2021-05-22
L’ultima balla di Speranza sui malati
Il titolare della Salute l'aveva sparata grossa: «Nel dl Sostegni bis recuperiamo 500 milioni per le visite saltate nell'emergenza». Nelle bozze del decreto però quegli investimenti nella sanità sono spariti nel nulla. A meno di ripensamenti in fase di «bollinatura»neuropsichiatria infantile, il reclutamento di nuovi psicologi. Tutte spese legate dall'emergenza. Dunque, a meno di un clamoroso ripensamento in fase di «bollinatura», tra domenica e lunedì, quel mezzo miliardo è rimasto un bellissimo intendimento.Eppure, il ministro era stato categorico. Il 18 maggio scorso scrive su Facebook: «Con i primi risultati raggiunti nel contenimento del Covid, possiamo ora rafforzare ancora di più gli investimenti su tutte le altre patologie e favorire lo scorrimento delle liste d'attesa nei nostri servizi sanitari». Quello che La Verità chiede da mesi. Quindi? «Nel decreto Sostegni bis, recuperiamo circa 500 milioni per accelerare interventi, visite e screening non effettuati nei mesi più difficili della pandemia». E lo stesso giorno, durante un incontro organizzato da Coldiretti, aggiunge: «Nei mesi a venire dobbiamo fare ancora di più, investire sulla salute e sulla prevenzione». Per carità, la cifra ipotizzata non era certo memorabile: appena lo 0,03 per cento del Pil e lo 0,4 per cento della spesa sanitaria dello scorso quinquennio. E sarebbe arrivata comunque con strepitoso ritardo: a oltre un anno dallo scoppio della pandemia. Prevenzione, screening, diagnostica, terapie. Tutto è stato rinviato a data da destinarsi. Un fermo magari comprensibile nei periodi di maggior pressione sulle strutture ospedaliere, come la scorsa primavera e questo inverno. Non certo ad libitum. Il rapporto «Gli italiani e il Covid-19», pubblicato a fine aprile dalla Fondazione Italia in Salute, rivela: nell'ultimo anno un italiano su due ha subito ritardi, spostamenti e cancellazioni. Sia di controlli medici che operazioni. Ma è la media del pollo di Trilussa. E peggiora, ovviamente, con l'avanzare dell'età: si arriva a sei persone su dieci tra i 46 e i 55 anni. Per non parlare degli over 65: quasi l'84 per cento ha dovuto rinunciare a una visita specialistica. Tra i più danneggiati ci sono i malati di tumore. Secondo la Federazione italiana delle associazioni di volontariato in oncologia (Favo), nel 2020 sono stati posticipati il 99 per cento degli interventi al seno e alla prostata, e quasi il 75 per cento di quelli al colon retto. Difatti, un morto su cinque per Covid era anche malato oncologico.Dunque, quel mezzo miliardo avrebbe fatto comodo. E sarebbe stato pure un segnale importante: scusate per il ritardo. Invece Speranza sembra aver cacciato un'altra balla. Del resto, l'operato del ministro è ormai residuale. Mica come i tempi di Giuseppe Conte. Fino a quando l'avvocato di Volturara Appula è rimasto a Palazzo Chigi, l'ex assessore all'Urbanistica di Potenza è stato il venerato Mister Lockdown. Non che fosse farina del suo sacco. L'aveva detto fin dall'arrivo della pandemia in Italia: decidono i tecnici. Il Comitato tecnico scientifico, innanzitutto. E poi il suo superconsulente: Gualtiero Ricciardi, in arte Walter, ormai riparato Oltralpe. Ma la linea ultrarigorista, serrate continue e nessuna concessione, è ora sconfessata dal premier, Mario Draghi. A Speranza non serve più nemmeno l'incondizionato appoggio di Silvio Brusaferro, presidente dell'Istituto superiore di sanità, con cui forma da tempo un formidabile tandem di cerberi. A loro si contrappongono ormai Draghi e Franco Locatelli, nuovo coordinatore del Comitato tecnico scientifico dopo il repulisti dello scorso marzo. Già: il consesso di super esperti che ha teleguidato il ministro è stato ridimensionato, nel numero e nei poteri. Membri dimezzati, niente giornali e talk show, basta dittatura sanitaria. Decide il governo, non l'indice Rt. Insomma, è la fine del «metodo Speranza». L'esatto contrario del «rischio ragionato» del premier. Che, a dispetto dei soliti virologi menagrami, sta portando l'Italia fuori dall'emergenza sanitaria. Insomma, sembra che i fatti abbiano esautorato Speranza. È rimasto al suo posto solo grazie alla strenua difesa del Pd. Ma i suoi ultimi mesi accanto a Giuseppi rimangono rovinosi. Le terapie intensive che mancano mentre esplode la seconda ondata, le chiusure a oltranza, l'inchiesta della Procura di Bergamo sul mancato piano pandemico. E naturalmente il memoir, subito ritirato dalle librerie: Perché guariremo. Dai giorni più duri a una nuova idea di salute. Un racconto, da nostromo sanitario, delle «ore drammatiche della tempesta». Intriso della solita lungimiranza: «Non possiamo più permetterci di essere colti disarmati di fronte alla violenza di una eventuale nuova pandemia». Speranza, incredibilmente, è riuscito a sbagliare pure il piano vaccinale. A differenza degli altri Paesi, l'Italia ha sfoggiato all'inizio, ancora una volta, il suo estro: insieme a over 80 e ospiti delle Residenze per anziani, la priorità viene data subito a operatori sanitari, insegnanti, forze dell'ordine. Seguono: avvocati, magistrati, docenti universitari. O gli psicologi trentacinquenni, stigmatizzati da Draghi. C'è voluto il generale Francesco Paolo Figliuolo, audace commissario all'emergenza, per rimettere tutti in riga. Un passo indietro, recluta Speranza. Ma lui, purtroppo, resta di un'altra stirpe: quella dei marinai.