I 192 miliardi del Recovery arriveranno solo in cambio di una «ambiziosa» spending review di cui non c'è traccia nel decreto. Entro fine anno bisognerà realizzare 51 riforme, tra cui fisco e giustizia. La Francia frena sulla rivisitazione del Patto di stabilità.
I 192 miliardi del Recovery arriveranno solo in cambio di una «ambiziosa» spending review di cui non c'è traccia nel decreto. Entro fine anno bisognerà realizzare 51 riforme, tra cui fisco e giustizia. La Francia frena sulla rivisitazione del Patto di stabilità.Il grido di allarme che, inascoltati, avevamo lanciato sull'eccessiva rigidità e sul carico di penalizzanti condizioni del Piano nazionale per la ripresa e resilienza, attuativo del Recovery fund, ha trovato finalmente eco anche sui giornali che fino a ieri ne magnificavano solo le virtù. All'improvviso abbiamo letto di «corsa per varare 42 riforme da approvare in 100 giorni» (Corriere della sera di lunedì) o di «allarme dei commissari: Pnrr in stallo le opere non partono. Servono team speciali» (Sole 24 Ore di martedì).Il mostro burocratico che è stato necessario creare per un'attività normale per un governo - cioè progettare ed eseguire investimenti finanziati raccogliendo risparmio privato sui mercati - è contenuto in un decreto ministeriale firmato dal ministro dell'Economia Daniele Franco il 6 agosto scorso che, da allora, vaga ramingo tra bollinatura della Ragioneria dello Stato e vaglio della Corte dei Conti (tuttora in corso, secondo le nostre fonti). In Gazzetta ufficiale al momento nessuna traccia.Tale decreto è essenziale per comprendere le dimensioni e la rigidità del nodo scorsoio che sta per stringersi al collo del Paese per i prossimi cinque anni, nascosto nel cavallo di Troia degli «aiuti» europei. Esso infatti ha la duplice finalità di assegnare alle 23 amministrazioni (ministeri e dipartimenti presso la presidenza del Consiglio) titolari degli interventi, le risorse finanziarie (192 miliardi tra sussidi e prestiti) previste dalla decisione del Consiglio Ecofin dello scorso 13 luglio. In esso sono elencati anche i 526 traguardi (milestone, con indicatori qualitativi) e obiettivi (target, con indicatori quantitativi) che i ministeri coinvolti devono «puntualmente raggiungere», per i prossimi dieci semestri, affinché la Commissione proceda al pagamento di ciascuna rata. Per ogni ente coinvolto è specificata, rata per rata, la natura dell'intervento richiesto per il quale deve impegnarsi a una «tempestiva attuazione». Ciascuna rata comprende una quota per sussidi e una per prestiti e la prossima, esigibile a partire dal 31 dicembre prossimo, è pari a 24,1 miliardi, da cui, come per tutte le rate successive, dovrà essere sottratto l'anticipo del 13% incassato ad agosto.E qui cominciano la corsa affannosa e i dolori. Tra i 526 obiettivi e traguardi, 51 sono da conseguire entro il prossimo dicembre e solo 9 sono stati già conseguiti, tra cui spiccano numerose riforme di portata epocale. L'elenco prevede la riforma del processo civile e penale - proprio in questi giorni all'esame delle Camere a colpi di voti di fiducia - e la riforma del quadro in materia di insolvenza, per le quali la Commissione chiede esplicitamente l'«entrata in vigore della legislazione attuativa». Segue la riforma dell'amministrazione fiscale, per la quale si richiede «l'adozione di una revisione dei possibili interventi per ridurre l'evasione fiscale» e, dopo qualche riga, l'eterno convitato di pietra: la riduzione della spesa pubblica, che viaggia sotto le mentite spoglie della pomposa definizione di «riforma del quadro di revisione della spesa pubblica (“spending review") e che, entro dicembre 2021, prevede l'«entrata in vigore delle disposizioni legislative per migliorare l'efficacia della revisione della spesa». Siamo al colmo: per spendere di più (o meglio, ricevere i finanziamenti per farlo), si deve spendere di meno. E non è una nostra interpretazione: il successivo traguardo del 30/6/2022, parla proprio di risparmi e richiede «l'adozione di obiettivi di risparmio per le spending review relative agli anni 2023-2025». Giusto per ribadire che non si scherza, al 31/12/2022 è prevista una relazione che dia conto dell'effettivo conseguimento degli obiettivi di risparmio prefissati. E così avanti fino a giugno 2026.Ma il diavolo è spesso nei dettagli. Il decreto firmato da Franco ad agosto è l'esatto «copia/incolla» dell'allegato alla proposta di decisione di esecuzione del Consiglio, presentata il 22 giugno - enciclopedico documento di 621 pagine in cui sono illustrati con la massima precisione i 526 traguardi/obiettivi richiesti dalla Commissione - in cui però è riportata anche la frase «gli obiettivi di risparmio devono corrispondere a un livello di ambizione adeguato», viceversa assente nel decreto ministeriale. Strano, vero? Ma se a Roma avessero vuoti di memoria, ci penserà a breve l'articolo 24 del regolamento Ue n. 241 a colmarli. Quando partirà la richiesta di pagamento, la Commissione farà una valutazione preliminare circa il conseguimento di obiettivi e traguardi predefiniti e, se non li considererà raggiunti, sospenderà i pagamenti.Tutta questa fretta di riformare l'Italia, mentre a proposito dell'unica riforma davvero utile che dovrebbe fare la Ue, quella del Patto di stabilità, ieri il ministro delle finanze francese, Bruno Le Maire ha parlato di «nessuna fretta. Dobbiamo essere chiari, non ci sarà un accordo sotto la nostra presidenza».Nel frattempo, noi dobbiamo rivoluzionare, sotto dettatura, il Paese in 100 giorni, come una repubblica sudamericana sotto la tutela del Fmi.
Nicola Pietrangeli (Getty Images)
Fu il primo azzurro a conquistare uno Slam, al Roland Garros del 1959. Poi nel 1976, da capitano non giocatore, guidò il team con Bertolucci e Panatta che ci regalò la Davis. Il babbo era in prigionia a Tunisi, ma aveva un campo: da bimbo scoprì così il gioco.
La leggenda dei gesti bianchi. Il patriarca del tennis. Il primo italiano a vincere uno slam, il Roland Garros di Parigi nel 1959, bissato l’anno dopo. Se n’è andato con il suo carisma, la sua ironia e la sua autostima Nicola Pietrangeli: aveva 92 anni. Da capitano non giocatore guidò la spedizione in Cile di Adriano Panatta, Corrado Barazzutti, Paolo Bertolucci e Tonino Zugarelli che nel 1976 ci regalò la prima storica Coppa Davis. Oltre a Parigi, vinse due volte gli Internazionali di Roma e tre volte il torneo di Montecarlo. In totale, conquistò 67 titoli, issandosi al terzo posto della classifica mondiale (all’epoca i calcoli erano piuttosto artigianali). Nessuno potrà togliergli il record di partecipazioni (164, tra singolo e doppio) e vittorie (120) in Coppa Davis perché oggi si disputano molti meno match.
Gianni Tessari, presidente del consorzio uva Durella
Il presidente Gianni Tessari: «Abbiamo creato una nuova Doc per valorizzare meglio il territorio. Avremo due etichette, una per i vini rifermentati in autoclave e l’altra per quelli prodotti con metodo classico».
Si è tenuto la settimana scorsa all’Hotel Crowne Plaza di Verona Durello & Friends, la manifestazione, giunta alla sua 23esima edizione, organizzata dal Consorzio di Tutela Vini Lessini Durello, nato giusto 25 anni fa, nel novembre del 2000, per valorizzare le denominazioni da esso gestite insieme con altri vini amici. L’area di pertinenza del Consorzio è di circa 600 ettari, vitati a uva Durella, distribuiti sulla fascia pedemontana dei suggestivi monti della Lessinia, tra Verona e Vicenza, in Veneto; attualmente, le aziende associate al Consorzio di tutela sono 34.
Lo scorso 25 novembre è stata presentata alla Fao la campagna promossa da Focsiv e Centro sportivo italiano: un percorso di 18 mesi con eventi e iniziative per sostenere 58 progetti attivi in 26 Paesi. Testimonianze dal Perù, dalla Tanzania e da Haiti e l’invito a trasformare gesti sportivi in aiuti concreti alle comunità più vulnerabili.
In un momento storico in cui la fame torna a crescere in diverse aree del pianeta e le crisi internazionali rendono sempre più fragile l’accesso al cibo, una parte del mondo dello sport prova a mettere in gioco le proprie energie per sostenere le comunità più vulnerabili. È l’obiettivo della campagna Sport contro la fame, che punta a trasformare gesti atletici, eventi e iniziative locali in un supporto concreto per chi vive in condizioni di insicurezza alimentare.
La nuova iniziativa è stata presentata martedì 25 novembre alla Fao, a Roma, nella cornice del Sheikh Zayed Centre. Qui Focsiv e Centro sportivo italiano hanno annunciato un percorso di 18 mesi che attraverserà l’Italia con eventi sportivi e ricreativi dedicati alla raccolta fondi per 58 progetti attivi in 26 Paesi.
L’apertura della giornata è stata affidata a mons. Fernando Chica Arellano, osservatore permanente della Santa Sede presso Fao, Ifad e Wfp, che ha richiamato il carattere universale dello sport, «linguaggio capace di superare barriere linguistiche, culturali e geopolitiche e di riunire popoli e tradizioni attorno a valori condivisi». Subito dopo è intervenuto Maurizio Martina, vicedirettore generale della Fao, che ha ricordato come il raggiungimento dell’obiettivo fame zero al 2030 sia sempre più lontano. «Se le istituzioni faticano, è la società a doversi organizzare», ha affermato, indicando iniziative come questa come uno dei modi per colmare un vuoto di cooperazione.
A seguire, la presidente Focsiv Ivana Borsotto ha spiegato lo spirito dell’iniziativa: «Vogliamo giocare questa partita contro la fame, non assistervi. Lo sport nutre la speranza e ciascuno può fare la differenza». Il presidente del Csi, Vittorio Bosio, ha invece insistito sulla responsabilità educativa del mondo sportivo: «Lo sport costruisce ponti. In questa campagna, l’altro è un fratello da sostenere. Non possiamo accettare che un bambino non abbia il diritto fondamentale al cibo».
La campagna punta a raggiungere circa 150.000 persone in Asia, Africa, America Latina e Medio Oriente. Durante la presentazione, tre soci Focsiv hanno portato testimonianze dirette dei progetti sul campo: Chiara Concetta Starita (Auci) ha descritto l’attività delle ollas comunes nella periferia di Lima, dove la Olla común 8 de octubre fornisce pasti quotidiani a bambini e anziani; Ornella Menculini (Ibo Italia) ha raccontato l’esperienza degli orti comunitari realizzati nelle scuole tanzaniane; mentre Maria Emilia Marra (La Salle Foundation) ha illustrato il ruolo dei centri educativi di Haiti, che per molti giovani rappresentano al tempo stesso luogo di apprendimento, rifugio e punto sicuro per ricevere un pasto.
Sul coinvolgimento degli atleti è intervenuto Michele Marchetti, responsabile della segreteria nazionale del Csi, che ha spiegato come gol, canestri e chilometri percorsi nelle gare potranno diventare contributi diretti ai progetti sostenuti. L’identità visiva della campagna accompagnerà questo messaggio attraverso simboli e attrezzi di diverse discipline, come illustrato da Ugo Esposito, Ceo dello studio di comunicazione Kapusons.
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Mark Zuckerberg (Getty Images)
Un mio profilo è stato cancellato quando ho pubblicato dati sanitari sulle pratiche omoerotiche. Un altro è stato bloccato in pandemia e poi eliminato su richiesta dei pro Pal. Ne ho aperto un terzo: parlerò dei miei libri. E, tramite loro, dell’attualità.
Se qualcosa è gratis, il prodotto siamo noi. Facebook è gratis, come Greta è pro Lgbt, pro vax, anzi anti no vax, e pro Pal. Se sgarri, ti abbatte. Il mio primo profilo Facebook con centinaia di migliaia di follower è stato cancellato qualche anno fa, da un giorno all’altro: avevo riportato le statistiche sanitarie delle persone a comportamento omoerotico, erroneamente chiamate omosessuali (la sessualità è una funzione biologica possibile solo tra un maschio e una femmina). In particolare avevo riportato le statistiche sanitarie dei maschi cosiddetti «passivi».






