2018-10-09
«Ho pronto un esposto in Procura sulla truffa dei marittimi filippini»
Il segretario della Federmar Cisal Alessandro Pico si rivolge ai pm perché indaghino sulla tratta di lavoratori emersa a Manila. «Le aziende di reclutamento gestiscono persino i pagamenti, spesso dai paradisi fiscali. E speriamo che i magistrati vogliano indagare sul fenomeno del reclutamento degli operatori del mare su cui ci sarebbe molto da dire».«Abbiamo pronto un esposto da depositare in procura per capire fino a che punto l'Italia sia coinvolta in questa sporca faccenda. Lo presenteremo Genova, uno dei porti più importanti per le agenzie di manning. E speriamo che la procura voglia indagare sul fenomeno del reclutamento degli operatori del mare su cui ci sarebbe molto da dire». Alessandro Pico, segretario nazionale Federmar Cisal, il sindacato che sulle navi che battono bandiera italiana è riferimento per oltre il 38% dei lavoratori, coglie la palla al balzo. La notizia dell'inchiesta avviata dal National bureau investigation delle Filippine sul reclutamento irregolare di personale filippino (riportata anche dalla Verità) attraverso società e agenzie di manning che secondo gli investigatori erano «sotto il comando» delle compagnie italiane «Grimaldi e Giuseppe Bottiglieri» di Napoli ha aperto un varco per fare luce sull'intero settore, facile terreno di conquista per chi vuole speculare sul costo del lavoro.Siete partiti dall'inchiesta avviata nelle Filippine? «Lo spunto è quello e anche se non abbiamo avuto la possibilità di leggere esattamente i contenuti della denuncia da cui l'inchiesta ha preso le mosse abbiamo qualche sospetto…»Quale sospetto?«Che il gioco sia quello che già conosciamo: cioè che questi lavoratori vengono assunti con busta paga apparentemente regolare ma che poi, per tenersi il posto, siano costretti a restituire a chi gli procura il lavoro una parte del denaro». Come sperate venga alla luce?«Gli investigatori potrebbero verificare se i lavoratori di questa o quella agenzia, magari incassano una cifra e poi, ad una determinata scadenza, magari sempre uguale, ne prelevano una buona parte dal loro conto e la restituiscono al mandatario o chi per esso».È un metodo usuale?«Sì, in molti settori, in Italia. E, come è ovvio, i lavoratori stranieri che provengono da Paesi poveri sono anche più esposti, perché più ricattabili».E sono tanti quelli che lavorano sulle navi…«La maggioranza, anche su navi che battono bandiera italiana».Perché? «Il problema sta tutto nel costo del lavoro. Un lavoratore non italiano, e soprattutto extraeuropeo, è un lavoratore che costa molto meno».Eppure in Italia esiste una norma che vorrebbe soprattutto italiani sulle navi…«Sì è la legge 30, che nel 98 ha modificato il codice della navigazione, indicando che il personale deve essere italiano per chi fa cabotaggio nazionale (va da isola a isola o da territorio nazionale alle isole) e in cambio l'armatore ottiene sgravi fiscali, e non paga il costo del lavoro, se non per la parte in carico al lavoratore».E invece cosa succede?«L'escamotage è toccare un porto straniero e agganciarsi all'altra parte della legge, che grazie ad accordi con Cgil, Cisl e Uil che percepiscono dall'armatore circa 300 dollari a marittimo, permette a fa rotte internazionali di assumere solo sei figure necessariamente italiane».Quali?«Quattro ufficiali e due sottoufficiali, il resto dell'equipaggio può di altra nazionalità».Una legge sbagliata?«Era nata con l'intento di riportare in Italia le navi che, per evitare di dover assumere italiani, battevano bandiere di comodo, e ha previsto forti incentivi fiscali a chi fa questa scelta».Che comunque non bastano…«Conviene comunque in termini di sfruttamento, assumere lavoratori che vengono da Paesi in cui il costo del lavoro è inferiore. Non solo perché vengono pagati con stipendi del Paese di residenza e dunque meno rispetto agli italiani, ma anche perchè il lavoro sulle navi li porta a guadagnare comunque di più rispetto alla loro vita locale e, così, accettano anche di essere trattati da schiavi lavorando fino a 18 ore al giorno».Qualcuno si lamenta?«Nessuno. Chi si lamenta non lavora più». Un mercato poco trasparente… «Purtroppo molto è lasciato in mano alle agenzie di manning e il personale viene imbarcato a chiamata».E un registro nazionale?«No, anche se la legge prevedeva un osservatorio mai istituito. Ed è qui che le agenzie giocano una parte importante: io operatore del mare non so mai quali chiamate sono in arrivo e in che posizione mi trovo».Quindi mi devo fidare…«Sì, di fatto gli armatori prendono il pacchetto completo: pagano e ottengono ciò che vogliono».Le agenzie hanno in mano anche i pagamenti?«Sì, sono loro che emettono la busta paga e, guarda caso, finiscono spesso per aprire la loro sede in paradisi fiscali».Con grave danno per l'Italia…«Grave a tutti i livelli: disoccupazione che cresce ed entrate fiscali che calano».
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L'evento organizzato dal quotidiano La Verità per fare il punto sulle prospettive della transizione energetica. Sul palco con il direttore Maurizio Belpietro e il vicedirettore Giuliano Zulin, il ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana, il presidente di Ascopiave Nicola Cecconato, il direttore Ingegneria e realizzazione di Progetto Terna Maria Rosaria Guarniere, l'Head of Esg Stakeholders & Just Transition Enel Maria Cristina Papetti, il Group Head of Soutainability Business Integration Generali Leonardo Meoli, il Project Engineering Director Barilla Nicola Perizzolo, il Group Quality & Soutainability Director BF Spa Marzia Ravanelli, il direttore generale di Renexia Riccardo Toto e il presidente di Generalfinance, Boconi University Professor of Corporate Finance Maurizio Dallocchio.