2021-02-17
Da reddito zero a 98.000 euro. Il grillino vota col portafogli
Il Movimento 5 stelle è un vulcano in attività pronto a esplodere. Così, per lo meno, lo descrivono le cronache di questi giorni. Secondo le indiscrezioni, il numero dei contestatori pronti a dissociarsi dalla linea ufficiale dettata da Beppe Grillo e subito sposata da Vito Crimi, capo politico autoreggente del gruppo, aumenterebbe di ora in ora.Il giorno in cui, con un'inversione a U, l'Elevato ha detto sì a Mario Draghi, la pattuglia dei parlamentari contrari a sostenere un governo guidato dall'ex governatore della Banca centrale europea era limitata a una decina di onorevoli, divenuti poi una trentina, per sfiorare infine la cinquantina. Ma oggi, quando il nuovo presidente del Consiglio chiederà la fiducia, tra senatori e deputati, i grillini ribelli potrebbero arrivare perfino a 70.Ammesso e non concesso che davvero tanti pentastellati si dissocino dalla linea ufficiale del Movimento, non c'è però motivo di temere colpi di scena. E non soltanto perché i numeri dei partiti che fanno parte della maggioranza sono cosi ampi da poter sopportare senza problemi decine di defezioni, ma perché l'ala dei contestatori non ha nessuna intenzione di strappare e di arrivare alle estreme conseguenze, cioè di far venir meno i voti che servono al nuovo premier. Anzi, da un lato i rivoltosi contestano la formazione di un esecutivo guidato da un banchiere, per di più insieme con i «nemici» della Lega e di Italia viva, i due partiti responsabili della caduta del Conte uno e del Conte due. Ma dall'altro sono ben contenti che alla fine, con l'arrivo di Draghi, si sia scongiurata la soluzione prospettata da Sergio Mattarella, ovvero lo scioglimento della legislatura. Qualcuno potrebbe pensare che io stia maliziosamente insinuando che alcuni dissidenti stiano facendo il doppio gioco, ovvero si dichiarino contro, ma sotto sotto siano favorevoli. O per lo meno non così disperati da essere pronti a fare le barricate. Beh, è esattamente così, perché io penso che quello attualmente in atto sia un semplice gioco delle parti per riuscire ad accontentare sia l'elettorato governista dei 5 stelle che i Masaniello del Movimento. Insomma, come un tempo c'era la sinistra di lotta e di governo, oggi ci sono i grillini di casta e di protesta, perché così è possibile tenere insieme tutto, l'alto e il basso, i compagni e gli ultras.Che cosa mi induce a pensare che la ribellione sia solo un'ammuina, ovvero una sceneggiata che però non porterà a nulla di concreto e che certo non disturberà la navigazione di Draghi? Molte cose. La prima è che al Senato i ribelli non hanno la possibilità di formare un loro gruppo. Per farlo, servirebbe un simbolo già presente in Parlamento alle scorse elezioni e al momento non si intravede che cosa possano prendere in prestito. Che mi risulti, non è a disposizione nessun gommone di salvataggio e quello messo in acqua dai cosiddetti responsabili per soccorrere Giuseppe Conte non ha avuto molta fortuna: nonostante il Pd abbia prestato una sua parlamentare, la ciambella non ha impedito al naufrago di affogare. Peraltro, se i grillini volessero davvero rompere dovrebbero votare contro, ma c'è chi giura che alla fine si asterranno, oppure usciranno e se ne andranno a spasso. Insomma, non si arriverà allo scontro frontale.Tuttavia, la ragione per cui non credo che ci saranno sconquassi e davvero qualcuno abbia intenzione di mettere in minoranza il nuovo governo è un'altra e la spiego brevemente. In questi giorni una collega, Laura Della Pasqua, si è presa la briga di guardare i curricula degli onorevoli grillini e controllare anche la loro dichiarazione dei redditi prima della nomina in Parlamento e dopo. Il risultato fotografa una situazione che non lascia adito a dubbi: tutti o quasi hanno migliorato le loro condizioni professionali e reddituali dopo essere arrivati a Montecitorio o a Palazzo Madama. Molti parlamentari 5 stelle, prima di varcare la soglia del Palazzo, non avevano un lavoro e chi l'aveva era precario o incassava uno stipendio ai minimi. Nulla di cui vergognarsi, intendiamoci. Sono molti i giovani - e tra i grillini i giovani sono in gran numero - che agli inizi si arrabattano, facendo lavoretti e accettando retribuzioni da fame. E però i cittadini (un tempo si facevano chiamare così), se domani mattina fossero costretti a rinunciare alle indennità parlamentari e a lasciare il loro incarico di deputati e senatori, tornerebbero esattamente alla vita precedente, vale a dire all'incarico precario e mal retribuito. Potete pensare che questi signori abbiano voglia di correre il rischio? Via, siamo uomini e donne che conoscono il mondo e sappiamo bene che gli ideali sono una cosa, ma poi bisogna anche fare i conti con la realtà, cioè con lo stipendio a fine mese. In pratica, vedrete che dopo aver digerito il Tap, la Tav, Ursula von der Leyen e perfino il partito di Bibbiano, i 5 stelle si faranno andare bene anche Draghi. Sì, faranno un po' di cinema, qualche contestazione, scapperà anche una protesta, ma l'importante è che a sfuggire di mano non sia la legislatura. Perché, si sa, a fine mese ci sono tante spese da saldare.Ps. Il discorso vale per i grillini, ma diciamo che dopo la riforma con cui si è tagliato il numero di parlamentari, vale anche per tutti gli altri. Pps. E non raccontatemi che c'è chi si taglia lo stipendio e rimborsa i soldi che riceve, perché dopo la storia dei bonifici inviati e revocati, mi scapperebbe da ridere.
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