2022-07-29
I biglietti aerei e il giallo dei ministri. A giugno avevamo raccontato tutto
Antonio Capuano e consorte
«La Stampa» riciccia una nostra esclusiva su Salvini a Mosca citando presunti documenti degli 007. E associa i fatti alla caduta del governo, mentre il leghista rinunciò al viaggio proprio per evitare danni.È iniziata la campagna elettorale e come sempre alcuni giornali (e giornalisti) fanno sponda con il mondo anglosassone per portare avanti la loro personale riedizione della Guerra fredda. Stati uniti contro Russia e partiti progressisti dell’universo mondo contro sovranisti o supposti tali.L’ultimo capitolo di questo scontro ha come bersaglio Matteo Salvini e l’arma usata non è esattamente nuovissima, ma quello che conta è l’effetto e quello è stato fragoroso a causa di una sorta di riflesso pavloviano dei partiti di sinistra. Partiamo dall’inizio. Ieri mattina La Stampa, non nuova a certe operazioni di pseudo-intelligence, ha sparato in prima pagina un articolo dal titolo suggestivo: «I russi all’uomo di Salvini: ritirate i ministri?». L’intento dell’autore del pezzo, Jacopo Iacoboni, da tempo impegnato con lodevole determinazione nella salvaguardia dei valori occidentali dall’aggressione russa, era quello di svelare i retroscena del tour organizzato per Salvini a Mosca dal suo «consigliere per i rapporti internazionali» Antonio Capuano. Trasferta che, come è noto, dopo che alcuni giornali ne diedero notizia, venne annullata.Iacoboni, con una certa enfasi, nel suo servizio, annuncia «elementi nuovi sul rapporto tra Matteo Salvini e la Russia che illuminano di una luce inquietante anche la caduta di Mario Draghi». E ci spiffera, senza esitazione, l’origine riservata delle informazioni, ovvero «documenti di intelligence che La Stampa ha potuto visionare». Addirittura il giornalista riporta tra virgolette passi della supposta velina e, in particolare, quanto Oleg Kostyukov, «vicario dell'ufficio politico dell'ambasciata russa a Roma», avrebbe domandato a Capuano dopo il fallimento dell’operazione: «Il diplomatico, facendo trasparire il possibile interesse russo a destabilizzare gli equilibri del Governo italiano con questa operazione, avrebbe chiesto se i ministri della Lega fossero intenzionati a rassegnare le dimissioni dal Governo». Iacoboni ricorda che Kostyukov, figlio del generale Igor, capo del Gru (i servizi segreti militari russi), «è l'uomo che compra materialmente in quei giorni i biglietti aerei per la tentata, e poi abortita “missione di pace” di Salvini a Mosca». Una notizia, anche questa, che Iacoboni aveva già letto sulla Verità il 10 giugno scorso. Tanto da riportarla, citando correttamente il nostro giornale, il 17 giugno. Ma all’epoca, forse, non si era accorto di un’altra parte del nostro articolo, quello in cui avevamo ricostruito attraverso fonti qualificate gli incontri tra Kostyukov e Capuano e avevamo potuto scrivere: «Nella serata del 28 maggio Capuano avrebbe spiegato ai suoi interlocutori dell’ambasciata (Kostyukov, ndr) che il leader della Lega sarebbe tornato sui suoi passi anche per evitare di danneggiare con la sua decisione l’esecutivo. I russi, da parte loro, avrebbero negato possibili ripercussioni su Mosca per la fuga di notizie e si sarebbero mostrati interessati a sapere se i ministri della Lega fossero intenzionati a rassegnare le dimissioni dal governo». Cioè esattamente la stessa notizia che ieri ha fatto saltare sulla sedia Enrico Letta e Luigi Di Maio. Certo non avevamo fatto riferimento a «documenti di intelligence» (che secondo il sottosegretario con delega ai servizi Franco Gabrielli non esistono), né avevamo pubblicato virgolettati. Ma la sostanza era la stessa. Un risultato ottenuto grazie a un’inchiesta approfondita e a verifiche accurate. Che ci avevano permesso di fornire ai nostri lettori la stessa notizia con quasi due mesi di anticipo. Da allora Salvini ha preso le distanze sia da Capuano che dall’ambasciata russa. Ma non è bastato. E così, ieri, come detto, per riportare un po’ di ordine, è sceso in campo Gabrielli: «Le indiscrezioni apparse sul quotidiano La Stampa, in merito all’attribuzione all’Intelligence nazionale di asserite interlocuzioni tra l’avvocato Capuano e rappresentanti dell’ambasciata della Federazione Russa in Italia, per far cadere il governo Draghi, sono prive di ogni fondamento come già riferito al Copasir, in occasione di analoghi articoli apparsi nei mesi scorsi». Il presidente del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica Adolfo Urso ha tagliato corto: «Credo che la dichiarazione di Gabrielli sia sufficiente a evitare che il Copasir sia usato per campagne elettorali. Noi siamo un'istituzione e dobbiamo garantire anche questo». Ma forse il nocciolo della questione non è se le notizie siano vere o false, ma chi abbia messo in circolo non meglio identificati dossier in piena campagna elettorale. Chi ha deciso di partecipare alla competizione elettorale distribuendo nelle redazioni «documenti di intelligence», veri o presunti che siano? La verità, almeno stando ai racconti di Capuano, è che il leader della Lega, con il suo viaggio, più che al crollo del governo Draghi puntasse a un piccolo risultato a livello mediatico (a giudizio del consigliere gli sarebbe bastata persino «una pacca sulla spalla»). Al punto che, dopo la fuga di notizie sul viaggio a Mosca, Salvini avrebbe contattato Capuano e si sarebbe sfogato per le critiche ricevute da importanti esponenti della Lega e persino dalla presidente di Fratelli di Italia Giorgia Meloni.Il leader del Carroccio, con il suo consulente, avrebbe ribadito di essere comunque pronto a volare in Russia, ma che avrebbe voluto prima valutare a fondo le possibili conseguenze politiche della trasferta. Inoltre Capuano avrebbe riferito a Kostyukov che Salvini avrebbe fatto marcia indietro proprio per evitare la caduta dell’esecutivo. Un’informazione non certo secondaria che, però, ieri i lettori non hanno trovato nel resoconto della Stampa. Il quotidiano torinese non ha evidenziato neppure come l’unico contatto dei russi con la Lega, per quanto riguarda il viaggio a Mosca, fosse rappresentato dal signor Capuano. E attraverso di lui i diplomatici russi cercavano di indovinare le decisioni di Salvini. Quando, una quarantina di giorni fa, abbiamo scritto il nostro articolo, non abbiamo dato particolare enfasi all’interesse di Kostyukov per l’eventuale ritiro dei ministri della Lega dal governo perché ci era evidente, come lo era a Capuano, che, in quel momento, l’uscita del Carroccio dal gabinetto Draghi fosse uno degli ultimi pensieri del capo della Lega. E allora perché, con tanto ritardo, la vicenda viene adesso rispolverata dalla Stampa e da alcuni esponenti politici, che provano a spacciarla come una primizia e a collegarla maliziosamente alla caduta dell’ex presidente della Banca centrale europea, quando, invece, era associata a una fase che si è conclusa con la presa di distanze di Salvini da Capuano e dall’ambasciata russa? Draghi, probabilmente informato dalla nostra intelligence in tempo reale sui rapporti di Capuano con alcune spie russe, ha voluto togliersi un sassolino dalle scarpe e ha affidato la storia a un giornale amico? A nostro avviso, vista l’inedita e violentissima presa di posizione di Gabrielli, si tratta di un’ipotesi da scartare. E allora quali «documenti di intelligence» ha visionato Iacoboni? Il cronista, in questi giorni, è passato dall’ambasciata Usa in via Veneto? L’inviato, citando il documento, ieri ha scritto: «Nella scena di questa spericolata operazione […] gli americani si accorgono dei movimenti e cercano di marcarli, e depotenziarli». Quindi è tornato a citare le «sue» carte segrete: «Capuano sarebbe stato contattato da un soggetto dell'ambasciata americana a Roma, che si sarebbe detto molto interessato al viaggio del senatore Salvini a Mosca, pur non avendone ancora compreso la reale finalità. Capuano avrebbe risposto di non poter fornire dettagli» (agli americani) e, prosegue Iacoboni, «avrebbe rilanciato la palla chiedendo di vedere eventualmente dopo il viaggio in Russia l'allora incaricato d'affari dell'ambasciata Usa, sollecitandolo a organizzare un incontro del leader leghista “con esponenti di altissimo livello a Washington”». Qui il giornalista ci offre un indizio: «Gli americani, sappiamo da fonti qualificate, ovviamente non daranno mai seguito a questa cosa. Ma continueranno a tenere discretamente d'occhio questa vicenda». Dunque il cronista sostiene di essere aggiornato sulle iniziative dei diplomatici a stelle e strisce e dei loro apparati di intelligence, ma non cita per nome i funzionari coinvolti nella vicenda. Perché questa discrezione? In fondo, sembra di capire, anche gli americani conoscevano Capuano e lo contattavano direttamente. In tutta questa storia il vero paradosso è, però, un altro e cioè che uno dei primi a strumentalizzare a fini politici il pezzo di Iacoboni sia stato Luigi Di Maio, ex capo dei 5 stelle. Infatti prima di Salvini il target preferito del giornalista erano stati proprio i grillini. Il nome dell’inviato era persino spuntato nelle carte dell’inchiesta Open come terminale prescelto per la pubblicazione di analisi anti Movimento preparate da un docente (Fabio Pammolli) e da un ex hacker (Andrea Stroppa) al servizio della cosiddetta Bestia social renziana. Iacoboni, con noi, ammise di aver ricevuto l’analisi da Pammolli (in quel momento in trincea con Renzi), ma di averla fatta «vedere ad altri fisici» prima di pubblicarla. Fatto sta che quando c’è da menare, prima o dopo le Leopolde, Iacoboni è in prima fila. Ma non è il solo. A utilizzare quel tipo di documentazione poco scientifica e molto orientata sull’influenza dei russi nell’attività social di Lega e 5 stelle sono stati anche il New York Times, The Guardian e il sito Buzzfeed. La stessa compagnia di giro che ha rimesso in moto la macchina del fango in vista delle elezioni di settembre.