
La battaglia di Montaperti raccontata da Dante Alighieri è una delle tante leggende che, fin da Betlemme, circolano sul «doping» speziato.Montaperti, alba del 4 settembre 1260. L'esercito ghibellino capitanato da Siena muove deciso contro le truppe guelfe riunite da Firenze intorno a sé. Ci si gioca il predominio politico ed economico sulla Toscana e anche più in là. Le forze in campo sono nettamente a favore dei fiorentini pro papa che schierano 30.000 fanti e 3.000 cavalieri. I senesi pro imperatore oppongono 18.000 fanti e 1.800 cavalieri. I numeri sono nettamente a favore dei guelfi. Gigliati e bianconeri (sono i colori di Siena: che nasca a Montaperti l'ostilità dei fiorentini verso la Juventus?) si sbudellano senza misericordia. A notte i ghibellini vincitori inseguono i fiorentini in rotta facendone strage sull'Arbia, il fiumiciattolo che scorre nei pressi di Montaperti. Dante racconta che le acque dell'Arbia si colorarono di rosso: «Lo strazio e 'l grande scempio/ che fece l'Arbia colorata in rosso». I guelfi lasciarono sul campo oltre 10.000 morti, i ghibellini appena 600.Come poté il Davide senese battere il Golia fiorentino? La strategia? Certo. Le motivazioni? Anche. Ma i senesi giurano che gran parte del merito va al pan pepatus, una focaccia speciale preparata con tanto pepe, vari tipi di spezie, mandorle, arance, cedri e limoni. Mangiato prima della battaglia rinvigorì fanti e cavalieri. Il pan pepatus era una bomba energetica, un doping naturale. Altroché il nandrolone e altri tipi di porcherie chimiche. I poveri fiorentini e i loro alleati, arrivati allo scontro stanchi per il lungo viaggio e con la solita sbobba nello stomaco, pane e zuppa di legumi e cavoli, non ressero all'irruenza senese.Secondo alcuni studiosi il pan pepatus - macerando gli agrumi e inacidendo il pane - generò il panis fortis: il panforte, il dolce speziato tipico di Siena. Secondo altri non fu così. Riconoscono che il panforte nasce nel medioevo ed è fortemente legato al panpepato, ma lo apparentano col panis melatus, una focaccina preparata con acqua, farina e un po' di miele. Al panis melatus successivamente furono aggiunti fichi, uva e altri frutti che con il tempo tendevano ad inacidire dando alla focaccia un sapore asprigno, forte. Da qui panis fortis, panforte. A sostenere questa tesi viene citato un manoscritto del 1205 che testimonia che le suore del convento di Montecellesi, alle porte di Siena, ricevevano dai contadini tributari del convento «panes piperatos et melatos», ovvero panpepati e panmelati, due prodotti distinti.Il Panforte vanta altre origini leggendarie. La prima ci porta nientemeno che a Betlemme. Racconta di un fanciullo recatosi alla capanna della Natività per offrire a Gesù Bambino le uniche cose che aveva: pane e mandorle. San Giuseppe, intenerito, benedisse i doni che si trasformarono nel primo panforte, povero di ingredienti, ma ricco di santità. In un'altra leggenda ci mette la coda il diavolo. Stando al racconto, il demonio apparve sotto la forma di un gattaccio nero che invece di miagolare come un felino normale emetteva suoni rauchi, alla cuoca del convento di Montecellesi, suor Leta, mentre stava preparando un dolce con miele e altri ingredienti trovati nella madia, pepe compreso. La suora capì che era il diavolo e gli scagliò contro l'impasto che bolliva sul fuoco. Gnaolando per il dolore il gatto-belzebù filò via come un razzo. Al trambusto accorse madre Berta, la badessa, che, ascoltata la storia, assaggiò quell'impasto che aveva messo in fuga il diavolo. Lo trovò gustoso e lo battezzò «panpepato».Torniamo alla storia. Il panforte si fa conoscere dal '400 in poi fuori dai confini senesi. È apprezzato nelle corti signorili italiane e nei banchetti dei palazzi reali europei. Oltre che ricco d'ingredienti costosi, cosa che non dispiace ad aristocratici e gran signori per mettersi in mostra, è squisito e autentico italiano: la sciccheria che ci vuole per essere à la page. Documenti attestano quant'era apprezzato a Genova, nel Palazzo Ducale di Venezia e alla corte del papa. La sua fama monta di secolo in secolo.Piace anche ai poeti che tra un verso e l'altro non disdegnano il piacere della gola. In una lettera che Ugo Foscolo scrisse nel 1813 alla nobildonna Quirina Mocenni Magiotti, figlia di un ricco mercante senese, e amante del poeta per due settimane, il bel tenebroso Ugo ringrazia la gentildonna di avergli spedito «panforti e parecchi fiaschetti di Montalcino». Quirina Mocenni Magiotti era innamoratissima di lui. Oltre al panforte e al vino irrobustì il suo conto esangue con una forte somma di denaro che lo salvò dagli strozzini. Ma con la gentildonna Foscolo non si comportò da gentiluomo. Dopo averla lasciata continuò a scriverle fingendosi ancora innamorato e spillandole altri soldi che lei non gli rifiutò mai. Poi piano piano raffreddò i rapporti e corse dietro ad altre gonne. Goloso di panforte fu Giovanni Pascoli al punto di dedicare a Siena e al panforte una Cartolina in versi, il 28 dicembre 1889, e a inserirla nei Poemetti. Pascoli, palato fine, loda i dolci senesi palesando il desiderio di tornare nella città dove aveva apprezzato il dolce: «Caro Orazio, i panforti, come scudi / omerici, d'argento cesellato, / brillano nella cantera, e dallato / hanno amaretti e cavallucci, studi / incliti di Sanesi pasticcieri. // Siena! dolce paese! Oh mi si dia / di veder la città de' miei pensieri».Un contributo involontario, ma basilare, alla creazione di un panforte speciale, lo diede la regina Margherita, moglie di Umberto I quando arrivò a Siena nel 1879 per assistere al Palio d'agosto. Un panfortaio (si dice così?) per ingentilire quel dolce gustoso, ma nero come la pece, lo ricoprì di zucchero a velo, ridusse l'asperità delle spezie, lo ritoccò con la vaniglia e i canditi di cedro, e gli diede il nome della regina. Proprio come dieci anni più tardi farà un pizzaiolo di Napoli creando la pizza Margherita. I senesi arrivarono prima e quella versione di Panforte Margherita, è rimasta. È una delle due più comuni. L'altra è il panforte nero al cioccolato. Bianco o nero o preparato in altro modo vale la regola fondamentale: dev'essere composto sempre di 17 ingredienti, uno per ogni pugnace contrada della città.La battaglia di Montaperti, dopo 760 anni, viene ancora celebrata da queste parti. E la leggenda del panforte che ha dato energia a fanti e cavalieri senesi è tramandata da padre in figlio. Una leggenda talmente verosimile che qualcuno l'ha tradotta in realtà. Fausto Leoncini, singolare imprenditore artigiano, nel 1995, ereditando da un vecchio panfortaio la ricetta originale, abbandonò la precedente pur lucrosa attività creando La fabbrica del panforte a Sovicille a 6 chilometri da Siena. Qui, oltre al panforte Igp (identificazione geografica protetta), a panpepato, ricciarelli Igp, cavallucci (biscotti rustici), biriquocoli (piccanti, con farina, miele, noci, anice, frutta candita e nocciole), Leoncini produce una barretta energetica basata sul panforte di Montaperti e destinata ai moderni guerrieri: gli atleti. Racconta: «Mi son fatto una domanda: a quell'epoca c'era la necessità di un dolce così? No. C'era bisogno di cibo proteico, che fornisse energia. Così ho creato P.Forte, una barretta energetica perfetta per l'attività sportiva». Leoncini non lo conferma, ma pare che sia interessata alla P.Forte anche la nazionale inglese. Montaperti e il panforte fanno scuola. E la fanno talmente bene che quest'anno a Siena si è concentrata, grazie a Buyfood Toscana 2020, l'attenzione di buyers di 17 Paesi di tutto il mondo interessati ai prodotti Dop, Igp e Agriqualità della regione.
Matteo Ricci
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Nelle Marche il governatore uscente spera nella conferma. Lo sfidante è alle prese con le indagini sul suo conto, che in Calabria, stando ai sondaggi, non danneggiano Occhiuto, dato davanti a Tridico. Per Campania, Puglia e Veneto, election day a novembre.
2025-09-16
Costa: «La Ue migliori la gestione delle frontiere per contrastare l'immigrazione illegale»
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Lo ha dichiarato il presidente del Consiglio europeo in occasione del suo incontro con il premier greco Kyriakos Mitsotakis.
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