2022-07-02
I curdi vittime dell’ipocrisia dem. Come noi
Dopo averlo mitizzato per anni, nascondendo molte zone d’ombra, adesso l’Occidente progressista svende il popolo oppresso a Erdogan in nome della crociata anti Putin. Ma almeno loro hanno uno Zerocalcare che li difende. Gli italiani neanche quello.Ci sentiamo molto solidali con il popolo curdo e con i suoi ardimentosi combattenti almeno per un motivo: essi sono i nuovi italiani. Nel senso che si troveranno a pagare sulla propria pelle – e dolorosamente – le conseguenze di scelte politiche non condivise dalla gente e guidate dal più feroce cinismo. Del resto, la politica internazionale non si fa con la morale (o con la moralina), ma è uno scontro brutale fra poteri in cui il più ingenuo e il più debole sono inevitabilmente condannati a soccombere. Accade così che sull’altare della Nato vengano sacrificati gli stessi guerriglieri curdi che la sinistra internazionale ha celebrato per anni come eroi della libertà, dei diritti e della resistenza anti Isis.Nulla di cui stupirsi: è antico costume della potenza americana utilizzare i gruppi insorgenti al fine di destabilizzare e colpire i propri nemici, salvo mollarli quando non servono più. Con i curdi è stato ripetuto l’antico giochetto. A partire dal 2014, gli Stati Uniti li hanno armati e sostenuti militarmente ed economicamente. All’Unità di Protezione popolare (Ypg) prima e alla Syrian democratic forces poi gli Usa hanno fornito aiuti crescenti affinché combattessero in Siria certo contro lo Stato islamico, ma anche e soprattutto contro Assad e dunque contro gli interessi russi nell’area. Oggi, sempre in chiave antirussa, i miliziani vengono abbandonati al loro destino perché questo è uno dei tributi richiesti dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan per acconsentire all’ingresso di Finlandia e Svezia nella Nato.Il voltafaccia appare in effetti clamoroso, soprattutto a chi ricorda le paginate impiastrate di miele che furono dedicate alle «eroine curde di Kobane» e ai miliziani curdi impegnati in Siria. Dal 2015 in avanti, l’intera macchina propagandistica progressista si è mobilitata – anche in Italia – per celebrare la «resistenza curda» (capiteli: ogni volta han bisogno di scomodare i partigiani), ovviamente trascurandone i lati oscuri.Piccolo esempio. Nel 2017 morì Ayse Deniz Karacagil, anche nota come «Cappuccio Rosso», divenuta famosa qui da noi grazie al fumettista Zerocalcare che ne fece un personaggio rilevante dell’opera Kobane calling. Ayse combatteva con la già citata Ypg, su cui – sempre nel 2017 – il New York Times aveva fornito informazioni interessanti. In prima pagina, il giornale newyorkese pubblicò un articolo di Kyle W. Orton in cui, citando fonti di intelligence, si spiegava che l’Ypg era nei fatti il braccio armato della branca siriana del Pkk. Nei territori in cui aveva guadagnato terreno, spiegava il quotidiano americano, «l’Ypg ha lavorato per monopolizzare il potere, stabilendo un sistema mono partito che ha soppresso gli avversari curdi e i leader e gli attivisti delle altre comunità. L’Ypg ha arrestato centinaia di prigionieri politici». Nel solo 2013, il movimento si sarebbe reso responsabile di 150 rapimenti. Nelle prigioni del Rojava, il territorio controllato dall’Ypg, Human Rights Watch aveva denunciato, già nel 2014, l’esistenza di numerosi casi di maltrattamento. Sempre il New York Times elencò una lunga serie di oppositori politici (per lo più curdi) che furono perseguitati o ammazzati dal movimento rosso. Uno di loro, un professore universitario di nome Fadhil Dawood, raccontò: «L’Ypg sostiene di proteggere i curdi e la popolazione della regione, ma non è la verità. Si limitano a prendere i soldi e a fare quello che vogliono».All’epoca tutto andava bene, poiché i comunisti curdi erano utili alle armate di Babilonia. Ma ora il vento è cambiato, e i compagni sono stati serenamente scaricati. Tanto che Zerocalcare, coerentemente, ieri è insorto dalla prima pagina di Repubblica per gridare il suo sdegno. L’accordo con la Turchia, ha detto, «mette in discussione, per dirne uno, il diritto all’asilo. E oltre al Pkk, si impegna a non sostenere più anche partner affidabili che ci hanno aiutato nella guerra all’Isis e congela la discussione riguardo alla presenza del Partito dei lavoratori curdi nelle liste del terrorismo internazionale. Riporta indietro di anni l’intero processo di autodeterminazione del popolo curdo».Zerocalcare è davvero furibondo, e ribadisce che l’accordo è «la premessa a un’invasione del Nord della Siria da parte della Turchia. Sono tutti passaggi preliminari che mettono in sicurezza il progetto di Erdogan. E questo non solo spazza via il sacrificio di uomini e donne durato anni, ma è anche un disastro dal punto di vista geopolitico: dove arriva la Turchia ritorna la sharia e le zone che adesso stanno vivendo il progresso sociale, l’abolizione dei matrimoni obbligatori, il ruolo centrale delle donne, scomparirà nelle zone gestite dai gruppi jihadisti che potrebbero controllare quel territorio».In realtà, non è affatto detto che in Siria la popolazione sia destinata a trovarsi peggio sotto il tallone turco che sotto il dominio curdo. Però Zerocalcare ha perfettamente ragione nel denunciare l’ipocrisia dei sinceri democratici italiani che oggi restano silenti di fronte alla fregatura rifilata agli ex amici curdi. Giova ricordare che, qualche anno fa, il Pd era in prima fila a sventolare la bandiera curda. David Sassoli considerava «inaccettabile abbandonare i curdi» poiché «i contratti delle industrie europee di armamenti non valgono la vita di un popolo». Enrico Letta definiva «orribili» le azioni di Erdogan e nel 2019 tutto il partito sfilava a Roma «al fianco del popolo curdo». E adesso?Beh, adesso a Washington c’è il bravo democratico Joe Biden, e il Pd e Letta sono stati i primi ad allacciarsi l’elmetto, a invocare la guerra totale contro la Russia e a stendersi siccome zerbini ai piedi della Nato. Ergo, se gli Usa e la Nato decidono di abbandonare i curdi, a costoro non resta che tacere e obbedire, come sempre. In fondo, il Pd è fra i grandi azionisti del governo guidato da Mario Draghi, quello che mesi fa definiva Erdogan «un dittatore» e ora si stizzisce se i cronisti lo incalzano sui curdi («fate la domanda a Svezia e Finlandia», ha commentato aspro).Attenti, però. Come spesso accade, il dibattito pubblico italiano è per lo più dominato dagli psicodrammi liberal-progressisti, tuttavia occorre andare oltre i portabandiera atlantisti di Repubblica e le loro misere crisi di coscienza. Il punto, qui, non è tanto che i poveri curdi siano stati abbandonati, ma semmai che continuino ad esserlo gli italiani. I nostri governanti, oggi, digeriscono senza particolari tormenti la spietata leggerezza con cui la Ypg è stata defenestrata e accettano senza patemi il cinismo della Nato. Quando però si trattava di difendere gli interessi degli italiani, ci hanno tenuto a dichiarare con particolare foga che – di fronte al dramma ucraino – non si poteva essere cinici e indifferenti, che bisognava schierarsi a costo di danneggiare la nostra popolazione.Ne deduciamo che – in base ai comandamenti liberal - della morale si può fare strame se Babilonia lo ordina, ma della medesima morale bisogna farsi scudo qualora ci sia da sostenere l’invio di armi o il razionamento energetico. E mentre a sinistra qualcuno che piagnucoli per i curdi lo si trova, di pianti per gli italiani ne abbiamo uditi ben pochi: a noi ci incurdano senza problemi.
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