
A metà pomeriggio troviamo Paul Bradley, in arte Mal, mentre, da buon inglese, sta giocando a golf ad Asolo, non lontano da casa sua. Classe 1944, arrivò in Italia con la sua band, i Primitives, nel 1966. Nel giro di poco divenne una colonna portante del Piper Club, e poi, nel 1969, con Pensiero d’amore, un divo nazionale non solo della canzone, ma anche del cinema musicarello, dei fotoromanzi e della tv. Conteso dalle donne, spesso al centro delle cronache rosa, la sua carriera è transitata per molti altri successi. Mal è in forma smagliante, gratificato della sua vita famigliare, con la compagna, Renata, e due figli ormai grandi. Ma non dimentica la musica, né la giovinezza che, anche nella maturità, continua a ruggire, tant’è che è riuscito a riunire i Primitives, incidendo un nuovo disco.
Come si trova in Friuli?
«Abito a Pordenone da più di trent’anni. Mia moglie l’ho incontrata da queste parti, abbiano messo su famiglia e sto molto, molto bene».
Quali sono le cose che più ama fare?
«Ascoltare e scrivere la musica, perché la musica è la mia vita, io sono qui oggi grazie alla musica. E poi l’hobby del golf. Ho fondato l’Associazione italiana cantanti musicisti golfisti, io sono il presidente e facciamo in giro gare di golf, una cosa molto carina e pure impegnativa».
Fu notato in un locale di Soho, a Londra, con i Primitives, dal fondatore del Piper Alberigo Crocetta, con Gianni Boncompagni…
«Boncompagni, che all’epoca era un disk jockey, accompagnava Crocetta e lo consigliava per promuovere il Piper Club e importare in Italia musicisti. Negli anni Sessanta non esisteva Internet ed era difficile per i giovani collegarsi tra loro, capire le mode musicali, del vestire… Si andava col passaparola o sintonizzandosi su radio Luxembourg… Io sono stato fortunato perché Crocetta, che dopo è diventato il mio manager, scelse la mia band. Il mio primo disco, con la Piper, fu Blow up, e poi il 45 giri Yeeeah!, parole italiane di Sergio Bardotti e Luigi Tenco, non era facile per me all’epoca masticare l’italiano, anche se non è che lo parlo molto meglio adesso, ma allora lo parlavo molto peggio… Scrissero questa mitica frase: “I tuoi occhi sono fari abbaglianti e io ci sono davanti…”».
Perché il Piper perse poi il suo ruolo di calamita?
«Cambiavano le mode e i tempi. Allora c’erano i locali, poi le cose si sono ingrandite, gli artisti iniziavano a lavorare negli stadi. Agli inizi, al Piper hanno suonato anche i Pink Floyd, ora sarebbe impossibile».
Quando ha deciso di stabilirsi definitivamente in Italia?
«All’inizio, nel 1966, avevo un contratto per un mese con Crocetta al Piper. Doveva finire lì e io tornare in Inghilterra. E invece con il successo avuto dal vivo, il contratto fu allungato per alcuni mesi, poi nacquero i dischi, i Primitives si sciolsero, avevano altri impegni. Il batterista, Pick Withers, mi ha lasciato circa nel 1969 e tornò in Inghilterra. L’Rca cominciava a lanciarmi come cantante solista. Poi iniziai a fare i musicarelli…».
Ma, in principio, le mancava l’Inghilterra?
«No, non mi è mancata. Certamente mi mancava la mia famiglia, mia madre e mio padre, che vivevano a Oxford. Ma le cose si muovevano così velocemente, dischi nuovi, spettacoli, poi film, fotoromanzi, che non avevo neanche tempo per pensare…».
Ci torna in Gran Bretagna, di tanto in tanto?
«Quando avevo i miei genitori sì, ora non ci sono più, ho due sorelle che vivono a Oxford, ma raramente torno e poi nell’ultimo periodo con il Covid sono rimasto un po’ bloccato, ora che le cose si sono un po’ calmate credo che continuerò ad andare, anche a Londra, dove mi piace camminare, vedere i negozi, qualche commedia musicale a teatro…».
Le è capitato anche di rivedere il suo piccolo paese natale, in Galles?
«Mai andato. Però ho curiosato con Google Maps e ho visto la clinica dove sono nato, a Llanfrechfa».
In Gran Bretagna nascono ancora giovani band?
«Sicuramente sì, però una volta si suonava per divertimento, noi siamo tutti coetanei, con Beatles, Rolling Stones, Pink Floyd. Era divertente, ma ora è tutto in una dimensione elettronica che non ha più l’anima e il cuore di allora… Tutto è molto più tecnico, io non riesco a stare al passo con i giovani di oggi, molte cose non le capisco…».
Gli inglesi si affezioneranno a Carlo come lo sono stati a Elisabetta?
«Anche lì i tempi sono cambiati, penso che al momento sono contenti così, però non credo durerà un’eternità perché Carlo ha già una certa età».
La sua era una famiglia cattolica?
«No, protestante, la Chiesa dell’Inghilterra (anglicana, nda)».
Sua madre lavorava?
«Sì, naturalmente, perché quando sono nato io alla fine della guerra, tutti dovevano lavorare per tornare alla normalità e allora mio padre, mia madre e anch’io lavoravamo, io distribuivo i giornali per guadagnare qualche scellino e aiutare la famiglia».
Ai vostri figli avete dato un’educazione cattolica?
«Sì sì, mia moglie è cattolica, anche io, tutto in regola».
Se non fosse diventato cantante, quale mestiere avrebbe fatto?
«Prima di tutto ho iniziato a fare l’apprendista elettricista. Questo sarebbe stato il mio destino, secondo mio padre, quando avrei finito la scuola dell’obbligo, perché non ho fatto l’università, anche se stavo a Oxford. Voleva che io lavorassi con lui e mettessi su una ditta, famiglia. All’inizio rimase deluso, fin che ha visto il successo che ho avuto in Italia».
Si sente ancora con i suoi compagni dei Primitives? Che destino hanno avuto? Uno, Pick Whiters, divenne batterista dei Dire Straits…
«Esatto, il mio batterista, all’inizio con Mark Knopfler facevano la fame in Gran Bretagna, perché Dire Straits vuol dire “disperazione al massimo”, erano disperati perché non lavoravano e non guadagnavano e poi all’improvviso il successo mondiale. Pick Withers lavorò anche a un Lp di Bob Dylan. Il bassista Jay Roberts, o Geoffrey Farthing, il suo vero nome, è morto una ventina di anni fa, era tornato in Inghilterra, credo avesse avuto un incidente e non riusciva più a suonare, cominciò a dedicarsi all’antiquariato, credo sia subentrata la depressione, una sera prese una dose eccessiva di farmaci e non si svegliò più, ma non avevo più contatti con lui e nessun amico in Inghilterra che lo conoscesse. Il chitarrista Dave Sumner, vive ancora a Roma, ha tre figli… Ma vorrei anticipare una cosa, non ancora ufficializzata».
Prego.
«Ho ri-formato i Primitives, con Pick Withers e Dave Sumner. Abbiamo registrato una serie di canzoni, alcune sono del vecchio repertorio Primitives, quello che suonavamo dal vivo al Piper Club, le famose canzoni dell’epoca, e altre canzoni nuove, inedite. Stiamo per lanciare questa ri-unione del Primitives. Il disco è finito, stiamo registrando un video, fra poco uscirà».
I giornali le attribuirono storie con parecchie attrici, cantanti e fotomodelle. Tutto vero?
«Quelle storie non erano inventate ma esagerate e colorate dalla fantasia dei giornalisti. Ma non voglio approfondire».
Beh, non dica che non piaceva alle donne…
«Diciamo che andavo di moda. Preferisco essere conosciuto come cantante, per voce e canzoni…».
Con il matrimonio mise la testa a posto…
«Innanzitutto non sono sposato, non ci credo più di tanto nel matrimonio, vabbè è un contratto, credo che se due persone si vogliono bene possano vivere, amare, fare figli, senza fare un contratto. Sto bene così, stiamo bene così, abbiamo una bella famiglia. Ormai sono più di 30 anni e questa è la dimostrazione che le cose funzionano».
Spesso ha detto di non amare molto di essere ricordato per Furia. Attraverso questa canzone, tuttavia, ha conosciuto la sua compagna…
«Sì, feci un concerto e, nelle canzoni del mio repertorio, come Pensiero d’amore, Occhi neri, Parlami d’amore Mariù, c’è anche Furia. Renata era presente con amici e mi chiese questa canzone, l’ho invitata sul palco a cantarla e da lì è partita la nostra storia».
Quale canzone l’ha maggiormente gratificata come guadagni?
«Pensiero d’amore, fu fatto anche il film. Ma ero sotto contratto, stipendiato, con Crocetta, il disco ha guadagnato molto ma non ho potuto sfruttarlo come fosse una mia iniziativa. Ho guadagnato tanto, però poco. Furia è forse quello che mi ha fatto guadagnare di meno come disco, ma le serate aumentavano. Avevo solo il contratto per una sigla tv, poi tutti impazzirono per il telefilm e fu fatto un disco, che vendette 1 milione e mezzo di copie, ma avevo solo l’1 per cento…».
Cantò una bella canzone con testi di Paolo Conte, Ti porta via, sulla gelosia. Le è capitato di essere geloso?
«Aaah, io ho subìto tutte le esperienze (ride). Questa canzone non ha avuto successo (la intona), ho fatto alcune belle canzoni che non hanno avuto molto successo, poi Furia prima in classifica, ma questo succede al 99 per cento degli artisti».
Da giovane, auto sportive, come la De Tomaso Mangusta. E adesso?
«No, adesso ho un suv alto, le macchine basse, sportive, non fanno più parte della mia vita. Ho bisogno di una macchina grande, anche per metterci dentro tutte le mazze da golf».
Ricorda un suo sogno?
«Sa che quando la mattina mi sveglio non mi ricordo neanche un sogno? Sembra strano, ma le giuro che non mi ricordo nulla. È sempre stato così…».






