film? «Nel mondo arabo. I traduttori arabi sono i primi ad arrivare sui film e le traduzioni in altre lingue sono anche molto accurate»
Il presidente di Generalfinance e docente di Corporate Finance alla Bocconi Maurizio Dallocchio e il vicedirettore de la Verità Giuliano Zulin
Dopo l’intervista di Maurizio Belpietro al ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, Zulin ha chiamato sul palco Dallocchio per discutere di quante risorse servono per la transizione energetica e di come la finanza possa effettivamente sostenerla.
Il tema centrale, secondo Dallocchio, è la relazione tra rendimento e impegno ambientale. «Se un green bond ha un rendimento leggermente inferiore a un titolo normale, con un differenziale di circa 5 punti base, è insensato - ha osservato - chi vuole investire nell’ambiente deve essere disposto a un sacrificio più elevato, ma serve chiarezza su dove vengono investiti i soldi». Attualmente i green bond rappresentano circa il 25% delle emissioni, un livello ritenuto ragionevole, ma è necessario collegare in modo trasparente raccolta e utilizzo dei fondi, con progetti misurabili e verificabili.
Dallocchio ha sottolineato anche il ruolo dei regolamenti europei. «L’Europa regolamenta duramente, ma finisce per ridurre la possibilità di azione. La rigidità rischia di scoraggiare le imprese dal quotarsi in borsa, con conseguenze negative sugli investimenti green. Oggi il 70% dei cda delle banche è dedicato alla compliance e questo non va bene». Un altro nodo evidenziato riguarda la concentrazione dei mercati: gli emittenti privati si riducono, mentre grandi attori privati dominano la borsa, rendendo difficile per le imprese italiane ed europee accedere al capitale. Secondo Dallocchio, le aziende dovranno abituarsi a un mercato dove le banche offrono meno credito diretto e più strumenti di trading, seguendo il modello americano.
Infine, il confronto tra politica monetaria europea e americana ha messo in luce contraddizioni: «La Fed dice di non occuparsi di clima, la Bce lo inserisce nei suoi valori, ma non abbiamo visto un reale miglioramento della finanza green in Europa. La sensibilità verso gli investimenti sostenibili resta più personale che istituzionale». Il panel ha così evidenziato come la finanza sostenibile possa sostenere la transizione energetica solo se accompagnata da chiarezza, regole coerenti e attenzione al ritorno degli investimenti, evitando mode o vincoli eccessivi che rischiano di paralizzare il mercato.
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Intervistato da Maurizio Belpietro, direttore de La Verità, il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica Gilberto Pichetto Fratin non usa giri di parole: «Io non sono contro l’elettrico, sono convinto che il motore elettrico abbia un futuro enorme. Ma una cosa è credere in una tecnologia, un’altra è trasformarla in un’imposizione politica. Questo ha fatto l’Unione Europea con la scadenza del 2035». Secondo Pichetto Fratin, il vincolo fissato a Bruxelles non nasce da ragioni scientifiche: «È come se io oggi decidessi quale sarà la tecnologia del 2040. È un metodo sovietico, come le tavole di Leontief: la politica stabilisce dall’alto cosa succederà, ignorando il mercato e i progressi scientifici. Nessuno mi toglie dalla testa che Timmermans abbia imposto alle case automobilistiche europee – che all’epoca erano d’accordo – il vincolo del 2035. Ma oggi quelle stesse industrie si accorgono che non è più sostenibile».
Il motore elettrico: futuro sì, imposizioni no. Il ministro tiene a ribadire di non avere pregiudizi sulla tecnologia: «Il motore elettrico è il più semplice da costruire, ha sette-otto volte meno pezzi, si rompe raramente. Pensi al motore del frigorifero: quello di mia madre ha funzionato cinquant’anni senza mai guastarsi. È una tecnologia solida. Ma da questo a imporre a tutti gli europei di pagare la riconversione industriale delle case automobilistiche, ce ne corre». Colonnine e paradosso dell’uovo e della gallina. Belpietro chiede conto del tema infrastrutturale: perché le gare per le colonnine sono andate deserte? Pichetto Fratin replica: «Perché non c’è il mercato. Non ci sono abbastanza auto elettriche in circolazione, quindi nessuno vuole investire. È il classico paradosso: prima l’uovo o la gallina?». Il ministro racconta di aver tentato in tutti i modi: «Ho fatto bandi, ho ripetuto le gare, ho perfino chiesto a Rfi di partecipare. Alla fine ho dovuto riconvertire i 597 milioni di fondi europei destinati alle colonnine, dopo una lunga contrattazione con Bruxelles. Ma anche qui si vede l’assurdità: l’Unione Europea ci impone obiettivi, senza considerare che il mercato non risponde».
Prezzi eccessivi e mercato bloccato. Un altro nodo è il costo delle auto elettriche: «In Germania servono due o tre annualità di stipendio di un operaio per comprarne una. In Italia ce ne vogliono cinque. Non è un caso che fino a poco tempo fa fossero auto da direttori di giornale o grandi manager. Questo non è un mercato libero, è un’imposizione politica». L’errore: imporre il motore, non le emissioni. Per Pichetto Fratin, l’errore dell’Ue è stato vincolare la tecnologia, non il risultato: «Se l’obiettivo era emissione zero nel 2035, bastava dirlo. Ci sono già veicoli diesel a emissioni zero, ci sono biocarburanti, c’è il biometano. Ma Bruxelles ha deciso che l’unica via è l’elettrico. È qui l’errore: hanno trasformato una direttiva ambientale in un regalo alle case automobilistiche, scaricando il costo sugli europei».
Bruxelles e la vicepresidente Ribera. Belpietro ricorda le dichiarazioni della vicepresidente Teresa Ribera. Il ministro risponde: «La Ribera è una che ascolta, devo riconoscerlo. Ma resta molto ideologica. E la Commissione Europea è un rassemblement, non un vero governo: dentro c’è di tutto. In Spagna, per esempio, la Ribera è stata protagonista delle scelte che hanno portato al blackout, puntando solo sulle rinnovabili senza un mix energetico». La critica alla Germania. Il ministro non risparmia critiche alla Germania: «Prima chiudono le centrali nucleari, poi riaprono quelle a carbone, la fonte più inquinante. È pura ipocrisia. Noi in Italia abbiamo smesso col carbone, ma a Berlino per compiacere i Verdi hanno abbandonato il nucleare e sono tornati indietro di decenni».
Obiettivi 2040: «Irrealistici per l’Italia». Si arriva quindi alla trattativa sul nuovo target europeo: riduzione del 90% delle emissioni entro il 2040. Pichetto Fratin è netto: «È un obiettivo irraggiungibile per l’Italia. I Paesi del Nord hanno territori sterminati e pochi abitanti. Noi abbiamo centomila borghi, due catene montuose, il mare, la Pianura Padana che soffre già l’inquinamento. Imporre le stesse regole a tutti è sbagliato. L’Italia rischia di non farcela e di pagare un prezzo altissimo». Il ruolo del gas e le prospettive future. Il ministro difende il gas come energia di transizione: «È il combustibile fossile meno dannoso, e ci accompagnerà per decenni. Prima di poterlo sostituire servirà il nucleare di quarta generazione, o magari la fusione. Nel frattempo il gas resta la garanzia di stabilità energetica». Conclusione: pragmatismo contro ideologia. Nelle battute finali dell’intervista con Belpietro, Pichetto Fratin riassume la sua posizione: «Ridurre le emissioni è un obiettivo giusto. Ma un conto è farlo con scienza e tecnologia, un altro è imporre scadenze irrealistiche che distruggono l’economia reale. Qui non si tratta di ambiente: si tratta di ideologia. E i costi ricadono sempre sugli europei.»
Il ministro aggiunge: «Oggi produciamo in Italia circa 260 TWh. Il resto lo importiamo, soprattutto dalla Francia, poi da Montenegro e altri paesi. Se vogliamo davvero dare una risposta a questo fabbisogno crescente, non c’è alternativa: bisogna guardare al nucleare. Non quello di ieri, ma un nuovo nucleare. Io sono convinto che la strada siano i piccoli reattori modulari, anche se aspettiamo i fatti concreti. È lì che dobbiamo guardare». Pichetto Fratin chiarisce: «Il nucleare non è un’alternativa alle altre fonti: non sostituisce l’eolico, non sostituisce il fotovoltaico, né il geotermico. Ma è un tassello indispensabile in un mix equilibrato. Senza, non potremo mai reggere i consumi futuri». Gas liquido e rapporti con gli Stati Uniti. Il discorso scivola poi sul gas: «Abbiamo firmato un accordo standard con gli Stati Uniti per l’importazione di Gnl, ma oggi non abbiamo ancora i rigassificatori sufficienti per rispettarlo. Oggi la nostra capacità di importazione è di circa 28 miliardi di metri cubi l’anno, mentre l’impegno arriverebbe a 60. Negli Usa i liquefattori sono in costruzione: servirà almeno un anno o due. E, comunque, non è lo Stato a comprare: sono gli operatori, come Eni, che decidono in base al prezzo. Non è un obbligo politico, è mercato». Bollette e prezzi dell’energia. Sul tema bollette, il ministro precisa: «L’obiettivo è farle scendere, ma non esistono bacchette magiche. Non è che con un mio decreto domani la bolletta cala: questo accadeva solo in altri regimi. Noi stiamo lavorando per correggere il meccanismo che determina il prezzo dell’energia, perché ci sono anomalie evidenti. A breve uscirà un decreto con alcuni interventi puntuali. Ma la verità è che per avere bollette davvero più basse bisogna avere energia a un costo molto più basso. E i francesi, grazie al nucleare, ce l’hanno a prezzi molto inferiori ai nostri».
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