2021-07-28
Green pass in azienda, Orlando frena. Cgil contraria: «Non risolve nulla»
Il ministro: «In assenza di una norma, nessuno può prendere iniziative. Serve un patto con i sindacati». Alcune ditte, però, già avvisano i dipendenti: «Senza il farmaco, cambierete mansione».Senza green pass non entri a lavorare: la Sterilgarda Alimenti, colosso della produzione di latte, formaggi, ricotta e altri derivati, con sede a Castiglione delle Stiviere, in provincia di Mantova, ha inviato ai suoi 300 dipendenti una lettera che rappresenta un cambio di passo (anzi, di pass) destinato a suscitare una marea di polemiche: l'istituzione del green pass si sta trasformando, inesorabilmente, in un vero e proprio obbligo vaccinale mascherato. Il caso della Sterilgarda è significativo: la «Informativa ai dipendenti sulla mancata vaccinazione Covid 19», inviata lunedì scorso, 26 luglio, «a tutti i lavoratori e le lavoratrici», e firmata dal presidente del cda, Fernando Sarzi, esordisce così: «È convinzione della scrivente società che gli strumenti di contenimento della pandemia, in primis i vaccini, siano e saranno fondamentali per evitare la reintroduzione di misure restrittive delle libertà personali e per lo svolgimento delle attività economiche». «Tutelare l'azienda dai rischi biologici», si legge ancora, «rientra tra gli obblighi del datore in tema di sicurezza sul posto di lavoro, come previsto dal Codice civile e da leggi speciali. A ciò si aggiunga che la sottoposizione alla vaccinazione», recita la lettera, «costituisce anche uno strumento etico di rispetto e tutela dei lavoratori e delle loro famiglie». Strumento etico? Formula assai curiosa, considerato che i rapporti di lavoro tra aziende e dipendenti non risulta siano regolati in base a considerazioni di carattere morale, soggettive per definizione, ma da leggi. Il succo della comunicazione è in queste successive righe: «La scrivente ritiene pertanto che, per l'accesso al sito lavorativo, l'esibizione di un certificato verde valido (green pass) rientri anche tra gli obblighi di diligenza, correttezza e buona fede su cui si fonda il rapporto di lavoro. Si informa pertanto che dal mese di settembre 2021, a chi risulterà privo di green pass per la mancata sottoposizione all'iter vaccinale, verranno attribuite mansioni diverse da quelle normalmente esercitate e tali da escludere rischi di contagio per contatti con altri dipendenti con erogazione della relativa retribuzione. Qualora la modifica della mansione non sia possibile», si legge ancora nel documento, «o esponga altri dipendenti/collaboratori alla medesima situazione di rischio, il lavoratore non verrà ammesso in azienda con sospensione della retribuzione sino alla ripresa dell'attività lavorativa». Dunque, senza green pass, dal prossimo settembre, i dipendenti della Sterilgarda o dovranno cambiare mansione (e stipendio) oppure, se ciò non sarà possibile, dovranno restare a casa senza retribuzione. Sul tema generale della possibilità delle aziende di obbligare i dipendenti a munirsi del green pass, La Verità ha interpellato il ministro del Lavoro, Andrea Orlando: «Penso», dice Orlando, «che le regole devono essere anche aggiornate sulla base dell'andamento della pandemia, devono essere ispirate a un principio che consenta la continuità delle attività economiche, e devono essere modificate però sulla base di un confronto con le parti sociali. Infatti ho annunciato che le convocherò quanto prima». Quindi finché non c'è l'obbligo vaccinale, l'azienda non può dire a un lavoratore di stare a casa se non ha il green pass? «Al momento», sottolinea il ministro alla Verità, «non c'è nessuna norma che può giustificare questo, né norma primaria né accordo tra le parti sociali. Non escludo niente ma non credo che sia giusto assumere iniziative unilaterali. C'è un tavolo che ha gestito la sicurezza sui luoghi di lavoro fin dall'inizio della pandemia, va riconvocato e lì vanno assunte le decisioni in modo condiviso. È una sede che ha funzionato», conclude Orlando, «utilizziamola». Proprio al termine di un incontro con il ministro, sul tema si esprime anche il leader della Cgil, Maurizio Landini: «Ritengo che se si pensa ad un obbligo, comunque ci sia bisogno di un provvedimento legislativo: quindi è una responsabilità che il governo si deve assumere e in ogni caso non credo si possa pensare né a licenziamenti né a una riduzione della retribuzione nel caso il lavoratore non assolva questo obbligo». Più in generale, Landini osserva che «l'estensione della vaccinazione» non potrà risolvere «tutti i problemi della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro». Farà bene a mettersi il cuore in pace Confindustria, che ieri, attraverso il suo quotidiano, Il Sole 24 Ore, ha enfatizzato la decisione del giudice civile del tribunale di Modena, Erminia Salvatore, che ha stabilito che un'azienda è legittimata a sospendere dal servizio, con contestuale stop anche della retribuzione, un lavoratore che rifiuta di vaccinarsi. Il caso, però, riguarda due fisioterapiste di una Rsa assunte da una cooperativa della città emiliana, che aveva appunto preso i due provvedimenti a fronte del rifiuto di vaccinarsi. Si tratta quindi di lavoratori del comparto sanitario a contatto con anziani, soggetti a rischio per definizione. Difficile sostenere che lo stesso principio si possa applicare anche a chi produce bulloni, automobili o latte e ricotta.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)