2021-02-11
I 5 stelle agghindano il quesito di Rousseau. Ma Draghi aggira i diktat dell’Elevato
Scucito un ministero «verde» (cui aspira Giuseppi), si sblocca il voto sulla piattaforma. Però sparisce l'opzione astensioneNiente impegno pubblico, ma un sì cortese espresso in privato a Beppe Grillo: Mario Draghi sblocca lo stallo interno ai grillini, dilaniati a tal punto da costringere lo stesso Grillo a stoppare la votazione già indetta per ieri su Rousseau relativa alla partecipazione al governo, telefonando al fondatore del M5s e garantendo la istituzione di quel superministero alla Transizione ecologica che l'Elevato ha posto come condizione per partecipare all'esecutivo. Votazione che, dopo lo stop and go imposto da Grillo, si terrà oggi, come comunicato dal reggente Vito Crimi, dalle 10 alle 18. A quanto apprende La Verità, alla guida del superministero potrebbe approdare Giuseppe Conte, mentre Luigi Di Maio avrebbe chiesto di essere confermato alla Farnesina. Non ci sarà, però, quella dichiarazione pubblica che i grillini avevano tentato di estorcere, in termini politici, a Draghi. «La questione», dice Grillo nel video in cui annuncia la sospensione della votazione su Rousseau, «è se questa persona (Draghi, ndr) è sincera, finge o non finge. Io aspetterei che questa persona faccia le dichiarazioni che ha fatto a noi in modo pubblico». Niente da fare: il premier incaricato, molto sottilmente, lascia che sia la presidente del Wwf Italia, Donatella Bianchi, ieri alle 18.30, a dare la conferma ufficiale: «La buona notizia», dice la Bianchi al termine dell'incontro con Draghi, «è che ci sarà un ministero della transizione ecologica, e le sue competenze saranno concentrate». Non passano neanche 20 minuti, e Luigi Di Maio commenta la novità su Twitter: «Un'ottima notizia. Un'importante innovazione», scrive Giggino, «a beneficio dell'Italia proposta da Beppe Grillo, che come sempre sa guardare lontano». «È la svolta», conferma alla Verità, tutto contento, un big pentastellato. Chi si accontenta gode, e i grillini godono (o fingono, e se fingono lo fanno molto bene). Fatto sta che, in questa Italia dei segnali di fumo, tocca al Wwf comunicare agli italiani che il governo Draghi è vicino al decollo: occorrerà poi vedere come sarà declinato, questo superministero, quali competenze effettivamente assorbirà (visto che al dicastero dell'Ambiente esiste già un dipartimento per la Transizione ecologica e gli investimenti verdi), su quali e quanti fondi potrà contare, se il premier incaricato verrà davvero incontro alle richieste del M5s, oppure se il suo stratagemma, quello di far dire in pubblico alla leader dell'associazione ambientalista quello che i grillini avrebbero voluto ascoltare dalla sua voce, non è altro che un modo per aggirare l'ostacolo. Fatto sta che adesso la votazione su Rousseau sulla partecipazione del M5s al governo, annunciata e rinviata in un parossistico crescendo di contrasti interni ai grillini, sembra spaventare meno i big pentastellati, che temono una vittoria dell'astensione che farebbe esplodere definitivamente il M5s. Il quesito agli iscritti è molto neutro: «Sei d'accordo che il Movimento sostenga un governo tecnico-politico: che preveda un superministero della Transizione ecologica e che difenda i principali risultati raggiunti dal Movimento, con le altre forze politiche indicate dal presidente incaricato Mario Draghi?». Il quadro della situazione all'interno del M5s è questo: i big hanno già deciso di entrare nel governo, per una serie di ragioni, che vanno dal supremo interesse del Paese ai tre ministeri che toccheranno ai pentastellati, mentre la fronda anti Draghi, guidata da Alessandro Di Battista, premeva per una votazione su Rousseau attraverso un quesito secco, che comprenda anche, tra le opzioni, quella dell'astensione. Grillo, però, ieri mattina, sul suo blog, era tornato a chiedere a Draghi la istituzione di un «superministero per la Transizione ecologica che fonde le competenze per lo sviluppo economico, l'energia e l'ambiente». I grillini chiedono un impegno pubblico sulla questione da parte di Draghi, ma alle 17.30 arriva la doccia fredda: fonti vicine al premier incaricato fanno sapere che non verrà rilasciata alcuna dichiarazione. Un'ora dopo, ecco il colpo di scena con la dichiarazione della presidente del Wwf. «Il superministero si farà», conferma alla Verità una fonte che sta lavorando alla formazione del governo, «basta un decreto e si parte. Del resto, senza il M5s salta il governo Draghi. La coalizione è pronta, ci saranno tutti tranne Fdi e qualche grillino dissidente. Il governo sarà tecnico-politico: tre ministeri andranno al M5s, due alla Lega, due al Pd, due a Fi, uno a Iv e uno ai piccoli. Il resto, saranno tecnici». Torniamo a Conte. Il quasi ex premier glissa sulle voci che lo vogliono in corsa per la leadership del M5s: «Non ambisco a incarichi personali», azzarda Giuseppi, «a incarichi formali, l'importante è avere una traiettoria politica, coltivare un percorso politico da offrire anche al Paese, a tutti coloro che saranno convinti di questo progetto. Se fossi iscritto alla piattaforma Rousseau voterei sì», aggiunge Conte, «perché il Paese è in condizioni tali, ci sono tali urgenze, che comunque è bene che ci sia un governo». Resta da capire come verrà accolta da Draghi e da Sergio Mattarella quella condizione posta da Beppe Grillo nel video in cui annuncia lo stop alla votazione su Rousseau: «Draghi mi ha dato ragione su tutto», dice Grillo, «ma domani (oggi, ndr) votare su queste robe no, aspettiamo un attimo. Aspettiamo lui che abbia le idee chiare, perché lui dirà cosa vuol fare. Ho detto: primo non ci deve entrare la Lega perché la Lega di ambiente non ha mai capito una mazza di niente». Il tentativo di Grillo, che dice quello che il Pd pensa, è quello di trasformare l'esecutivo guidato da Mario Draghi in una sorta di Conte ter senza Conte. Un tentativo destinato a naufragare, considerato che Mattarella, prendendo atto del fallimento dell'incarico esplorativo a Roberto Fico, e prima di chiamare Draghi, ha testualmente parlato di «un governo di alto profilo, che non debba identificarsi con alcuna formula politica».
A condurre, il direttore Maurizio Belpietro e il vicedirettore Giuliano Zulin. In apertura, Belpietro ha ricordato come la guerra in Ucraina e lo stop al gas russo deciso dall’Europa abbiano reso evidenti i costi e le difficoltà per famiglie e imprese. Su queste basi si è sviluppato il confronto con Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, società con 70 anni di storia e oggi attore nazionale nel settore energetico.
Cecconato ha sottolineato la centralità del gas come elemento abilitante della transizione. «In questo periodo storico - ha osservato - il gas resta indispensabile per garantire sicurezza energetica. L’Italia, divenuta hub europeo, ha diversificato gli approvvigionamenti guardando a Libia, Azerbaijan e trasporto via nave». Il presidente ha poi evidenziato come la domanda interna nel 2025 sia attesa in crescita del 5% e come le alternative rinnovabili, pur in espansione, presentino limiti di intermittenza. Le infrastrutture esistenti, ha spiegato, potranno in futuro ospitare idrogeno o altri gas, ma serviranno ingenti investimenti. Sul nucleare ha precisato: «Può assicurare stabilità, ma non è una soluzione immediata perché richiede tempi di programmazione lunghi».
La seconda parte del panel è stata guidata da Giuliano Zulin, che ha aperto il confronto con le testimonianze di Maria Cristina Papetti e Maria Rosaria Guarniere. Papetti ha definito la transizione «un ossimoro» dal punto di vista industriale: da un lato la domanda mondiale di energia è destinata a crescere, dall’altro la comunità internazionale ha fissato obiettivi di decarbonizzazione. «Negli ultimi quindici anni - ha spiegato - c’è stata un’esplosione delle rinnovabili. Enel è stata tra i pionieri e in soli tre anni abbiamo portato la quota di rinnovabili nel nostro energy mix dal 75% all’85%. È tanto, ma non basta».
Collegata da remoto, Guarniere ha descritto l’impegno di Terna per adeguare la rete elettrica italiana. «Il nostro piano di sviluppo - ha detto - prevede oltre 23 miliardi di investimenti in dieci anni per accompagnare la decarbonizzazione. Puntiamo a rafforzare la capacità di scambio con l’estero con un incremento del 40%, così da garantire maggiore sicurezza ed efficienza». Papetti è tornata poi sul tema della stabilità: «Non basta produrre energia verde, serve una distribuzione intelligente. Dobbiamo lavorare su reti smart e predittive, integrate con sistemi di accumulo e strumenti digitali come il digital twin, in grado di monitorare e anticipare l’andamento della rete».
Il panel si è chiuso con un messaggio condiviso: la transizione non può prescindere da un mix equilibrato di gas, rinnovabili e nuove tecnologie, sostenuto da investimenti su reti e infrastrutture. L’Italia ha l’opportunità di diventare un vero hub energetico europeo, a patto di affrontare con decisione le sfide della sicurezza e dell’innovazione.
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