
La fusione fra Equitalia e l'Agenzia delle entrate, voluta da Matteo Renzi, non ha portato i risparmi promessi. Questa mattina udienza al Tar per il ricorso contro l'unificazione: la riforma del Bullo può saltare.«Cucù Equitalia non c'è più» è rimasto uno dei tanti proclami del Bullo Matteo Renzi. Il Rottamatore lo aveva detto, spavaldo, durante la trasmissione In mezz'ora di Lucia Annunziata e la giornalista era sbottata: «Non mi faccia passare per imbecille». Oltre due anni dopo, Equitalia è viva e vegeta e continua a tartassare i contribuenti. Si è solo cambiata d'abito, trasformandosi da una spa in un ente pubblico economico. Il nuovo nome, Agenzia delle entrate riscossione, non ha portato a un cambio di rotta. Né a un risparmio per le casse pubblico: solo per gli stipendi per i dirigenti l'aumento sfiora circa i 600.000 euro all'anno.Con quei soldi avrebbero potuto abbassare l'aggio sulle cartelle di tutte le persone messe sotto torchio dal fisco, delle quali ha parlato qualche giorno fa anche il vicepremier Matteo Salvini, che hanno avuto un po' di ossigeno grazie alla pace fiscale (a cui ha aderito 1.700.000 cittadini). Dirpubblica, uno dei sindacati del pubblico impiego, guidato dal battagliero Giancarlo Barra, che ha fatto già ricorso contro gli 800 dirigenti senza concorso provenienti dall'ex Equitalia, vincendo davanti alla Corte costituzionale e facendoli retrocedere in blocco a semplici funzionari, ha fatto ricorso anche contro la riforma di Renzi (l'udienza al Tar, che dovrà decidere nel merito, è fissata per stamattina).Molti di quelli che hanno avuto degli incarichi intermedi chiamati Poer, posizioni organizzative di elevata responsabilità (tipo i quadri nel privato), da questo mese, come anticipato da Italia Oggi, sono ritornati funzionari a 1.400 euro al mese. La contesa è proprio sul passaggio da dirigenti dell'ex concessionaria privata della riscossione, molti dei quali senza laurea, a dirigenti pubblici. Un passaggio che Dirpubblica chiama «la metamorfosi Equitalia». In sede cautelare, invece, il Consiglio di Stato si era già pronunciato sulla sospensiva chiesta da Dirpubblica e, anche se non aveva accolto lo stop alla riforma Renzi perché ormai la trasformazione era stata attuata (l'ordinanza è di fine luglio, la riforma era già passata il primo luglio), aveva dato chiare indicazioni al Tar citando proprio la sentenza della Corte costituzionale. Alla fine, insomma, la riforma Renzi ha prodotto solo un aumento dei contenziosi e dei costi. Se si confrontano gli stipendi dei 64 dirigenti in servizio oggi con quelli presenti nel 2015 (il caso era stato sollevato da Giacomo Amadori sulla Verità già il 5 ottobre 2016), l'aumento per le casse dello Stato è di circa 600.000 euro, anche se il numero dei dirigenti è calato di circa 20 unità. Altro che i 2 milioni di euro di risparmi propagandati all'epoca del lancio della riforma dall'ufficio stampa di Ernesto Maria Ruffini, ex direttore dell'Agenzia delle entrate ed ex presidente dell'Agenzia delle entrate riscossione. E gli stipendi sono addirittura aumentati. Nel 2015 la retribuzione media dei 93 dirigenti era pari a 129.715,79 euro, mentre nel 2018, ossia dopo il cambio di logo e di nome, è salita a 140.747 euro.A superare i 200.000 euro all'anno sono Marco Balassi (216.578 euro), Massimo Pinzarrone (216.620 euro) e Antonio Rondi (209.219). Arrivano a quasi 200.000 euro Marco Paglia (197.028), Franco Mazza (197.138), Luigi Calandra (190.191), Renato Scognamiglio (198.987) e Sergio Frigerio (192.325), che hanno avuto un incremento di circa 30.000 euro. Ma anche Mauro Bronzato e Mauro Pastore (circa 192.000). Sono solo cinque quelli che non raggiungono i 100.000 euro. Paglia, direttore delle relazioni esterne, poi, ha due incarichi nel privato che gli fruttano altri 50.000 euro. E nei corridoi c'è già chi ipotizza conflitti d'interessi. Ai 66 dirigenti si aggiungono i due che non hanno pubblicato gli stipendi del 2018 perché sono arrivati dopo. Il meccanismo che porta a far lievitare le retribuzioni è questo: allo stipendio fisso è stata aggiunta un'indennità di funzione. E poi c'è un premio. E, così, gli stipendi sono schizzati verso l'alto.Dopo la sentenza della Corte costituzionale che ha dichiarato illegittimi i dirigenti senza concorso, l'Agenzia è corsa ai ripari in un modo molto particolare: collocando in aspettativa i suoi funzionari per riassumerli come dirigenti esterni, con retribuzioni triplicate, esattamente come ha fatto il sindaco Virginia Raggi con Gaetano Romeo, subendo attacchi politici e una censura dell'Anac che l'ha costretta a fare marcia indietro.Il passaggio dalla vecchia Equitalia ad Agenzia delle entrate riscossione ha coinvolto, oltre ai dirigenti, anche 7.600 dipendenti. Il passaggio del personale è avvenuto senza soluzione di continuità e con la garanzia della posizione giuridica retributiva riconosciuta in precedenza. Quindi, anche per le truppe non è cambiato nulla. Gli unici tagli effettuati riguardano privilegi che avrebbero potuto imbarazzare la pubblica amministrazione: sono state eliminate la vecchia flotta di 68 auto in dotazione ai dirigenti e le carte di credito aziendali, e i soggiorni in hotel ora hanno un tetto massimo di 100 euro a notte nelle grandi città e di 90 nelle altre. Anche mangiare nei ristoranti quando si è in missione ora è meno gratificante: si possono spendere solo 36 euro a pasto.
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