2020-09-03
I 5 stelle preparano gli scatoloni per Conte
L'esecutivo sempre più instabile: Luigi Di Maio smentisce di aver guidato i grillini firmatari dell'emendamento anti Conte. Sospetti su Angelo Tofalo e Vito Crimi, ai ferri corti con l'avvocato. La probabile disfatta dei dem alle regionali sarà il colpo di grazia, Nicola Zingaretti trema.Giuseppi Conte farà bene a preparare gli scatoloni: la sua esperienza da presidente del Consiglio mai eletto neanche in una assemblea condominiale sta per terminare. L'avviso di sfratto è stato recapitato a Palazzo Chigi da 50 deputati del M5s, quelli che hanno firmato l'emendamento che aveva l'obiettivo di abrogare la norma sui servizi segreti inserita (segretamente) nel decreto emergenza, e che ha costretto Giuseppi a mettere la fiducia. Mario Draghi, a quanto risulta alla Verità, è oggetto di un pressing asfissiante per accettare la premiership dopo le regionali. Ma ci sono altri due scenari per il dopo-Conte: uno con Luigi Di Maio premier, l'altro con Dario Franceschini a Palazzo Chigi. Chi c'è dietro la mossa dei deputati grillini, così dirompente nei confronti di Conte? I sospetti di tutti, ieri, si sono concentrati su Di Maio, fiero avversario del premier col ciuffo. «Sono totalmente prive di fondamento», fa sapere Palazzo Chigi attraverso una nota, «le ricostruzioni secondo cui vi sarebbero, da parte del presidente del Consiglio o di Palazzo Chigi, sospetti sull'operato del ministro degli Esteri Luigi di Maio». «Ho piena fiducia nel presidente del Consiglio», sottolinea lo stesso Di Maio a Radio anch'io, «e nei vertici dell'intelligence in un momento così complicato per il Paese». Conte e Di Maio d'amore e d'accordo? Macchè: chi ben conosce le dinamiche interne al M5s racconta una storia assai diversa. A ispirare i retroscena che vorrebbero Di Maio regista dell'emendamento anti-Conte, infatti, sarebbe stato, secondo quanto viene riferito alla Verità da fonti estremamente attendibili, proprio Palazzo Chigi, che avrebbe poi affidato ai media la smentita di rito. Leggendo i nomi dei firmatari, però, ci si accorge che i fedelissimi di Di Maio non sono neanche la metà. I sospetti si concentrano così su Angelo Tofalo, sottosegretario M5s alla Difesa, appassionato di intelligence, che in combutta con il reggente Vito Crimi avrebbe tentato di fare il «servizio» (tutt'altro che segreto) a Conte.Tra Crimi e Conte, infatti, i rapporti sono ridotti al lumicino: tutti ricordano la porta sbattuta da Don Vito in faccia a Giuseppi quando quest'ultimo tentò in extremis di far celebrare le nozze elettorali tra Pd e M5s in Puglia e Marche per le regionali del 20 e 21 settembre. Ormai, Crimi gode solo della fiducia dei grillini seguaci del presidente della Camera, Roberto Fico, gli unici disposti a qualunque sacrificio pur di mantenere Giuseppi al governo.A proposito di regionali: la probabile disfatta del Pd, che rischia di mantenere la guida della sola Campania, pur partendo da 4 regioni governate (Campania, Toscana, Puglia e Marche) contro due del centrodestra (Veneto e Liguria), sarà la goccia che farà traboccare il premier col ciuffo. Anche un 4-2 aprirà la crisi di governo: Conte è già sulla graticola, accusato dal M5s non solo di non essersi speso per il referendum sul taglio dei parlamentari, ma di essersi ormai asserragliato in un fortino difeso solo da Fico e dalla parte del Pd che ancora sostiene la leadership di Nicola Zingaretti.Dunque, salvo clamorosi imprevisti, Conte sta vivendo i suoi ultimi giorni a Palazzo Chigi: per salvare la sua premiership ci vorrebbe un miracolo, ovvero le vittorie di Michele Emiliano in Puglia e di Eugenio Giani in Toscana. Matteo Renzi, da parte sua, torna all'assalto del governo, cannoneggiando la scelta di Luciano Miele per la presidenza della Corte dei Conti. Miele, vicino al M5s, in passato sui social ha insultato Renzi in maniera assai colorita, definendolo «bullo, furbastro, bugiardo, cazzaro di Rignano sull'Arno, ha la faccia come il…». «I Cinque Stelle», scrive Renzi nella sua e-news, «vogliono alla guida della Corte dei Conti un magistrato che mi ha insultato pesantemente in più di una circostanza. Per me personalmente non c'è che una soluzione: chiedere i danni in sede civile per gli insulti e le menzogne. E questo faccio. Ma la partita va oltre la mia persona: è sconvolgente», aggiunge Renzi, «che nessuno rifletta sul fatto che questa politicizzazione scandalosa, con l'assegnazione di incarichi di responsabilità a chi insulta leader politici, è devastante per la credibilità delle istituzioni».Michele Anzaldi, deputato di Italia viva, azzanna il premier «Sul gravissimo colpo di mano per la proroga di 4 anni dei vertici dei servizi segreti», scrive Anzaldi su Facebook, «decisa senza alcuna discussione in parlamento e addirittura ora con la fiducia, Palazzo Chigi deve chiedere scusa ai giornalisti, ai quotidiani e ai parlamentari che a inizio agosto sollevarono il caso. Tutti ricordiamo la durissima nota diffusa dall'ufficio stampa della presidenza del Consiglio che intendeva smentire ciò che invece era chiaro a tutti: con la norma inserita di notte e in segreto nel decreto Covid venivano raddoppiati i tempi di permanenza in carica di vertici dell'intelligence. Palazzo Chigi disse che non era vero», sottolinea Anzaldi, «ma quel comunicato era una palese fake news, ora arriva la conferma definitiva».
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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