2021-09-10
Dal governo ok a 6 odg del Carroccio. Adesso deve mantenere gli impegni
L'ordine del giorno è il più tenue degli strumenti parlamentari. Però è pur vero che la promessa politica, pubblica e solenne, è stata fatta. A cominciare dal riconoscimento dei tamponi salivari rapidi entro 60 giorni.Tutto ciò che è accaduto ieri nell'Aula della Camera va valutato avendo sempre a mente i numeri che regnano a Montecitorio, sulla base dei pesi elettorali fissati dalle elezioni politiche del 2018 (modificati in modo non decisivo dalla transumanza di deputati da un gruppo all'altro): i grillini hanno ancora la bellezza di 160 deputati, il Pd 93, Italia Viva 28, LeU 12, Forza Italia 77, Coraggio Italia 24, le varie frazioni del Misto 65, la Lega 132, Fdi appena 37. Morale: ogni ipotetico emendamento targato Fdi e sostenuto dalla Lega partiva con appena 169 voti su 630. Una nettissima minoranza. Da queste condizioni di inferiorità numerica, è scaturito tutto il resto: una trattativa a mani nude, la bocciatura degli emendamenti, e la mancata necessità per il governo di porre la fiducia (tanto c'era la certezza di poter impallinare gli emendamenti nel voto d'Aula). Cosa rimaneva possibile, in questo quadro? Due cose, che la Lega ha effettivamente tentato: per un verso, tirare la corda con il governo rispetto al Consiglio dei ministri e alla cabina di regia (e in effetti non c'è stata al momento l'accelerazione generalizzata pro obbligo che Mario Draghi aveva preannunciato nelle scorse settimane); e per altro verso, vista l'impossibilità di approvare emendamenti immediatamente efficaci, provare almeno a ottenere dal governo degli impegni politici, attraverso lo strumento degli ordini del giorno. Di che si tratta? Al termine delle votazioni principali (in questo caso sugli emendamenti al decreto legge da trasformare in legge), i deputati possono chiedere al governo di impegnarsi a realizzare alcuni obiettivi. In sostanza: l'obiettivo non viene approvato, ma il governo dichiara di assumere un certo impegno (non a caso, la formula classica degli ordini del giorno è la seguente: «la Camera impegna il governo a…»).E ieri il governo ha comunicato in Aula, tra l'altro, l'accoglimento di sei ordini del giorno della Lega, sintetizzati in un post sui canali social da Claudio Borghi. Primo: risorse significative per tamponi a prezzo simbolico per minorenni, disabili e fragili. Secondo: aumento a 12 mesi della validità del green pass per guariti senza bisogno di dose. Terzo: riconoscimento dei tamponi salivari rapidi entro 60 giorni. Quarto: estensione a 72 ore della validità del tampone molecolare. Quinto: tutela dei lavoratori in quarantena e indennizzi per i danni da vaccino. Sesto: allargamento delle cure con i monoclonali estendendo la prescrizione ai medici di famiglia.Ora, se si fosse trattato di emendamenti approvati, ci sarebbe motivo di organizzare grandi festeggiamenti. Purtroppo, invece, si tratta solo di odg, strumento su cui grava da anni la ben nota battuta parlamentare per cui «un ordine del giorno non si nega a nessuno». E allora che fare? Occorre considerare le cose con realismo misto a determinazione. È vero, siamo davanti al più tenue degli strumenti parlamentari. Però è pur vero che l'impegno politico del governo, pubblico e solenne, è stato assunto. Occorre dunque ribellarsi alla rassegnazione e all'abitudine a considerare gli odg dei pezzi di carta inutili. A questo punto, invece, scattano tre obblighi: il governo ha il dovere politico di dare seguito a questi impegni, che non deve pensare di poter eludere; la Lega ha il dovere di esigere politicamente che ciò che il governo ha accettato in Aula venga effettivamente realizzato; e i media hanno il dovere di vigilare. Ciò vale in particolare per La Verità, che ha visto un primo successo della campagna a favore dei tamponi salivari rapidi che questo giornale conduce da mesi: dapprima, nei giorni scorsi, è arrivato l'ok del ministro Patrizio Bianchi (che però ha buttato la palla nel campo del generale Francesco Paolo Figliuolo); e poi, ieri, è passato questo ordine del giorno. Adesso occorre che non si perda tempo: anzi, sarebbe interesse del governo fare ben prima dei 60 giorni previsti. La partita nelle scuole si vincerà tra settembre e novembre: da subito è necessario uno screening generalizzato, per far partire l'anno scolastico senza interruzioni, per allontanare lo spettro della didattica a distanza, e per dare un senso di continuità (vorremmo dire: di normalità) del lavoro scolastico. I tamponi salivari «lecca lecca» sono il migliore strumento per garantire questi obiettivi. Dunque, si proceda. Resta il fatto che di più, nelle condizioni date, non si potesse ottenere. Lo ammette onestamente lo stesso Borghi: «Senza avere la maggioranza in Aula di più non si poteva fare. Mettiamoci al lavoro per nuove e migliori maggioranze future. Le deciderete voi con il vostro voto».Certo, rimane una considerazione politica finale, che ci riporta al peso in Aula dei diversi gruppi, e a una osservazione che La Verità svolse con grande chiarezza al momento della nascita del governo guidato da Draghi. Se si dà vita a un esecutivo di unità nazionale, ma lo si fa in un quadro parlamentare in cui i numeri - in modo schiacciante - militano dalla parte della vecchia maggioranza giallorossa, c'è un solo modo per evitare che tutto si risolva in un patto leonino a favore di Pd e M5s: deve essere il governo a monte a proporre (nel testo iniziale dei suoi decreti) soluzioni di partenza equilibrate. Se invece il governo pende da subito dalla solita parte, i numeri d'Aula impediscono correzioni successive. Se la legislatura (e questa maggioranza ibrida) deve durare fino al primo trimestre del 2023, sarà bene tenere a mente questo fattore.
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