2022-02-21
I medici tornano commoventi eroi ma senza punturina non lavorano
Da Sergio Mattarella in giù, pioggia di messaggi di solidarietà retorica per la Giornata del personale sanitario. Peccato, però, che i camici bianchi siano costretti a farsi inoculare anche se guariti dall’infezione.Non sappiamo se in forma di tragedia o - più probabilmente, secondo una consolidata tradizione nazionale - di farsa: ma tra le peggiori eredità del biennio pandemico, dobbiamo fare i conti con una sorta di neolingua orwellianamente intesa, un newspeak concepito per rimodellare il significato delle parole, per adattarlo mimeticamente alle esigenze del potere, e di conseguenza per costruire una realtà alternativa, disegnata a uso e consumo del racconto unico e ufficiale. L’ultimo esempio? Ieri, con la retorica che inevitabilmente accompagna queste circostanze, si è celebrata la Giornata dei camici bianchi, cioè la ricorrenza istituita nel 2020 e dedicata ai medici e ai lavoratori della sanità impegnati contro il Covid, non di rado - purtroppo - perdendo la propria stessa vita. Nella lingua legnosa delle leggi e della burocrazia, è la Giornata nazionale del personale sanitario, sociosanitario, socioassistenziale e del volontariato; ma in tv e sui media, con grande pompa e ricercato trasporto emotivo, è ripartita l’ondata delle emozioni («i nostri eroi», «gli angeli in corsia»). La stessa data prescelta ha un impatto simbolico fortissimo: si tratta del giorno in cui l’anestesista Annalisa Malara diagnosticò meritoriamente, all’ospedale di Codogno, il primo caso di coronavirus in Italia. E così, a partire da un’intuizione di Mogol e Ferzan Ozpetek, si è arrivati all’istituzione della giornata, anzi della Giornata, con doverosa maiuscola. Non si è sottratto a toni altissimi e a un registro studiatamente commosso nemmeno il capo dello Stato, Sergio Mattarella, nel suo messaggio di saluto, rinnovando «la più profonda riconoscenza del Paese verso tutti coloro che con professionalità e abnegazione si sono trovati, e tuttora si trovano, in prima linea nel fronteggiare l’emergenza pandemica che, a distanza di poco più di un anno dalla sua comparsa, ancora ci affligge». E ancora, in un crescendo inarrestabile: «Fin dall’inizio della diffusione del virus, il personale sanitario si è dimostrato all’altezza di una minaccia di così vasta portata, impegnandosi al meglio, con tutti gli strumenti a disposizione, al fine di evitare che l’epidemia precipitasse in una catastrofe irreversibile». Si è trattato - ha scritto poi Mattarella - di un «impegno contrassegnato da difficoltà e sofferenze: moltissimi operatori hanno contratto il virus e tante sono le vittime che abbiamo dovuto piangere tra medici e infermieri». Gran finale: il presidente rivolge «a nome di tutti gli italiani, un saluto riconoscente a tutto il personale sanitario» ed esprime «commossa vicinanza ai familiari dei caduti per la salvaguardia della salute di tutti noi». Insomma, lo speechwriter presidenziale non si è davvero risparmiato, tentando di esprimere e suscitare commozione. Chissà però se si sono commossi, o se invece hanno avvertito qualche altro tipo di emozione, quei medici che, nelle ultime 36 ore, o attraverso la Verità di ieri o per via diretta leggendo la circolare del ministero della Salute, hanno appreso che, se non sono vaccinati, non potranno rientrare in corsia nemmeno dopo aver contratto il Covid ed esserne guariti. Disposizione tre volte surreale: perché priva le strutture ospedaliere di medici e personale la cui presenza sarebbe essenziale (e quelle strutture - semmai - attendevano a braccia aperte il rientro dei colleghi guariti); perché espone persone appena immunizzate per via naturale al rischio di una vaccinazione a quel punto non certo consigliabile; e perché, di tutta evidenza, fa prevalere una logica punitiva, afflittiva, colpevolizzante, basata su una prepotente voglia di costringere il dissenziente all’obbedienza. Altro che scienza. Eppure, senza fare una piega, la stessa Repubblica che decide questa assurdità, ieri ha metaforicamente indossato l’abito scuro e ha inviato parole di circostanza per commemorare i medici che non ci sono più. Una curiosità finale per sorridere (amaramente). Il destinatario formale sia della circolare ministeriale sia del commosso messaggio di Sergio Mattarella è la stessa persona, e cioè il presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri, Filippo Anelli. Il quale - a stretto giro di posta - si è ritrovato in mano prima il gelido testo del capo di gabinetto del dicastero della Salute e poi il caldo saluto presidenziale. E, se non parlassimo di cose drammaticamente gravi, ci sarebbe perfino da ridere: in Italia la commedia vince sempre.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)