2025-07-18
Svolta Stellantis: investe e assume. In Africa
Sito industriale di Kenitra, Marocco
Mentre sprofonda in Europa, il gruppo degli Elkann raddoppia la produzione nell’impianto in Marocco: sul piatto 1,2 miliardi e 3.100 posti di lavoro. Intanto la Cina vuol calmierare la corsa al ribasso sui prezzi delle elettriche che sta mettendo in crisi le sue aziende.Basta piangere sul motore versato in Italia. Per Stellantis è tempo di investire dove il futuro sorride. In Marocco. Con un assegno da 1,2 miliardi di euro e un piano industriale poderoso il gruppo presieduto da John Elkann ha annunciato il raddoppio della produzione nello stabilimento marocchino di Kenitra. Obiettivo? Un milione di veicoli all’anno entro il 2030. E mentre in Italia i sindacati fanno l’appello dei cassintegrati, nella cittadina che sorge vicino la capitale Rabat si assumono 3.100 lavoratori. Ma tranquilli: saranno tutti «green», sorridenti e perfettamente allineati al nuovo parametro dell’ideologia green. Delocalizzata, ma pur sempre sostenibile.L’Italia ha fatto il suo tempo: una volta sfornava auto che hanno fatto la storia. Oggi al massimo sforna proteste. A Kenitra si costruisce il domani: Citroën Ami, Opel Rocks-e, Fiat Topolino. Auto piccole, economiche, elettriche. Auto che sembrano cartoni animati. Prezzi bassi e con efficienza altissima: 425 kWh per veicolo prodotto, roba che Mirafiori può solo sognare. A raccontarlo con orgoglio è Samir Cherfan, boss delle operazioni Stellantis in Africa: «Un futuro ancora più ambizioso». I lavori per la realizzazione dell’impianto marocchino erano stati avviati nel 2015, a seguito di un accordo tra l'allora Psa (Peugeot-Citroen) e il Regno del Marocco. La fabbrica è entrata in funzione nel 2019 con l’avvio della produzione della Peugeot 208, a cui si è poi aggiunta la versione elettrica e-208. Infatti lo stabilimento marocchino, già operativo dal 2019 e ampliato nel 2022, diventerà il cuore pulsante della strategia elettrica del gruppo. Arriveranno anche la piattaforma Smart Car (la stessa della nuova Fiat Panda serba) e 702 milioni di euro destinati ai fornitori locali. Altro che incentivi statali: qui si investe davvero.La reazione italiana? Una prevedibile mescolanza di sdegno, impotenza e nostalgia canaglia. La Lega, attraverso il suo dipartimento di Economia si è affrettata a definire «assurda» la scelta di Stellantis, ricordando all’azienda quanto abbia incassato dallo Stato italiano, in sussidi, incentivi, agevolazioni e carezze fiscali varie. Giusto. Ma anche totalmente inutile. Perché a Piazza Affari il titolo Stellantis è salito del 2,1% a 8,1 euro. La politica italiana guarda impotente, invoca tavoli e ricorda accordi mai rispettati. Carlo Calenda chiede al governo di chiamare Elkann per chiedergli conto «dell’ennesima presa per i fondelli». Una reazione prevedibile, certo, ma che fotografa il cortocircuito tra retorica industriale e realtà occupazionale.Il gruppo risponde con l’unico argomento che oggi conta davvero: «Il Marocco è più competitivo». Il capo del governo marocchino Aziz Akhannouch, intervenuto in occasione della cerimonia di inaugurazione della nuova ala dello stabilimento spiega che il progetto rappresenta non solo un ampliamento produttivo, ma anche una pietra miliare nella strategia industriale del Marocco. Ma anche nella trasformazione elettrica del settore automotive globale. E mentre Stellantis trova il suo paradiso africano, altrove l’automotive piange. Volvo Trucks, il colosso svedese dei camion, ha appena annunciato un calo del 12% del fatturato nel secondo trimestre. I clienti nordamericani, infatti hanno deciso di stare a guardare, in attesa di capire che fine faranno dazi e normative sulle emissioni.Il risultato? Un utile netto dimezzato e una produzione da tagliare. Lo ha spiegato l’amministratore delegato Martin Lundstedt, dicendo che il mercato è «in fase di stabilizzazione» (che in linguaggio manageriale significa: stiamo sudando freddo).E se Volvo rallenta, la Cina accelera, ma nella direzione opposta: cerca il freno. Sì, perché l’invasione di veicoli elettrici a basso costo ha generato una guerra dei prezzi tanto selvaggia da distruggere le stesse aziende cinesi che avrebbero dovuto dominare il mondo. Ora Pechino corre ai ripari e annuncia regole contro la «concorrenza irrazionale». Una guerra commerciale tutta interna, che rischia di trasformarsi in un gigantesco suicidio industriale. La verità, amarissima come un caffè ristretto bevuto davanti ai cancelli di Pomigliano, è che l’industria dell’auto non è più un affare nazionale. Stellantis, Volvo, Byd: tutti giocano una partita globale, dove contano solo tre cose – costi, efficienza, margini. E se queste cose si trovano in Marocco, allora si va in Marocco. Senza guardarsi indietro.Chi si ostina a parlare di «rilancio industriale italiano» farebbe meglio a rivedere i piani: servono strategie, non nostalgie.
Alessandro Benetton (Imagoeconomica)