Il vicino addio ai test a fine isolamento e alla card in Rsa e ospedali fa insorgere gli «esperti», che profetizzano l’ecatombe. Eppure, i Paesi che hanno abolito esami e quarantene hanno meno casi e morti di noi. Intanto, Pechino fa tornare in corsia i sanitari positivi.
Il vicino addio ai test a fine isolamento e alla card in Rsa e ospedali fa insorgere gli «esperti», che profetizzano l’ecatombe. Eppure, i Paesi che hanno abolito esami e quarantene hanno meno casi e morti di noi. Intanto, Pechino fa tornare in corsia i sanitari positivi.Toglietemi tutto, ma non il tampone. L’isolamento, manco a parlarne: mica siamo matti come gli inglesi, gli spagnoli, gli svedesi, i danesi, gli austriaci. Non ce la sentiamo nemmeno di correre dietro a francesi e tedeschi, che ai positivi restituiscono in modo automatico la facoltà di uscire di casa dopo, rispettivamente, sette e cinque giorni. Sì, perché «la pandemia è tutt’altro che finita» (Avvenire). E se un virus diventa endemico non vuol dire che sia «poco pericoloso» (Antonella Viola). Anzi, ora il Covid sta assestando un «colpo di spugna»; da inizio 2022, «ha fatto già 48.000 morti» (La Stampa). Bisogna capirli, gli orfani del Leviatano sanitario: quel piccolo mondo medicalizzato che avevano costruito si sta sbriciolando. Si aggrappano a ciò che trovano: ieri - anche oggi, per la verità - il green pass o i suoi brandelli; quindi, la libertà condizionata al test negativo, al termine di quella che era già diventata una quarantena light. Con gli ultimi emendamenti al decreto Rave, approvato in Senato e atteso per l’esame alla Camera entro il 28 dicembre, la maggioranza elimina pure questo orpello: trascorsi cinque giorni, il positivo può tornare per strada. Si attende un intervento chiarificatore del ministro Orazio Schillaci, che spieghi come dovrà regolarsi chi manifestasse ancora dei sintomi. Pare assurdo, ma quando il cittadino viene trasformato in paziente, per orientarsi non gli basta più il buon senso; occorrono circolari, ordinanze, decretini. Poco «de» e molto «cretini». Intanto, gli estimatori dei divieti insorgono. La Viola, nel suo editoriale sulla Stampa, trasuda indignazione: questa «narrazione», alimentata dal centrodestra, «rischia non solo di far aumentare contagi e decessi ma anche di far passare il messaggio che ormai è tutto alle nostre spalle e che non è più necessario neppure quel comportamento responsabile che abbiamo tanto invocato dopo la fine delle restrizioni». Come si fa? No, non a mettere in fila 42 parole senza una virgola. Intendiamo: come si fa a trasmettere alla gente l’idea che le cose vadano meglio? Che non siano richiesti ordine e disciplina? Quanto alla paventata ecatombe, gli uomini di scienza buttino un’occhiata alle evidenze scientifiche. Consultino Our world in data. Parigi e Berlino hanno optato per una soluzione tipo quella promossa dai senatori di Fdi - e non sono messe peggio di noi: i transalpini hanno, da un paio di settimane, un alto livello di infezioni, il cui tasso di crescita sta rallentando velocemente. I teutonici se la cavano benone. Quanto all’incidenza dei decessi per milione di abitanti, purtroppo, è all’Italia che toccava il primato, almeno fino al 9 dicembre (giorno in cui si fermano le elaborazioni statistiche del sito per il nostro Paese). Nonostante i protocolli rigidi, stacchiamo persino le nazioni che davvero, per citare la Viola, si sono lasciate tutto alle spalle: Gran Bretagna, Svezia e Danimarca hanno abolito non solo il tampone a fine isolamento, ma l’isolamento stesso. La Spagna, da marzo, non confina più asintomatici e paucisintomatici. L’Austria, ai positivi, chiede di indossare ovunque una Ffp2. Eppure, nelle curve di contagi e morti, non si scorge alcuna impennata. E proprio gli Stati meno severi risultano essere quelli con la più bassa incidenza di vittime. In più, l’Oms ha guidato uno studio, appena pubblicato su Nature, in cui si sostiene che, nel mondo, le dipartite in eccesso collegate al Sars-Cov-2 potrebbero essere il triplo di quelle calcolate. Solo che si tratterebbe di morti collaterali. Dovute, ad esempio, all’interruzione dei servizi sanitari. È il ribaltamento perfetto dell’incubo della Viola: i danni non li crea l’addio ai test dopo cinque giorni dall’infezione; i danni li hanno causati i lockdown. Per un buffo caso del destino, poi, il «modello italiano» si ritrova sorpassato in liberalità dalla Cina di Xi Jinping. Costretto ad abbandonare il miraggio del Covid zero, il Dragone ha appena stabilito che i medici positivi potranno lavorare.È più scientifica quella svolta, che le prediche di Fabrizio Pregliasco. Il quale, spinto dalla realtà sulla via del ravvedimento, non se la sente di compiere l’ultimo passo. Intervistato dall’irriducibile quotidiano di Torino, l’igienista contesta il pensionamento del certificato verde in Rsa e ospedali: bisognerebbe mantenerlo, su indicazione dei direttori sanitari, se ci sono «persone particolarmente fragili» e, comunque, «nei mesi invernali». Offrendo quale garanzia? Se non, a lui, quella di conservare un pezzettino di regime fondato sul codice a barre? Chi è in regola con le dosi sarà obbediente o responsabile, però non è immune. Al malato, fragile o ultrafragile, cosa cambia se il parente ha porto il braccio una, due, tre, quattro volte, oppure mai? Tuttavia, anche Pregliasco ha capito che la giostra delle iniezioni sia vana. «Non possiamo continuare a proporre il vaccino ogni quattro o sei mesi», dice. «Dobbiamo arrivare a un richiamo annuale». Peccato gli sfugga cosa non sta funzionando: ogni puntura dura massimo quattro mesi. Lo mostrano i dati dell’Iss sulle quarte dosi somministrate da oltre 120 giorni. Eccolo, il problema: il limite intrinseco ai farmaci a mRna. Lo shot annuale lascerebbe i vulnerabili esposti per otto mesi, in un contesto in cui chi si occupa di cure domiciliari è ancora una mosca bianca. Può darsi che Pregliasco & c. si stiano convertendo alle terapie precoci. O che sognino un allarme perenne. «Dovremmo imparare dagli orientali», sostiene non a caso il dottore: «Indossano la mascherina per salvaguardare gli altri». Buona per il Covid, quanto per l’influenza dei cammelli. Eh, l’emergenza è come la nicotina: dà dipendenza.
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Il fondatore di NeroGiardini Enrico Bracalente: «I tratti vincenti di queste calzature sono lo stile italiano e la comodità. Crediamo che una scarpa debba essere così confortevole da dimenticare di averla ai piedi. La svolta? Investire in pubblicità: un grande brand deve essere noto».
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I ministri Roccella e Nordio puntano i fari sulle strutture per i minori, una rete di cooperative che fa girare quasi 1 miliardo all’anno per ricollocare i piccini sottratti alle famiglie. Il primo obiettivo è verificare quanti di questi provvedimenti siano sensati.
Carlotta Vagnoli (Getty Images)
Per oltre 23 mesi, Carlotta Vagnoli, Valeria Fonte e Benedetta Sabene (candidata anche con Santoro) avrebbero perseguitato un uomo colpevole di avere una relazione parallela: «Lo dobbiamo mutilare».






