2024-01-14
«Sleepy Joe» provò a imbavagliare i giudici anti aborto
L’attacco del presidente Usa sfiorò l’eversione e spaccò il Paese. Una delle toghe rischiò di finire ammazzata da un fanatico.Per gentile concessione dell’editore Ares, pubblichiamo un estratto del libro Joe Biden. Tutti i guai del Presidente, scritto dal giornalista della Verità Stefano Graziosi, in uscita domani in libreria (15 euro). In questo particolare capitolo viene analizzato il rapporto conflittuale tra i vertici dem delle istituzioni americane e la Corte Suprema sull’incostituzionalità del diritto all’aborto.[...] La questione dell’interruzione di gravidanza è stata alla base di significative tensioni istituzionali tra la Casa Bianca e la Corte Suprema. Era il 2 maggio 2022, quando Politico pubblicò la bozza della sentenza con cui il massimo organo giudiziario statunitense si apprestava a ribaltare «Roe v. Wade»: la sentenza del 1973 che aveva reso l’aborto un diritto protetto dalla Costituzione. Dure reazioni arrivarono immediatamente da Biden. «“Roe” è legge del Paese da quasi cinquant’anni e l’equità di base e la stabilità del nostro diritto esigono che non venga ribaltata», dichiarò il presidente in una nota. In quelle stesse ore, l’allora Speaker della Camera, la democratica Nancy Pelosi, definì la bozza della Corte Suprema un «abominio». La situazione non mutò quando, il 24 giugno 2022, la Corte Suprema annullò ufficialmente «Roe v. Wade» attraverso la sentenza «Dobbs v. Jackson Women’s Health Organization». Nell’occasione, la Pelosi definì «radicale» il massimo organo giudiziario statunitense, mentre Biden affermò: «Questa decisione è il culmine di uno sforzo deliberato durato decenni per sconvolgere l’equilibrio della nostra legge. A mio avviso è la realizzazione di un’ideologia estremista e un tragico errore da parte della Corte Suprema» [...]Ora, sia Biden sia la Pelosi avevano evidentemente tutto il diritto di prendere le distanze da una sentenza che non condividevano. Il problema semmai è un altro. Ed è duplice. Innanzitutto, come abbiamo visto, entrambi dopo la pubblicazione della bozza a maggio usarono parole durissime che rappresentarono un tentativo di entrare a gamba tesa in una decisione che, piaccia o meno, spettava esclusivamente alla Corte Suprema. In secondo luogo, le loro dichiarazioni dopo la sentenza non si sono limitate a esprimere disaccordo ma sono arrivate a delegittimare la Corte Suprema stessa, che è la massima espressione del potere giudiziario negli Stati Uniti. Ricordiamo che i suoi componenti sono nominati dal presidente americano previa ratifica del Senato, ma che, a tutela della loro autonomia, godono dell’inamovibilità e dell’intangibilità del trattamento economico. Ricordiamo anche che, negli Stati Uniti, Biden è il principale esponente del potere esecutivo e che la Pelosi, all’epoca, figurava tra i più alti rappresentanti di quello legislativo. Questo significa che entrambi hanno nei fatti violato il principio di separazione dei poteri. Un conto è criticare, un altro conto è delegittimare o intervenire in ambiti che non rientrano nelle proprie competenze.Tra l’altro, la sentenza del 24 giugno 2022 è stata spesso presentata come una sentenza pro life. In realtà, la questione è ben più complessa. Con «Dobbs», la Corte Suprema non ha stabilito che l’aborto è incostituzionale. Ha semmai affermato, sulla base di un’analisi storica, che questa pratica non è un diritto protetto dalla Costituzione. Questo vuol dire che l’interruzione di gravidanza non è stata vietata a livello federale ma che si tratta di una materia su cui devono legiferare i parlamenti dei singoli Stati (che sono eletti dai cittadini). D’altronde, in una democrazia liberale le leggi dovrebbero per l’appunto farle i parlamenti, non i giudici. Ciò ha comportato che, dopo oltre un anno e mezzo dalla sentenza, sull’aborto ci sono Stati che hanno una legislazione più favorevole (come la California) e altri che ne hanno una più restrittiva (come il Texas).Non va comunque trascurato che la retorica virulenta dei dem ha contribuito a creare un clima di tensione: una tensione che è esplosa in episodi significativamente drammatici. L’8 giugno 2022, il ventiseienne armato Nicholas John Roske è stato arrestato nei pressi dell’abitazione di Brett Kavanaugh: il giudice supremo nominato da Trump nel 2018. Il giovane aveva intenzione di ucciderlo, in quanto arrabbiato per il contenuto della bozza di «Dobbs». Tutto questo, mentre dopo la sentenza del 24 giugno, alcuni manifestanti abortisti hanno colpito le porte della sede del Senato dell’Arizona a Phoenix, prima di essere dispersi con i lacrimogeni dalle forze dell’ordine. Inoltre, come riportato da America Magazine, varie chiese cattoliche sono state vandalizzate nei giorni successivi al pronunciamento della Corte Suprema, la quale fu a sua volta accusata dal movimento Black Lives Matter di essere «al servizio di un’agenda patriarcale e di suprematismo bianco».[...] In realtà, quella della Corte Suprema «di destra» è una narrazione che fa abbastanza acqua. Cominciamo col ricordare nuovamente le basi. I supremi giudici vengono nominati dal presidente degli Stati Uniti previa ratifica del Senato. Il loro incarico è a vita e godono dell’intangibilità del trattamento economico (possono in caso essere rimossi soltanto attraverso procedura di impeachment). Ne consegue che, nel corso della storia, ci sono state fasi in cui la maggioranza dei togati era di nomina repubblicana e altre in cui era di nomina dem. Perché una maggioranza di giudici di designazione repubblicana sarebbe pericolosa e non dovrebbe invece esserlo una maggioranza di togati di nomina dem? Senza contare che, quando la Corte Suprema a «maggioranza repubblicana» ha emesso pronunciamenti in linea con il progressismo, i democratici non si sono lamentati.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)